Sono passati poco più di 10 anni dal primo lancio dei green bond e, oggi, si parla in maniera sempre più diffusa di questi titoli come strumenti utili per poter contribuire al rilancio dell’economia.

Ma per quale motivo i green bond potrebbero essere leve concrete per il riavvio della crescita economica? Ne ha discusso poche ore fa, in una interessante nota, Quentin Fitzsimmons, gestore obbligazionario di T. Rowe Price.

La crescita dei green bond

Come anticipato poche righe fa, dal lancio del primo green bond sono trascorsi poco più di dieci anni e, da allora, il mercato ha registrato una crescita costante, collimato poi nel 2019 a un valore complessivo di 255 miliardi di dollari di obbligazioni emesse per finanziare progetti e attività a basso impatto ambientale (+ 45% rispetto al 2018, e oltre tre volte rispetto al 2016).

Come intuibile, a marzo 2020 l’emissione dei green bond ha subito una parziale battuta d’arresto, quale conseguenza del deterioramento delle condizioni di liquidità del mercato. Tuttavia, già nel mese di aprile si è visto un rimbalzo, con nuove operazioni annunciate per 16 miliardi di dollari e con la creazione di specifiche obbligazioni predisposte proprio per poter finanziare progetti legati al contrasto al nuovo coronavirus.

Insomma, l’interesse per i green bond non solo non è mai sopito, ma potrebbe subire un nuovo rilancio nel corso dei prossimi mesi, proprio in virtù della necessità di reperire tali strumenti per poter fronteggiare la crisi pandemica.

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Dalla crisi nascono nuove opportunità

In tal senso, il gestore di T.Rowe Price è convinto che da questa condizione di crisi possano sorgere nuove opportunità. Ma quali?

In primo luogo, in questo contesto i governi hanno un’opportunità unica per far ripartire i propri Paesi in modo rapido e credibile, mediante il lancio di programmi sostenibili sotto il profilo ambientale e, dunque, con un incremento dell’emissione dei green bond (o con l’avvio di tali programmi per quei Paesi che ne sono sprovvisti).

In secondo luogo, l’incremento del deficit fiscale farà aumentare la competizione tra governi per accaparrarsi finanziamenti a costi attraenti. Le emissioni green in tale scenario dovrebbero costituire una buona opportunità, e sempre più Paesi – oltre a quelli che hanno già aderito a tale piano – dovrebbero seguire tale linea.

L’esempio dell’Italia

Uno dei Paesi che potrebbe costituire una “eccellenza” nel comparto dei green bond potrebbe essere proprio l’Italia, che già aveva in mente di vendere tali obbligazioni verdi, come annunciato ancor prima della crisi.

Il Ministro Roberto Gualtieri aveva annunciato lo scorso ottobre che i green bond sarebbero stati utilizzati nelle finanze pubbliche del Paese, ma da allora gli unici green bond lanciati nel nostro Paese sono in realtà stati quelli societari, come Enel.

Secondo le valutazioni compiute da T. Rowe Price, il governo italiano dovrebbe impegnarsi in maniera seria e regolare in tale contesto, con emissioni ordinarie nella forma di operazioni ‘jumbo’ da almeno 1 miliardo di euro.

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La domanda dei green bond rischia di essere limitata

Fin qui, uno sguardo all’offerta dei green bond. Ma cosa dire riguardo la domanda?

È evidente che se a fronte di una maggiore emissione di obbligazioni verdi non corrisponderà una crescente domanda, il mercato faticherà a trovare un vantaggioso punto di equilibrio. Su questo fronte, malgrado i grandi passi in avanti, gli investitori tradizionali non sembrano essere totalmente attratti da tali bond. Ma perché?

In primo luogo, c’è la mancanza di standard riconosciuti a livello mondiale e di trasparenza riguardo a come saranno usati i proventi raccolti dalla vendita di green bond, così come alle modalità di rifinanziamento e di rimborso. Dunque, secondo T. Rowe Price una maggiore trasparenza è necessaria per migliorare la credibilità di queste obbligazioni.

Un altro elemento che contiene l’espansione del mercato dei green bond è la mancanza di liquidità. Su questo fronte, però, sono più tangibili i segnali di miglioramento. Il boom delle emissioni sta infatti contribuendo a rafforzarne il profilo di liquidità, che a sua volta dovrebbe ampliare i margini di opportunità per gli investimenti in portafoglio.

Dunque, conclude l’analista, i tempi potrebbero essere propizi e maturi per poter integrare una certa quantità di bond verdi nei portafogli a reddito fisso, preferendo i green bond a obbligazioni tradizionali, con equivalenti caratteristiche.

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