Come investire in obbligazioni nel 2019? La domanda è ambiziosa, la risposta difficilmente sintetizzabile. Ci prova, però, Tad Rivelle, Chief Investment Officer Fixed Income di TCW, secondo cui si può approcciare a tale questione con due diversi percorsi.

Il primo valuta i bond come un’ancora di salvezza, da usare nel proprio portafoglio per i giorni di pioggia. Si tratta di un approccio ragionevole per chi magari ha attraversato una brutta crisi finanziaria ma che, dall’altra parte, trascura completamente i levered asset, e produce portafogli non particolarmente brillanti, con rendimenti nelle basse parti della classifica. Di contro, è anche vero che quando lo scenario cambia (in peggio per l’azionario), e quando gli asset rischiosi sperimentano cali drastici, i rendimenti dei portafogli dei bond tornano in vetta alle stesse classifiche.

Il secondo approccio al fixed income è invece quello di chi cerca sempre e costantemente un’estesa esposizione al rischio. I gestori che seguono questa filosofia tendono a sovrappesare l’high hield, le tranche degli strutturati, i levered degli emergenti, e tutto ciò che offre rendimenti elevati.

Vi è però anche un terzo approccio proposto da TCW, che si poggia sulla necessità di comprendere le dinamiche del fixed income, scegliendo in modo strategico quando adottare il primo approccio, e quando il secondo. Insomma, una gestione attiva del fixed income che si tramuta in una gestione attiva del budget di rischio del portafoglio.

Per l’analista, nelle fasi iniziali del ciclo conviene certamente adottare il secondo approccio, e assumere maggiore rischio nei portafogli. Negli anni intermedi del ciclo però il budget di rischio deve essere adattato per via del risanamento del credito, che avrà presumibilmente già avuto luogo, con conseguente esposizione al rischio ma non in modo indiscriminato. Infine, si entra nell’ultima fase del ciclo: il primo degli approcci risulta qui essere quello vincente.

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