In che modo il quantitative easing, ampiamente confermato dalla policy dell’istituto centrale, impatterà sulle scelte dei gestori dei piani di previdenza?
A domandarselo è una ricerca condotta da CREATE-Research e Amundi, che ha evidenziato alcuni temi chiave piuttosto importanti, su un tema sempre più dibattuto.
Lo scopo del QE
Dall’analisi delle valutazioni di una quarantina di consulenti previdenziali è innanzitutto emerso che il QE ha avuto il merito di stabilizzare il mercato dopo il crac di Lehman Brothers e, ulteriormente, aumentare i rendimenti degli asset più rischiosi.
C’è però un aspetto negativo della vicenda. È opinione diffusa, nei consulenti previdenziali, che il QE abbia avuto come conseguenza quella di gonfiare i debiti globali, andando a ingigantire le passività degli strumenti previdenziali a causa dei tassi zero.
I percorsi per i piani pensionistici
In uno scenario in continuo mutamento, e con i timori di una recessione all’orizzonte, i consulenti previdenziali hanno poi tracciato tre ipotesi di percorso per i piani pensionistici: allineamento temporale tra asset allocation e profilo di scadenza delle passività pensionistiche; gestione della liquidità come strumento principale per gestire il rischio; gestione della duration, con particolare attenzione agli asset sottovalutati lungo la curva dei rendimenti.
Le azioni globali
Infine, quasi il 60% dei consulenti previdenziali intervistati afferma che il mantenimento del QE supporterà le azioni globali, che offrono un rendimento soddisfacente in un contesto di flussi di cassa negativi per i prodotti previdenziali. Per quanto attiene i settori, i portafogli tenderanno in particolar modo a privilegiare infrastrutture, immobiliare, credito alternativo e private equity.
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