Jamie Dimon, amministratore delegato di JPMorgan Chase, ritiene che lo stress che sta subendo il settore finanziario e che è stato causato dai due fallimenti bancari avvenuti negli Stati Uniti il mese scorso sia ancora una minaccia e che per tale motivo dovrebbe essere affrontato con una rivisitazione del processo normativo.
“Mentre scrivo questa lettera, l’attuale crisi non è ancora finita e, anche quando sarà alle nostre spalle, ci saranno ripercussioni per gli anni a venire“, ha dichiarato il CEO in una comunicazione diretta agli azionisti. “Ma soprattutto, gli eventi recenti non sono affatto simili a quelli verificatisi durante la crisi finanziaria globale del 2008“, ha poi aggiunto.
Ricordiamo come i recenti problemi di alcuni istituti di credito negli Stati Uniti siano iniziati con il crollo della Silicon Valley Bank (SVB), chiusa dalle autorità di regolamentazione il 10 marzo, quando i depositanti hanno ritirato decine di miliardi di dollari dalla banca determinando la più classica delle crisi di liquidità. La più piccola Signature Bank è andata in difficoltà poche ore dopo ed è stata chiusa appena a due giorni di distanza dalla prima. In Europa, invece, le autorità di regolamentazione svizzere hanno mediato l’acquisto di Credit Suisse da parte di UBS.
La stessa JPMorgan e altre grandi banche sono intervenute per recuperare 30 miliardi di dollari di depositi presso First Republic, un’altra banca regionale che gli investitori temevano potesse diventare la prossima SVB.
Cosa accadrà al sistema bancario
Lo stress sulle banche locali di più piccole dimensioni ha portato ancora una volta gli investitori e gli analisti a suggerire che le banche “troppo grandi per fallire” potrebbero addirittura beneficiare della crisi, ma secondo Dimon le cose non stanno esattamente così e questa crisi non sarebbe da sottovalutare.
“Ogni crisi che danneggia la fiducia degli americani nelle loro banche danneggia tutte le banche – un fatto che era noto anche prima di questa crisi. Sebbene sia vero che questa crisi bancaria ha “avvantaggiato” le banche più grandi a causa dell’afflusso di depositi che hanno ricevuto dagli istituti più piccoli, l’idea che questo crollo sia stato in qualche modo positivo per loro è assurda“, ha scritto Dimon.
Ma allora cosa si può fare? Dimon ha anche messo in guardia da modifiche improvvise del sistema normativo, affermando che la maggior parte dei rischi che le banche stanno affrontando non sono certo una novità ed erano ben presenti ed evidenti da diverso tempo. Ad essere sconosciuta era, semmai, la rete di connessioni della base di depositi della SVB era la variabile sconosciuta.
Bisogna cambiare i regolamenti?
Dimon ha poi condiviso un interessante spunto. “I recenti fallimenti della Silicon Valley Bank (SVB) negli Stati Uniti e del Credit Suisse in Europa, e il relativo stress del sistema bancario, sottolineano che non è sufficiente soddisfare i requisiti normativi. I rischi sono abbondanti e la loro gestione richiede un controllo costante e vigile, in un mondo in continua evoluzione”.
Dunque, il CEO di JPMorgan ha chiesto una regolamentazione più lungimirante, sottolineando come le obbligazioni detenute in patrimonio fino a scadenza, che sono diventate un problema per molte banche, sono in realtà debito governativo con un rating elevato, che ha un buon punteggio secondo le regole attuali, e che i recenti stress test non hanno previsto un rapido aumento dei tassi di interesse.
“Non si tratta di assolvere il management della banca, ma solo di chiarire che non è stato il momento migliore per molti attori. Tutti questi fattori in collisione hanno assunto un’importanza critica quando il mercato, le agenzie di rating e i depositanti si sono concentrati su di essi“, ha scritto Dimon, invitando a una regolamentazione più collaborativa e meno accademica.
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