Non sono stati richiamati alle urne, gli Italiani, con la crisi di governo del primo esecutivo guidato da Giuseppe Conte, e nemmeno con la caduta del Conte bis che ha invece portato all’insediamento dell’ennesimo governo ‘tecnico’ o di ‘responsabilità’ che dir si voglia. Fatto sta che allo scadere dei 5 anni di durata della legislatura le elezioni politiche non potranno essere rinviate, e questo desta una certa preoccupazione negli ambienti della finanza internazionale.

Il problema è sempre quello della fiducia nel sistema Italia da parte dei mercati che, secondo quanto affermato in questi giorni da Goldman Sachs, potrebbe venire meno se dalle consultazioni elettorali della primavera 2023 dovesse venir fuori un governo di centrodestra.

Elezioni politiche 2023, le preoccupazioni di Goldman Sachs

Il sistema democratico prevede che siano i cittadini a decidere, attraverso le consultazioni elettorali, i propri rappresentanti. E posto che questo sistema permetta realmente al popolo di esercitare la propria sovranità come previsto dalla nostra Costituzione, vi sono evidentemente pressioni non indifferenti da parte delle più importanti istituzioni finanziarie internazionali, rispetto alla scelta della coalizione cui affidare la guida del Paese.

Dalla nota banca d’affari americana, Goldman Sachs, arriva infatti un primo segnale di allarme, con una ricerca che afferma: “mentre il rialzo dei tassi di interesse si riverbera sul costo del debito italiano, i Btp rischiano di tornare ad essere i sorvegliati speciali dei mercati obbligazionari governativi a causa dei rischi legati agli esiti delle elezioni politiche del 2023 e agli impatti che potranno avere sugli investimenti e le riforme richieste dal Recovery Fund“.

Gli analisti di GS notano che “i rendimenti nell’Eurozona sono saliti in modo marcato, riportando la sostenibilità del debito dell’Europa meridionale di nuovo all’attenzione del mercato” anche se “il livello medio di maturazione del debito pubblico (dai 7 anni dell’Italia ai 21 della Grecia) contribuirà ad attenuare l’impatto di breve termine dei rendimenti crescenti sul costo del debito”.

Per Italia, Spagna e Grecia “rischio di discontinuità politica”

Le elezioni politiche si svolgeranno nel 2023 non solo in Italia ma anche in Spagna e in Grecia, e secondo Goldman Sachs questo potrebbe portare ad una situazione di instabilità.

“Implicito in queste consultazioni è il rischio di discontinuità politica” dicono gli esperti della banca d’affari “che è particolarmente rilevante nell’Europa Meridionale in quanto la regione è il principale contenitore del Recovery Fund” il cui “focus su investimenti e riforme richiede un forte grado di continuità politica nel tempo”.

A preoccupare maggiormente comunque è l’Italia. In Grecia infatti i sondaggi evidenziano un livello di consenso nell’attuale coalizione alla guida del Paese che rende meno probabile una interruzione della “continuità politica”.

In Spagna invece le probabilità di un cambio di governo in seguito alle consultazioni elettorali sono più alte, in compenso però le due coalizioni rivali “condividono lo stesso impegno verso l’integrazione fiscale europea e, perciò l’implementazione del Recovery Fund”.

A preoccupare gli analisti di GS è invece la situazione dell’Italia dove la coalizione “più scettica” (quanto meno sulla carta) verso l’Unione Europea, costituita prevalentemente da Fratelli d’Italia e Lega, “guida regolarmente i sondaggi”.

“L’Italia resta quindi il Paese più a rischio di una rottura politica e l’avvicinarsi delle elezioni potrebbe diventare un catalizzatore per rinnovate preoccupazioni circa la sostenibilità del debito” avvertono da Goldman Sachs “un cambiamento nella coalizione al governo è probabile che rafforzi l’incertezza sull’implementazione del Recovery Fund, il suo impatto sulla crescita e, infine, il suo supporto alla sostenibilità del debito”.

Un parere ingombrante, quello delle grandi istituzioni finanziare internazionali, che toglie spazio alla libera espressione della volontà popolare attraverso l’esercizio del voto.

Una realtà oggi quanto mai evidente, su cui ci si sofferma anche su un articolo de Il Fatto Quotidiano, dove leggiamo che “non è certo la prima volta che dai grandi nomi della finanza arrivano ingerenze in quelle che sono o dovrebbero essere normali dinamiche dei sistemi democratici. Ed è indubbio che negli ultimi decenni le decisioni di politica economica siano state progressivamente sottratte ai parlamenti e consegnate ai mercati”.

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