Qualche giorno fa è caduto il primo anniversario dell’avvio della guerra Russia – Ucraina: un anniversario che all’esordio del conflitto si pensava non dovesse esser celebrato (lo scenario centrale era quello di una guerra rapida), e che è invece il simbolo di un profondo mutamento dei mercati internazionali, avvenuto nel corso dei dodici mesi.

Ma come è cambiato il contesto in cui si stanno muovendo gli investitori?

A tracciare un quadro di sintesi è stato Walid Koudmani, chief market analytst di XTB.

Materie prime energetiche

Cominciamo con il mercato delle materie prime energetiche, di cui la Russia è evidentemente uno dei leader globali. Gli investitori temevano che il conflitto avrebbe bloccato le esportazioni di prodotti chiave dalla Russia, e a più riprese lo stesso Cremlino ha usato il gaso come strumento di ricatto dell’Europa. Tuttavia, dopo lo shock iniziale sui mercati del gas, del petrolio e del carbone, i prezzi sono scesi e si sono stabilizzati quando l’Europa ha trovato altri fornitori che potessero sostituire, almeno in buona parte, la Russia.

E così, dallo scoppio della guerra il gas naturale è sceso del 42% a/a (TTF) e del -57% a/a (USA), mentre il prezzo del petrolio Brent è calato del 17% a/a.

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Merci agricole

Ucraina e Russia sono descritte come il granaio d’Europa e anche se la produzione di alcuni merci agricole in realtà qui non è così importante come altrove, è noto che entrambi i Paesi sono esportatori globali. Negli ultimi anni la maggior parte dei loro prodotti agricoli è stata acquistata dalle nazioni in via di sviluppo più povere e ne è conseguito che dopo lo scoppio della guerra i prezzi di tali materie sono saliti rapidamente. A farne le spese sono stati però soprattutto i Paesi più poveri: il pericolo maggiore è stato però scongiurato da un accordo sulle esportazioni di grano, che ha spinto i prezzi a livelli ben inferiori.

Mercati azionari

Quando ci sono guerre e, più in generale, notizie molto negative, i mercati azionari tendono ad essere volatili. Se poi – come è avvenuto in questo caso – il contesto era già di per sé negativo ancora prima che iniziasse la guerra, l’evoluzione è presto detta. Il mix più nocivo si è però verificato perché alla crisi indotta dalla guerra si sono combinati i programmi di ripresa dalla pandemia, combinati con la ripresa dell’economia, che hanno fatto salire i tassi di inflazione alle stelle.

In questa condizione, le banche centrali sono state costrette a intraprendere un aumento dei tassi di riferimento, ponendo sotto pressione i mercati azionari. È anche vero, però, che le letture dell’inflazione più basse hanno innescato rimbalzi temporanei, conferendo un moderato ottimismo.

Non mancano inoltre alcuni settori dei mercati azionari che hanno ottenuto maggiori benefici dal contesto odierno: si pensi alle società che operano nella difesa, così come alle società che forniscono prodotti le cui consegne sono state distorte dalla guerra Russia-Ucraina.

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Cosa accadrà con la fine della guerra

Con la speranza che la fine della guerra possa avvicinarsi almeno nel medio termine, gli investitori iniziano a domandarsi in che modo prendere posizione nello scenario che cambierà.

Certo è che, purtroppo, non si tratta dello scenario centrale: oramai i mercati si sono “abituati” alla guerra ed è molto probabile che stiano prezzando uno scenario di conflitto di lungo termine, che possa essere magari caratterizzato da limitazioni o indisponibilità di flussi di materie prime energetiche.

Se invece dovesse finalmente arrivare la fine della guerra, è lecito immaginare che si tratterebbe di una buona notizia soprattutto per l’Ucraina, che verrà a quel punto avviata in una strada di economia di ricostruzione. In ambito più generale, potrebbe verificarsi un’attenuazione del rischio di super inflazione o di recessione economica.

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