una trivella al lavoro su un giacimento di greggio

Il settore dei servizi petroliferi è oggetto di un intenso dibattito tra analisi che ritengono che il mercato sarà rialzista, e altri che invece ritengono che sarà ribassista. Nessuno dei due ha probabilmente pieno convincimento di ciò, considerato anche l’accesa incertezza sul comparto.

Dunque, se gli orsi pensano che la domanda di energia stia per crollare a causa della recessione e si aspettano il peggio per le società di servizi petroliferi, i tori ritengono che il settore subirà un’espansione pluriennale degli investimenti dopo un lungo periodo di calo della spesa. Quale delle due parti avrà ragione?

La tesi ribassista

I mercati finanziari non mancano di parlare di recessione e, naturalmente, per una buona ragione. Vi sono infatti ampie prove di un rallentamento della spesa dei consumatori, e le principali società esposte alla spesa discrezionale dei consumatori avvertono che si prospettano tempi più difficili. La domanda di petrolio diminuirà se questo si tradurrà in una prolungata recessione economica.

A supportare tale valutazione è l’amministratore delegato del colosso delle attrezzature e dei servizi petroliferi Baker Hughes, Lorenzo Simonelli, secondo cui vi è un “deterioramento” delle prospettive della domanda. Nel frattempo, altre materie prime sensibili dal punto di vista economico, come il rame, hanno ceduto dopo i dati deludenti sull’economia cinese.

Considerata l’imponente domanda di risorse per alimentare la crescita, la Cina è spesso valutata come il fattore di oscillazione nel determinare l’andamento dei prezzi delle materie prime economicamente sensibili. La visione ribassista sarebbe stata supportata dai commenti delle società esposte alla Cina, come Caterpillar, il cui management ha parlato di un mercato in indebolimento nel secondo trimestre.

La tesi rialzista

Dall’altra parte, Simonelli ha anche affermato che “con anni di sottoinvestimenti a livello globale e la potenziale necessità di sostituire i barili russi, i vincoli di fornitura più ampi possono realisticamente mantenere i prezzi delle materie prime a livelli elevati, anche in uno scenario di moderata distruzione della domanda“.

C’è un’altra sottile argomentazione a sostegno di una maggiore spesa. Se le major petrolifere sono preoccupate per il futuro a lungo termine del petrolio di fronte alla minaccia delle energie rinnovabili, è probabile che siano relativamente limitate negli investimenti.

Insomma, invece dei più comuni cicli di boom e bust di forti investimenti nell’espansione della capacità che portano a un eccesso di offerta, a un crollo del prezzo del petrolio e poi a un crollo, potrebbe esserci un ciclo di crescita degli investimenti lungo, sostenuto e graduale. E questa è una buona notizia per le società di servizi petroliferi…

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