Come da attese, il Parlamento britannico ha respinto l’accordo con l’Unione Europea per la Brexit, promosso dal premier Theresa May. Una brutta sconfitta per il primo ministro, con 391 deputati contrari e 242 favorevoli, per quanto un recupero rispetto allo sbilanciamento tra 432 favorevoli e 202 contrari di qualche settimana fa. Considerato che l’ipotesi accordo è stata accantonata, l’attenzione è sui prossimi passi da intraprendere, a due settimane dalla scadenza per l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea.

Al di là di quanto accaduto ieri, oggi si deciderà sull’opportunità di domandare o meno una proroga della deadline dell’articolo 50, che sancisce l’uscita del Paese dall’UE, che secondo Charles St Arnaud – Senior Investment Strategist di Lombard Odier IM, verrà accettata. Ma che cosa spera di ottenere il governo britannico da tale proroga? La deadline sarà posticipata per indire nuove elezioni, un secondo referendum o altri negoziati?

Quel che sembra essere probabile è improbabile che si continui con i negoziati, perché è molto difficile che emergano nuovi elementi significativi. Un secondo referendum potrebbe essere il modo più democratico per poter sbloccare la situazione, anche se in realtà le parti in causa potrebbero preferire arrivare alle elezioni, anche al fine di evitare un ulteriore frazionamento dei partiti di riferimento. Scegliere nuovamente tra remain e leave potrebbe infatti turbare non poco gli equilibri interni delle fazioni, andando a portare a nuove defezioni.

Come se non bastasse, in caso di elezioni ad essere leggermente favoriti sono ancora i conservatori, la cui nuova vittoria potrebbe confermare l’incertezza attuale, e ripristinare magari con maggior vigore l’opzione no deal per la Brexit. Una vittoria dei laburisti potrebbe portare un po’ di certezza in più, visto e considerato che il leader Corbyn ha sostenuto l’unione doganale, ma niente sembra essere certo.

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