Secondo quanto emerge dagli ultimi studi condotti da Bankitalia e collimati nelle Questioni di Economia e Finanza sulla ricchezza delle famiglie italiane, nel corso degli ultimi tre anni i nuclei tricolori sarebbero tornati a investire nei fondi con maggiore incisività, tanto che era dal 2004 che una quota così elevata di ricchezza complessiva non fosse investito nei fondi.
Nelle sue valutazioni Bankitalia rammenta come a spingere tali dati verso l’alto sia stato il comportamento delle banche, che spesso hanno indotto i risparmiatori su questi prodotti, favorendo di conseguenza le sottoscrizioni.
In aggiunta a quanto sopra, i Quaderni rammentano come l’aggregato di risparmio gestito, che include fondi comuni e strumenti assicurativi e pensionistici, abbia toccato alla fine dello scorso anno il 35% del portafoglio delle famiglie, sorpassando così i valori toccati all’apice del ciclo favorevole della Borsa del 1995–2000.
È ancora lo stesso studio a sottolineare come i fondi comuni, che in Italia sono stati pienamente introdotti nella prima parte degli anni ’80 dello scorso secolo, e dunque in ritardo significativo rispetto a quanto avvenuto in altri Paesi, pesano oggi per il 12% del totale della ricchezza finanziaria delle famiglie, e che avevano raggiunto la massima incidenza sulla ricchezza (18%) alla fine della bolla del mercato azionario del 1995 -2000.
Da quel momento in poi è poi seguita una fase di ridimensionamento, anche in seguito all’applicazione di un trattamento fiscale non particolarmente favorevole. In riferimento specifico agli strumenti previdenziali e assicurativi, pur essendo incrementati con un ritmo annuo medio che risulta essere superiore alla doppia cifra nel periodo 1995 – 2016, i fondi pensione hanno ancora un peso residuale nella ricchezza delle famiglie (sono meno del 4% alla fine del 2017), mentre le polizze assicurative del ramo vita erano pari a circa il 16%. Un altro 4% della ricchezza era invece costituita da fondi per il trattamento di fine rapporto di lavoro (TFR).
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