Mentre il governo di centrodestra prepara la squadra che dovrà affrontare le varie sfide che si parano dinanzi al futuro dell’Italia, da Confindustria arriva una chiara bocciatura di quelli che dovevano essere i punti salienti del programma elettorale.
“Non possiamo permetterci immaginifiche flat tax sull’Irpef che dimentichino Irap e Ires, non possiamo permetterci nuove misure di prepensionamento che continuino a gravare sul bilancio dell’Inps rispetto ai contributi raccolti. Non vogliamo negare ai partiti il loro legittimo desiderio di perseguire quanto promesso agli elettori, ma oggi energia e finanza pubblica sono fronti di emergenza che non tollerano follie” ha infatti dichiarato in questi giorni il presidente di Confindustria Carlo Bonomi.
Nel corso del suo intervento all’assemblea degli industriali di Varese il numero uno dell’associazione degli industriali ha sostanzialmente avvertito il nascituro governo di centrodestra che non sarà possibile fare quello che è stato promesso ai cittadini.
Ancora una volta insomma l’esercizio democratico del voto si rivela poco più di un rito augurale che affonda le sue radici in una tradizione ormai spoglia del suo significato originale. Il nuovo governo dovrà fare quello che i mercati finanziari si aspettano, o la spada di Damocle dello spread rischia di cadere sull’Italia.
E Bonomi non usa nemmeno complicati giri di parole per esprimere un concetto che quasi il 40% degli Italiani (quelli che hanno preferito astenersi dal voto) hanno ormai fin troppo chiaro. “Per il nuovo governo seguire le proprie promesse agli elettori è semplicemente impossibile, perché si rischierà di compromettere la discesa del debito” ha spiegato il numero uno di Confindustria.
E il rischio, tutt’altro che remoto, è legato allo spread e alle reazioni dei mercati, infatti è sempre Bonomi a spiegare che “quanto più ci si discosterà dal percorso contrattato con l’Europa, tanto più si rischia il risveglio dello spread, visto che la Bce ha comprato titoli aggiuntivi italiani, ma ora questa stampella cesserà”.
Cosa dovrà fare nel corso della sua azione di governo l’esecutivo che si insedierà nei prossimi giorni non lo decideranno i partiti che ne fanno parte, non lo decideranno gli esponenti di FdI, della Lega o di Forza Italia sulla base del mandato conferito dagli elettori, e a ricordarlo a tutti ci pensa il presidente di Confindustria, che spiega quali dovranno essere le priorità.
“Il prossimo governo deve avere ben chiaro che bisogna salvare il sistema industriale italiano dalla crisi energetica. È un tema di sicurezza nazionale. Migliaia di aziende sono a rischio, centinaia di migliaia di posti di lavoro e di reddito per le famiglie” spiega Bonomi, ed è per questo che “tutte le risorse disponibili, escluse quelle per i veri poveri, vanno concentrate lì, perché senza industria non c’è Italia”.
Parte delle risorse in realtà, è doveroso ricordarlo, vengono destinate all’Ucraina a sostegno della guerra contro la Russia, quella guerra che nella nostra Costituzione l’Italia “ripudia”.
Ma restando sul tema delle risorse, Bonomi ricorda che “il nuovo governo potrà contare su ulteriori 170 miliardi del Pnrr ancora da spendere, se si continuerà a metterlo a terra, senza contravvenire al contratto sottoscritto con l’Unione europea. Una cifra gigantesca al cui confronto riallocare 4-5% del totale della spesa pubblica ordinaria non è un’impresa impossibile, anzi”.
Il nuovo governo, sotto la guida di Giorgia Meloni, dovrà in sostanza continuare a fare esattamente quello che faceva il governo precedente, esattamente come lo faceva il governo precedente.
Il presidente di Confindustria ricorda infatti che il nuovo esecutivo dovrà operare con “la stessa serietà e unità perseguita sui conti dello Stato” dal governo di Mario Draghi “che è stato capace di impiegare 60 miliardi di sostegno senza pregiudicare debito e deficit”.
Da Confindustria arriva quindi una richiesta al governo di Giorgia Meloni, quella di rispettare “le regole di bilancio, la scelta atlantica, l’adesione alla Nato, il rispetto dello stato di diritto” perché una linea diversa “rischierebbe di mettere in ginocchio l’Italia e le sue imprese”.
E per quel che riguarda gli interventi a carattere prioritario, Bonomi ricorda anche il tetto al prezzo del gas, “non solo a quello importato dalla Russia, ma a tutto il gas, chiunque ne sia il fornitore”.
Quello dell’introduzione del tetto al prezzo del gas sarebbe un intervento importante “a maggior ragione nella situazione in cui ci troviamo, con il gas russo che sta venendo meno ai nostri Paesi non per le sanzioni europee, ma perché è la Russia stessa a voler esercitare l’arma del ricatto sui nostri Paesi per il prossimo inverno” dice Bonomi, tralasciando il fatto che anche se così fosse si potrebbe intendere comunque come la risposta (del tutto legittima) alle sanzioni occidentali.
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