L’ex premier sembra avere tutte le intenzioni di andare fino in fondo, e d’altra parte non ha tutti i torti nel ritenere di aver superato il punto di non ritorno. Non è detto però che a seguirlo sarà tutto il Movimento 5 Stelle, o quanto meno tutto quel che ne resta dopo le varie espulsioni, le defezioni e la scissione del gruppo di Luigi Di Maio che ha portato alla nascita di Noi per il Futuro.
Il partito fondato da Grillo e Casaleggio rischia infatti di ridimensionarsi ancora, con una porzione disposta a seguire Giuseppe Conte nella sua crociata contro Mario Draghi, e un’altra che potrebbe essere pronta, secondo quanto trapela in queste ore, ad un vero e proprio ammutinamento che porterebbe alla nascita dell’ennesima forza politica figlia del M5s.
A quel punto i sostenitori dell’ex governatore della Bce potrebbero presentargli un contesto immutato nella forma ma sostanzialmente ben diverso. Draghi non avrebbe comunque l’appoggio del M5s, essendo questo sotto la guida di Conte, ma avrebbe l’appoggio di quella porzione che si staccherà formando presumibilmente una nuova formazione politica.
Esclusa l’ipotesi che i 5 Stelle che volteranno le spalle a Conte possano confluire nel partito di Di Maio, non resta che la possibilità della nascita dell’ennesimo partitino originato dalla torbida palude in cui è sprofondata una legislatura fortunatamente vicina al suo capolinea.
In caso di scissione del M5s Draghi resterà al suo posto?
Naturalmente la conditio sine qua non per un Draghi bis è che l’ex numero uno della Bce sia effettivamente disposto a restare, cosa su cui al momento restano molti dubbi.
L’addio di Mario Draghi però diventerebbe una certezza se quel che resta del Movimento 5 Stelle dovesse rimanere compatto sotto la guida di Giuseppe Conte, perché in quel caso le possibilità resterebbero due: la nascita di un governo in grado di traghettare la legislatura fino alla sua naturale scadenza, (ed è venuto fuori persino il nome di Brunetta) oppure le elezioni anticipate tra fine settembre e inizio ottobre.
Invece nello scenario in cui il Movimento 5 Stelle subisce l’ennesima scissione, diventando di fatto un partitello privo di qualsivoglia peso politico, la permanenza di Mario Draghi al timone non è del tutto da escludere, tanto più che in questi giorni concitati gli sono state fatte pressioni da vari ambienti della politica e non.
A chiedere all’ex uomo di Goldman Sachs di restare a guidare il Paese sono stati vari sindaci, imprenditori, Italia Viva (con la sua petizione che ha raccolto oltre 80 mila firme), con l’ex sindaco di Milano Gabriele Albertini che lo ha invitato al sacrificio sulla scia degli insegnamenti gesuiti.
Conte sarà comunque fuori dal governo
Una delle poche certezze di questa situazione dagli incerti sviluppi è che Giuseppe Conte resterà fuori dall’esecutivo. Non può certo fare un passo indietro ora, sarebbe come dire: “abbiamo scherzato”, e non la prenderebbe bene nessuno. Quindi niente da fare, è evidente che il leader di quel che resta del M5s vuole la fine del governo Draghi e il ritorno alle urne, quale che sia il destino dei rimasugli della creatura di Beppe Grillo.
E sarebbe un Movimento 5 Stelle ridotto ai minimi termini quello che verrebbe fuori da questa nuova scissione. Secondo quanto riportato da Il Corriere, a togliere la casacca gialla sarebbero almeno 20 parlamentari, probabilmente di più, e quello che resterebbe verrebbe presentato come un partitino personale di Conte o poco più, ma di certo non si potrebbe dire (come peraltro non si può dire da tempo) che vi è ancora traccia in Parlamento di quel M5s che vinse le elezioni.
Volendo fare un po’ di conti, pare che sia Federico D’Incà che Fabiana Dadone, rispettivamente ministro dei Rapporti con il Parlamento e ministro delle Politiche giovanili, non siano intenzionati a lasciare il governo, mentre Stefano Patuanelli, ministro delle Politiche agricole, sembra pronto a seguire il suo leader di partito.
Si tratterebbe comunque di problemi ‘da poco’, o quanto meno risolvibili senza che nessuno si scandalizzi. Se anche tutti i ministri pentastellati, in un modo o nell’altro, lasciassero l’esecutivo ci si potrebbe mettere una pezza in un attimo. Il ministero della Dadone verrebbe accorpato a quello dello Sport di Valentina Vezzali, quello di D’Incà sarebbe consegnato nelle mani di un tecnico, e il ministero dell’Agricoltura potrebbe andare alla Lega.
Chi spinge per le elezioni anticipate
Se per il Pd non vi sono dubbi, con un Enrico Letta che è pronto a sostenere il governo di Mario Draghi con o senza Giuseppe Conte e il suo Movimento 5 Stelle, e per dirla tutta con chiunque sia disposto a portare i propri numeri sull’altare della causa, Lega e Forza Italia non sono animati dalla stessa spinta di ‘responsabilità’.
Al termine dell’incontro che si è tenuto a Villa Certosa tra i due partiti di centro destra che hanno sempre sostenuto il governo dell’ex presidente della Bce è stata rilasciata una nota congiunta di Silvio Berlusconi e Matteo Salvini che non lascia molto margine per il proseguimento della legislatura.
Nella nota leggiamo infatti: “i leader di Forza Italia e Lega, con il consueto senso di responsabilità, hanno concordato di attendere l’evoluzione della situazione politica”, ma in sostanza i due partiti spingono per il ritorno anticipato alle urne, e d’altra parte hanno solo da guadagnarci, per quanto soprattutto la Lega sostenendo il governo di Mario Draghi ha sacrificato almeno metà del suo elettorato.
In queste due forze politiche vi è comunque una parte più governista che tuttavia non avrà gioco facile a spingere per l’appoggio ad un Draghi bis, sempre ammesso che il premier sia intenzionato a restare, e questo anche per via delle pressioni che arrivano da Fratelli d’Italia con Giorgia Meloni che scalpita per capitalizzare il forte consenso conquistato.
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