Il decreto approvato pochi giorni fa dal Consiglio dei Ministri ha raddoppiato la soglia annua di investimento nei Pir alternativi, portandola da 150.000 euro a 300.000 euro.
Non cambiano gli altri requisiti per poter validamente partecipare a tale comparto. In particolare, i Pir alternativi devono investire almeno il 70% del loro valore complessivo in strumenti finanziari di equity, debito, credito, emessi da imprese che siano fiscalmente residenti in Italia (o alternativamente da aziende residenti in Stati UE o See ma con stabile organizzazione nel territorio italiano), e non quotate negli indici Ftse Mib o in indici equivalenti di mercati regolamentati.
Esattamente come avviene con i Pir ordinari, l’investimento è esente da imposta di successione e, nell’ipotesi in cui sia mantenuto per almeno cinque anni, il risparmiatore otterrà un’esenzione fiscale sui rendimenti ottenuti.
A chi si rivolgono i Pir alternativi
I Pir alternativi si rivolgono a un investitore pienamente consapevole di impiegare il proprio capitale in uno strumento scarsamente liquido e, dunque, proprio per questo motivo contraddistinto da un maggiore livello di rischiosità. La durata dell’investimento è inoltre di medio lungo termine, o comunque almeno pari alla soglia temporale minima per poter fruire dell’esenzione fiscale.
Le differenze con i Pir ordinari
In parte già rammentate, sono diverse le differenze che permettono di separare lo strumento dei Pir alternativi da quello dei Pir ordinari. In particolare, per i Pir alternativi è meno stringente il vincolo di concentrazione degli investimenti, che passa al 20% invece del 10% dei Pir ordinari. Ancora, i Pir alternativi hanno una soglia annua massima di investimento che è stata ora innalzata a 300.000 euro, con soglie sicuramente più elevate rispetto a quelle previste per i Pir ordinari.
L’investimento complessivo massimo rimane a 1,5 milioni di euro per Pir alternativi, contro i 150.000 euro per i Pir ordinari.
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