Capitol Hill

A due anni dall’inizio del suo mandato, il presidente democratico Joe Biden si ritrova in minoranza alla Camera, e con il Senato spaccato letteralmente a metà. Non esattamente un plebiscito nei confronti dell’amministrazione dem, ma viste le premesse lo stato d’animo tutto sommato è positivo.

“È stata una grande notte per i democratici” dice il presidente Biden a due giorni dalle elezioni di midterm in occasione delle quali ci si aspettava un ribaltamento ancora più netto dei due rami del Parlamento Usa.

Ma la temuta “ondata rossa” alla fine non c’è stata e l’amministrazione Biden, ancorché zoppa di almeno uno dei due rami del Parlamento, può tirare avanti in qualche modo per altri due anni fino alle presidenziali del 2024.

Joe Biden ha continuato a proporre la sua narrazione a metà strada tra il fantasioso e il paranoico, parlando di “prima elezione dopo l’attacco del 6 gennaio 2021” evidenziando che “c’era la paura che la democrazia potesse non superare il test”.

Il risultato delle elezioni di midterm però è stato meno brutto del previsto, e questo sembra aver ampiamente rincuorato Joe Biden. Insomma gli Usa potranno continuare ad esportare la loro democrazia più o meno indisturbati, ma con un ramo del Parlamento all’opposizione l’agenda di Biden qualche rallentamento lo subirà inevitabilmente.

Elezioni midterm: Camera ai Repubblicani, Senato ancora incerto

Ancora non sono disponibili i numeri definitivi, infatti lo sfoglio è tuttora in corso in diversi Stati tra cui California, Oregon, Nevada e Arizona. I seggi da assegnare sono ancora 35, e i democratici sono in vantaggio in 24 di essi. Negli altri 11 sono in vantaggio i repubblicani, e a loro basta ottenerne 9 per avere la maggioranza alla Camera.

Al Senato la situazione è più complessa, ma sembra che alla fine i seggi saranno ripartiti 50 e 50. In questo caso la maggioranza sarebbe comunque dei Democratici per via del fatto che la Costituzione degli Stati Uniti prevede che in casi simili anche il vice presidente abbia diritto di voto.

In questo momento i Repubblicani hanno già conquistato 49 seggi, mentre ai Democratici ne sono stati assegnati 48. Mancano tre Stati, che sono Nevada, Arizona e Georgia, e sia nel primo che nel secondo la situazione è tutto sommato incerta, ma probabilmente andranno uno ai Repubblicani e uno ai Democratici.

Per l’esito della Georgia si dovrà invece attendere il 6 dicembre, in quanto il risultato finale sarà decretato dal voto di ballottaggio.

Alcuni analisti prevedono che il Nevada alla fine vada ai Repubblicani. Attualmente sono state scrutinate oltre l’83% delle schede e il candidato trumpiano Adam Laxalt conduce con il 49,4% sulla senatrice dem uscente Catherine Cortez Masto, ferma intorno al 47,6%.

Nello Stato dell’Arizona invece dovrebbe essere il candidato dei Democratici ad avere la meglio. L’ex astronauta Mark Kelly si trova in vantaggio con il 51,5% delle preferenze contro il 46,3% del finanziere Blake Master, ma siamo ancora al 70% dei voti scrutinati.

Se così dovessero andare le cose, i Dem avrebbero 49 seggi e al Gop andrebbero 50 seggi. A questo punto per non perdere il Senato i Democratici devono necessariamente aggiudicarsi il ballottaggio in Georigia, perché in questo modo ci sarebbe un pareggio, 50 e 50, e col voto della vicepresidente avrebbero comunque la maggioranza.

Quello che appare chiaro in questo momento è che con la maggioranza alla Camera, per quanto sottile, i Repubblicani potranno bloccare le priorità dell’agenda di Biden, e avviare indagini sulla sua amministrazione, dando vita ad alcune battaglie importanti a cominciare dall’innalzamento del limite di spesa della nazione.

Se poi i Repubblicani arrivassero ad avere la maggioranza anche al Senato, allora avrebbero potere sulle nomine giudiziarie di Biden, inclusi eventuali posti vacanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti.

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