Il Movimento 5 Stelle avrebbe potuto decidere di non ostacolare l’azione di governo, ma sulla questione del Superbonus ha deciso di mettere in scena una qualche forma di scaramuccia parlamentare che con ogni probabilità porterà come unico risultato l’ennesimo voto di fiducia.
Inizialmente sembrava che il movimento di Beppe Grillo non avrebbe creato problemi all’esecutivo guidato da Mario Draghi. “Non faremo sgambetti su un decreto con 23 miliardi per aiutare famiglie e imprese” dicevano i grillini, poi però le cose sono andate diversamente e il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà ha chiesto il rinvio alla mattinata di oggi dell’esame del decreto Aiuti.
La richiesta è stata motivata “dalla necessità di avere ulteriori chiarimenti su questo importante provvedimento” ha spiegato lo stesso ministro, e attualmente si discute su un emendamento all’articolo 13 che riguarda proprio il Superbonus, una delle misure fortemente volute dal Movimento 5 Stelle.
I colloqui che si sono svolti nella mattinata tuttavia non hanno avuto esito positivo fin ora, e questo fa pensare che la cosa si risolverà con l’ennesimo voto di fiducia. Il governo ha infatti rifiutato di modificare la norma sul superbonus inserita nel decreto Aiuti perché ci sarebbe un problema di copertura, con circa 3 miliardi di euro che non si trovano.
Nessuna proroga del Superbonus ma il Movimento 5 Stelle non ci sta
Nella giornata di ieri sono stati votati tutti gli emendamenti che sono stati presentati da Fratelli d’Italia e Movimento 5 Stelle, ma sono stati soprattutto quelli firmati dal capogruppo di maggioranza Davide Crippa, in materia di determinazione dei prezzi del gas, ad avere un certo peso, proprio perché non capita spesso che in Aula arrivino proposte di modifica firmate da un capogruppo di maggioranza.
Ci si aspettava che il governo ricorresse, come suo solito tra l’altro, al voto di fiducia, ma il M5s in particolare ha continuato a spingere perché si possa discutere il testo di legge attraverso un democratico dibattito parlamentare (cosa a cui di questi tempi siamo ormai disabituati) lasciando ai deputati libertà di coscienza sui singoli temi.
Il problema è che i tempi stringono, ed è necessario giungere all’approvazione del testo del decreto Aiuti entro il 15 luglio. Quindi anche se, stando a quanto affermano fonti dell’esecutivo interpellate dall’Ansa, il governo non sarebbe intenzionato a porre per l’ennesima volta la questione di fiducia, sembra sempre più plausibile che sia proprio così che si arriverà all’approvazione del decreto.
Da parte del Movimento 5 Stelle intanto è stata paventata la possibilità di non votare la fiducia al decreto Aiuti se non si sarà trovato un accordo sulla questione del Superbonus 110%.
Modifiche al Reddito di Cittadinanza e inceneritore a Roma i nodi cruciali dell’incontro Draghi-Conte
Sul tavolo della trattativa tra il Movimento 5 Stelle e il governo, che dovrebbe aprirsi nella giornata di oggi con l’incontro tra il premier e Giuseppe Conte, ci sono poi due punti cruciali su cui sembra difficile il raggiungimento di un accordo.
Il faccia a faccia che si terrà oggi, inizialmente in programma per la giornata di lunedì ma poi rinviato per il disastro della Marmolada, verterà su due nodi da sciogliere: la norma che attribuisce al sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, poteri speciali per la realizzazione di un inceneritore in grado di sbloccare la crisi dei rifiuti che da anni ammorba la Capitale, e le modifiche al Reddito di Cittadinanza che prevedono di considerare valide ai fini della revoca del sussidio anche le offerte di lavoro che arrivano direttamente dai privati senza passare per i centri per l’impiego.
Per quel che riguarda l’inceneritore in particolare, i toni si sono mostrati accesi fin dall’inizio, con la deputata M5s Francesca Flati, firmataria di un emendamento soppressivo della norma, che ha dichiarato: “per noi l’inceneritore è irricevibile”, mentre da Alberto Zolezzi è arrivata la provocatoria proposta di costruirlo direttamente a Montecitorio, accompagnata dalla definizione di “assessora a cosa nostra” affibbiata a Sabrina Alfonsi, assessore ai Rifiuti di Roma Capitale.
Esclusa anche la possibilità che il provvedimento torni in Commissione per nuove modifiche, come ha spiegato la viceministra all’Economia Laura Castelli, di recente passata a Insieme per il Futuro di Luigi Di Maio, la quale ha affermato: “per il Mef non ci sono profili economici che necessitano del ritorno in Commissione”.
Nel frattempo Fratelli d’Italia si prepara a fare ostruzionismo, e visto che complessivamente sono previsti quasi 330 voti per l’approvazione del testo, la cosa potrebbe funzionare, ma il risultato non sarebbe altro che l’approvazione attraverso il pluricollaudato sistema del voto di fiducia, non esattamente una novità per l’esecutivo guidato dall’ex presidente della Bce.
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