Nordea AM, attraverso FINER Finance Explorer, ha condotto un sondaggio per poter rilevare il livello di conoscenza e di interesse degli investimenti ESG da parte degli investitori, sancendo che tale soglia cresce in relazione all’entità del proprio patrimonio finanziario.
In particolare – sottolinea la società di asset management – chi detiene un patrimonio superiore a 500.000 euro conosce meglio l’argomento rispetto a chi ne ha uno inferiore, con una percentuale del 55% contro quella del 29% di coloro che hanno un patrimonio tra 200.000 e 500000 euro. La percentuale scende al 12% per i patrimoni inferiori.
Il sondaggio, effettuato su un campione di 300 clienti di consulenti finanziari tramite interviste telefoniche nel mese di ottobre, afferma dunque che il gruppo private è quello con una migliore e corretta percezione di cosa si intende per investimento socialmente responsabile, sancendo per tale un investimento che ha l’obiettivo di creare un ritorno per il cliente ma anche un beneficio per la società e l’ambiente. È sempre il gruppo private ad essere quello maggiormente propenso ad investire in strategie ESG: degli affluent solo il 17% investirebbe con alta probabilità, contro il 41% degli upper affluent e quasi il 57% dei private.
Per quanto concerne invece gli ostacoli che porterebbero i clienti a non investire responsabilmente c’è principalmente la paura che si tratti di un trend passeggero (75% degli affluent, 43% degli upper affluent e 23% dei private), la mancanza di informazione (59% degli affluent, il 17% degli upper affluent e il 55% dei private), la scarsa conoscenza di società con proposte ESG in portafoglio (49% degli affluent, 27% degli upper affluent e 24% dei private) e infine la convinzione che si tratti di strategie che portano ad un rendimento inferiore (34% degli affluent, 24% degli upper affluent e 15% dei private).
Di fatti, dal sondaggio emerge come gli affluent che non hanno ancora investito responsabilmente potrebbero farlo se i prodotti ESG avessero migliori perfomance (36%) o minori costi (33%). Gli upper affluent sembrano invece propensi a puntare a un contenimento del rischio (35%) e a un beneficio concreto e misurabile (22%), con le due opzioni che sono altresì quelle più scelte anche dai private, rispettivamente al 38% e al 33%.
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