Nelle ultime ore gli analisti di State Street hanno rilasciato una interessante nota di commento al recente meeting del Federal Open Market Committee (FOMC).

In particolare, per Lee Ferridge, responsabile Multi-Asset Strategy per le Americhe di State Street Global Markets, il messaggio più importante che è emerso dall’ultima riunione è che la Fed vuole continuare a pazientare, perché le condizioni finanziarie molto generose sono oggi in contrasto con i dati sulle attività miste e con il dato dell’inflazione in calo. Fattori che, evidentemente, lasciano la Fed in una situazione di stallo. Insomma, se il mercato è sempre più concentrato su una potenziale virata verso l’inflazione target, la Banca centrale dall’altra parte non mostra alcun segnale di un cambiamento del quadro di riferimento nel breve termine. Per l’analista, poi, non bisogna non sottolineare una discreta sorpresa nell’aver assistito di abbassare il tasso Interest on Excess Reserves (IOER) di cinque punti base.

“Il consenso aveva previsto che questa decisione sarebbe stata presa durante il meeting di giugno, e tuttavia, questo taglio non deve essere interpretato erroneamente come una riduzione dei tassi di interesse. Questa è stata una decisione di natura tecnica, un tentativo di abbassare il Fed Funds Effective Rate e di allontanarlo dal range più alto al quale si è avvicinato recentemente. Tutto questo non ha praticamente avuto alcuna influenza sui mercati” – ha poi concluso Ferridge.

Secondo Sophia Ferguson, senior portfolio manager di State Street Global Advisors, invece, il comitato si sta trovando ad affrontare un “tiro alla fune”: da una parte la crescita economica solida, dall’altra l’inflazione debole.

Sebbene i dati suggeriscano che il 2019 vedrà una crescita sopra il potenziale, le recenti comunicazioni hanno chiarito che non ci si trova più all’interno di un ciclo di inasprimento monetario, a causa del calo delle pressioni sui prezzi e della volontà di tollerare un contesto di inflazione lontana dal target che regna sovrano.

L’analista non stima dunque che la Fed ridurrà i tassi di interesse e, quindi, l’azione più probabile sembra essere quella del mantenimento di tassi di interesse invariati. Rimane comunque pur sempre il pericolo che una riduzione dei tassi nel medio termine si renda necessaria per sostenere l’economia, considerata la dissipazione degli stimoli fiscali. Anche per questo è tuttavia necessaria una significativa revisione al ribasso delle previsioni economiche.

“Tuttavia, se l’inflazione dovesse rimanere moderata, il mercato è pronto a scontare 25 punti base nel 2019 e una duration tatticamente rialzista dovrebbe portare a maggiori performance nei mesi estivi” – dichiara Ferguson.

Infine, Antoine Lesné, responsabile Strategia e Ricerca EMEA di SPDR ETFs, ha commentato sottolineando come, nonostante la sorpresa al rialzo dei dati del PIL del primo trimestre divulgati la scorsa settimana, la debolezza dell’inflazione core legittimi ancora la scelta Fed di mantenere i tassi invariati.

Gli effetti dello stimolo fiscale stanno intanto svanendo e le condizioni monetarie meno accomodanti potrebbero però influenzare sulla futura crescita economica. Nel frattempo – conclude l’analista – la forza relativa dei dati dell’Eurozona potrebbe aver esercitato pressioni sul dollaro. “Questo contesto generale potrebbe essere positivo per i mercati del debito in valuta locale dei mercati emergenti, fattore che dovrebbe anche indurre gli investitori a privilegiare le parti della curva statunitense da 1 a 3 anni e quella da 7 a 10 anni” – conclude Lesné.

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