Tecnicamente il governo di Mario Draghi ha ancora oggi i numeri per governare, ma sembrerebbe aver perso l’appoggio del Movimento 5 Stelle, o di quel che ne resta. Non possiamo dimenticare infatti che a quasi 5 anni dalle elezioni che hanno visto uscire vincente la squadra di Beppe Grillo il numero dei parlamentari che ne fanno parte oggi si è drasticamente ridotto tra espulsioni, fuoriusciti migrati in vari partiti politici dalla Lega al gruppo Misto, ed ora anche la scissione opera di Luigi Di Maio che ha creato una nuova realtà politica non meglio collocata che si chiama Noi per il Futuro.
Una premessa doverosa che tuttavia non aggiunge molto alla realtà dei fatti: il presidente del Consiglio, dopo aver ottenuto la fiducia anche al Senato sul decreto Aiuti, ma con la defezione del Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte, ha deciso di recarsi dal presidente della Repubblica per rassegnare le dimissioni, poi prontamente respinte.
Ed eccoci qui, con un Mario Draghi che si ritrova a dover raccogliere i pezzi di una ormai debole maggioranza, e tutte le conseguenze che l’incertezza politica in cui si trova ora il Paese comporta.
Quali conseguenze se cade il governo Draghi?
Con o senza la guida di Mario Draghi i prossimi mesi saranno comunque critici per l’Italia a meno che non vi siano svolte epocali prima di tutto in politica estera. Detto ciò, quali potrebbero essere gli scenari economici all’indomani di un eventuale addio dell’ex presidente della Bce? Già questa situazione di incertezza che si è appena creata sta producendo degli effetti sul mercato azionario e su quello obbligazionario, con lo spread che è subito salito fino a 228 punti base.
Un commento sulla situazione che si sta profilando ora è arrivato anche da parte di Filippo Diodovich, senior Market Strategist di IG Italia, il quale ha spiegato che “il congelamento delle dimissioni da parte del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il rinvio a mercoledì in Parlamento per cercare di trovare una soluzione in extremis per mantenere l’ex governatore della Bce alla guida dell’esecutivo hanno disinnescato le vendite sulle piazze finanziarie”.
L’esperto ritiene che i mercati in questa fase stiano scontando una nuova soluzione di governo in cui comunque il presidente del Consiglio continua ad essere Mario Draghi.
D’altra parte quali potrebbero essere le alternative, tenendo poi conto del fatto che in primavera si dovrebbe comunque tornare alle urne? “Le alternative (governo traghettatore e poi elezioni) sembrano essere troppo punitive per l’economia italiana in un momento così delicato sia dal punto di vista geopolitico (guerra in Ucraina) sia da quello economico (crisi energetica, requisiti per fondi Pnrr, legge di bilancio, scudo anti-spread e rischi di recessione) sia da quello sanitario (nuova campagna vaccinale per la quarta dose)”.
Se a guidare il Paese restasse Draghi, nonostante tutto, secondo l’esperto di IG sarebbe meglio, perché potrebbe “diminuire le tensioni finanziarie e riportare lo spread a 200 punti base“. Una soluzione che piacerebbe molto, e non è certo una sorpresa, alle istituzioni europee e che sarebbe in grado di assicurare “un processo più accelerato per il programma della BCE per evitare la frammentazione finanziaria all’interno dell’eurozona (il cosiddetto scudo anti-spread)”.
Se non fosse questo lo scenario che si profilerà all’indomani dei tentativi di Draghi di ricostruire una base di consenso al suo governo, allora secondo l’esperto di IG Italia ci potrebbero essere forti tensioni e uno spread “ben al di sopra dei 250 punti base che potrebbe spingersi anche verso i 300 pb in caso di elezioni anticipate (che si terrebbero probabilmente in ottobre)”.
Quanto potrebbe costare all’Italia l’addio di Draghi?
Ai mercati finanziari l’attuale presidente del Consiglio piace, ed una sua rimozione in un modo o nell’altro non può produrre effetti positivi, ma determinerebbe subito un’impennata dello spread, un calo dei valori in Borsa, quindi milioni di euro in più di interessi sul debito da pagare, e altri milioni di capitalizzazione bruciati.
Se cade il governo Draghi e non si forma un qualche Draghi bis, quanto sopra brevemente esposto non è che l’inizio. Quanto alle probabilità che sia questo le scenario che ci aspetta, per il momento quello che possiamo dire è che l’ex governatore della Bce non sembra molto intenzionato a tornare sui suoi passi, ma le elezioni anticipate restano comunque storicamente lo scenario meno probabile.
Ipotizziamo comunque un abbandono di Draghi, quali sarebbero le conseguenze per l’Italia? Ci sarebbero i costi legati all’aumento dello spread che ad oggi, 15 luglio, ha già raggiunto i 230 punti base con rendimento decennale al 3.4%, ed assisteremmo alla fuga di capitali da Piazza Affari, ma come accennato non sarebbe che l’inizio.
Ci sarebbero poi degli effetti concreti e quanto mai tangibili per le tasche dei cittadini, con il decreto Aiuti che resterebbe impantanato per non si sa quanto tempo in caso di caduta del governo. Un decreto per il quale l’attuale esecutivo aveva stanziato qualcosa come 10 miliardi di euro, e che avrebbe dovuto fare da apripista per la Legge di Bilancio 2023.
Ricordiamo poi che tra le varie misure inserite in questo decreto che ha già superato sia l’esame della Camera che del Senato, ci sono il bonus una tantum da 200 euro per lavoratori e pensionati, che sarebbe dovuto arrivare già nel mese di luglio, alcune novità sul Superbonus e altri interventi che resterebbero in stallo fino a data da destinarsi.
Poi c’è la questione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), con il rischio che la tranche estiva da 21 miliardi di euro salti in caso di caduta del governo. Non dimentichiamo a tal proposito che l’erogazione delle risorse europee è strettamente collegata ad una serie di dossier su cui sta lavorando il governo Draghi.
Complessivamente ci sono in gioco 200 miliardi di euro previsti dal Next Generation Eu, con l’Italia primo beneficiario, ed anche in questo caso la figura di Mario Draghi risulta di essere in qualche modo una garanzia per quel che riguarda la gestione dei finanziamenti, e in caso di elezioni anticipate verrebbe improvvisamente a mancare.
Con l’addio di Draghi si fermerebbe l’intera azione dell’attuale esecutivo nell’attesa della formazione di una nuova maggioranza e di una nuova squadra di governo, cosa che richiede anzitutto alcuni mesi di attesa e preparazione, dopodiché non è detto che il lavoro riprenderà da dove è stato interrotto, né tantomeno che si seguano gli stessi progetti.
E ci sono diversi dossier che resterebbero bloccati se Draghi decidesse di lasciare la guida del Paese, tra i quali abbiamo la privatizzazione di Mps e Alitalia, la Popolare di Bari e la nascita della società per la Rete Unica Tim-Open Fiber.
Per non parlare dei ritardi nella stesura della nuova manovra economica, che naturalmente dovrebbe essere fatta in autunno. E questa legge di bilancio sarebbe anche quella con cui il governo andrà ad affrontare temi cruciali come gli interventi anti-crisi, il taglio del cuneo fiscale per il rilancio del mercato del lavoro, e il salario minimo per allinearsi alle disposizioni di Bruxelles e a quanto già fatto dalla maggior parte dei Paesi membri.
E non dimentichiamo che con il decreto Aiuti dovevano essere introdotte diverse misure importanti a sostegno di imprese e famiglie di fronte ai rincari dei prodotti energetici. Con l’addio di Draghi rischiano di saltare il bonus energia per le imprese e i vari bonus bollette destinati soprattutto alle famiglie con reddito basso.
L’addio di Draghi preoccupa Gentiloni: il problema del gas
Ultimo ma decisamente non meno importante del resto, il problema del gas, con l’ormai presumibilmente inevitabile stop delle forniture da parte della Russia. Sembra sia solo questione di tempo prima che il presidente russo Vladimir Putin chiuda i rubinetti all’Europa, ed i timori che ciò accada sono sempre più diffusi.
In questo contesto ricordiamo che l’attuale esecutivo sta portando avanti il programma per lo stoccaggio di gas in vista della stagione fredda, nell’intento di raggiungere un livello di scorte sufficientemente alto da ridurre al minimo gli effetti di uno stop delle forniture da parte di Gazprom.
Chiaro è che per raggiungere l’indipendenza energetica dalla Russia c’è ancora tanta strada da fare ed occorrerebbero anni sia per l’Italia che per la maggior parte dei Paesi Ue, e nel frattempo Mario Draghi sta lavorando per assicurare forniture di gas dal nord Africa e dal Medio Oriente.
Anche su questo fronte si rischia di andare incontro ad un forte rallentamento se il governo attuale dovesse cadere e si decidesse di ridare la parola agli elettori. Lo stesso commissario europeo, Paolo Gentiloni, ha espresso preoccupazione in merito.
“Rispetto all’evoluzione politica in Italia, io parlo spesso di acque agitate. In queste acque agitate con guerra, alta inflazione, rischi energetici, tensioni geopolitiche, la stabilità è un valore in sé e penso che in questo momento serva coesione e non procurare instabilità” ha dichiarato ieri Gentiloni “quindi noi seguiamo la situazione italiana ovviamente con tutto il distacco del caso dal punto di vista ufficiale. Dal punto di vista personale il distacco è un po’ più relativo, ma comunque la seguiamo direi con preoccupato stupore“.
Il commissario europeo ha poi colto l’occasione per sottolineare l’importanza di tenere in vita questo esecutivo. Se “non ci fosse un governo di larghissima maggioranza si tratterebbe di inventarlo in questo momento” ha detto infatti Gentiloni “creare invece situazioni opposte certamente non favorisce il nostro Paese”.
E più nello specifico per quel che riguarda il possibile stop delle forniture di gas dalla Russia il commissario ha ricordato: “siamo in acque molto agitate e potremmo trovarci a dover fronteggiare una tempesta perché abbiamo una guerra in corso, rischi sulle forniture energetiche e un’inflazione molto alta. Quindi è il momento della coesione nazionale, della stabilità e di fare fronte comune”.
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