Anche se l’operazione è ancora agli albori, l’industria del risparmio gestito si sta domandando che cosa potrebbe accadere nel caos in cui Intesa Sanpaolo riuscisse ad acquistare UBI Banca.

Effettivamente, il mondo del risparmio gestito non sarebbe certamente indifferente a una simile operazione straordinaria e, come ricorda il quotidiano Milano Finanza, il matrimonio tra la prima e la quarta banca italiana potrebbe avere ripercussioni piuttosto significative in questo business.

Cominciamo da UBI. L’istituto bancario guidato da Massiah dispone di Pramerica, una società di gestione del risparmio con 65 miliardi di euro di asset gestiti. Intesa Sanpaolo vanta invece Eurizona, con masse per 331,5 miliardi di euro, cui aggiungere i 95,5 miliardi di euro gestiti da Fideuram, per un totale di circa 427 miliardi di euro, dietro alla sola Generali con 517 miliardi.

Ne deriva che se la fusione dovesse andare in porto, Intesa finirebbe con il gestire circa 500 miliari di euro, ponendosi così a un passo da Generali. E distaccherebbe in misura significativa Amundi, che con l’acquisto di Pioneer si ferma comunque intorno a 200 miliardi di euro. L’ANSA rammenta infine come Credit Suisse per il momento è l’unico advisor che sta affiancando UBI Banca sull’offerta pubblica di scambio lanciata da Intesa Sanpaolo.

Insomma, il risparmio gestito italiano non sarebbe certo privo di impatti da questa operazione di aggregazione che, comunque, i soci di UBI Banca non sembrano vedere di buon occhio, ritenendola sostanzialmente ostile.

Dunque, il percorso che potrebbe condurre Intesa Sanpaolo a mettere le mani su UBI potrebbe in realtà essere più tortuoso di quanto qualcuno avrebbe l’ambizione di affermare. Non ci rimane che attendere ancora un po’ di tempo per comprendere come si muoveranno le pedine di questa importante operazione, nella consapevolezza che a guardare con discrezione quel che accadrà saranno tutti gli operatori del gestito made in Italy, e non solo.

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