Le iniziative assunte dalle banche centrali di tutto il mondo, al fine di supportare le economie nazionali ed evitarne il crollo a causa della pandemia da nuovo coronavirus, sembrano aver determinato alcune conseguenze piuttosto evidenti sui titoli del reddito fisso.
Per esempio, si tenga conto che i rendimenti dei Treasury americani è calato dello 0,6% sulla misura decennale, oramai in dirittura per tagliare record storici. Si tenga altresì conto, per poter tracciare un quadro di sintesi piuttosto attendibile di quanto sta accadendo, che il valore aggregato dei titoli a reddito fisso con rendimento negativo ha superato quota 15 mila miliardi di dollari, secondo gli ultimi dati forniti da Bloomberg.
In questo scenario è lecito domandarsi se investire nei titoli a reddito fisso a noi più vicini, come i Btp, sia conveniente o sia un passo falso.
Stando a quanto ricordava Antonio Cesarano, chief global strategist di Intramonte sim, sulle pagine di Corriere della Sera – Economia, i titoli di Stato italiani non sarebbero affatto una scelta da scartare da qui alla fine dell’anno, con rendimenti a 10 anni vicini all’1%.
L’esperto ricorda come entro l’inizio del 2021 giungeranno in scadenza circa 95 miliardi di euro tra Btp e Cct, comprese le cedole, ma che nonostante questo flusso non ci sarebbe nulla di che preoccuparsi, perché la Bce dovrebbe sostenere, da sola, circa il 93% delle emissioni necessarie per poter finanziare il nuovo deficit italiano del 2020-21.
Certo è che quanto sopra non deve far passare in secondo piano l’oggetto di tale investimento: ovvero, che fine farà il debito italiano nei prossimi anni?
Rispondere a tale quesito non è possibile ma, evidentemente, molto dipenderà dal modo in cui saranno spese le risorse del Recovery Fund, al fine di ridare slancio alla crescita economica nazionale, ed evitare che il nuovo debito sia improduttivo di valore per il Paese.
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