Il 2018 è stato l’anno in cui gli investitori obbligazionari hanno assistito al termine di una lunghissima ondata bull del mercato. I prezzi dei bond sono infatti aumentati costantemente dagli anni ’80, mentre a ottobre 2018 il rally obbligazionario ha mostrato segni di precarietà, quando i rendimenti dei Treasury Usa hanno puntato al rialzo. I mercati finanziari hanno quindi iniziato a rendersi conto che gli anni del quantitative easing stavano giungendo al termine.

Ma quali saranno i cambiamenti che gli investitori assisteranno nel corso dell’anno?

A parlarne è stato Mark Nash, Head of Fixed Income, Merian Global Investors, che ha riassunto 3 cambiamenti strutturali di cui sarebbe opportuno tenere conto. Vediamoli insieme.

Rialzo dei tassi di interesse

La Federal Reserve continuerà ad alzare i tassi nel corso del 2019. Nel corso degli ultimi due anni i policy maker hanno cercato di evitare che l’economia USA si surriscaldasse, ma nonostante i loro sforzi la politica monetaria più restrittiva è rimasta vaga, con condizioni finanziarie negli Stati Uniti più accomodanti.

La crescita economica continua ad essere solida, i tassi di interesse troppo accomodanti, la leva finanziaria ha ricominciato ad essere utilizzata. Per questa ragione Merian Global Investors si attende che la Fed alzi ancora i tassi, che potrebbero superare potenzialmente il 3%.

Rendimenti obbligazionari più elevati

Un altro cambiamento a cui assisteremo nel 2019 riguarda il fatto che i rendimenti dei bond continueranno ad aumentare man mano che la Fed continuerà a muoversi in anticipo. Naturalmente, le policy della Fed non sono gli unici driver del rendimento dei Treasury, considerato che a giocare un ruolo è anche il term premium, ovvero l’extra rendimento che deve essere corrisposto agli investitori affinché detengano un’obbligazione a scadenza più lunga, piuttosto che una serie di strumenti che sono contraddistinti da maturity inferiore.

Term premium

Dunque, uno sguardo proprio al term premium, che nel 2019 dovrebbe tornare ad un livello di normalizzazione grazie a una serie di cambiamenti strutturali nel mercato. In particolar modo, le economie emergenti non stanno più acquistando dollari per difendersi dalla debolezza della loro valuta. La Cina è passata dal fornire liquidità al resto del mondo a importare il capitale. Infine, sia l’Europa che il Giappone hanno segnalato di prevedere di porre fine ai propri rispettivi programmi di acquisto di asset: questo atteggiamento dovrebbe portare a un’inversione dei forti flussi in entrata nei mercati obbligazionari USA, man mano che i rendimenti dei mercati domestici torneranno ad essere più attraenti.

In tale scenario, gli investitori possono attendersi un maggiore livello di volatilità nel 2019, man mano che il term premium continua a normalizzarsi. Nel 2018 ogni rialzo del term premium ha portato a un periodo di volatilità nelle altre asset class, soprattutto nel mercato azionario USA, che ha subito un forte sell-off ad ottobre.

Di conseguenza, in tale contesto di maggiore normalizzazione – sebbene più volatile – i fondi absolute return vengono ritenuti dal gestore in una posizione migliore per poter sovraperformare rispetto ai fondi long-only.

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