Con lo stop alle importazioni di prodotti energetici dalla Russia, l’Italia si affanna a tenere sotto controllo il prezzo dei carburanti e fa fatica a ridurre l’impatto sulle bollette di gas e luce, ma nel frattempo Mosca si rivolge ad altri compratori a cominciare dall’India, il Paese più popoloso del mondo, che diventa il primo importatore di petrolio russo su scala globale.
Il petrolio russo finisce in India invece che in Europa, ecco l’effetto dell’embargo
L’Unione Europea ha imboccato con grande convinzione e non poca audacia, viste le misere risorse energetiche su cui è in grado di contare, la strada delle sanzioni contro la Russia con l’embargo dei prodotti energetici.
Il risultato è che il petrolio che non viene venduto in Europa prende un’altra direzione e viene esportato a est, dove la Russia può rivolgere a due dei Paesi più industrializzati del mondo, Cina e India, nonché i due Paesi più popolosi del mondo con oltre 3 miliardi di persone complessivamente.
E l’India in particolare nel mese di aprile è diventata il primo importatore al mondo di petrolio russo. I dati ufficiali dicono che lo scorso mese ha importato qualcosa come 627 mila barili al giorno, contro i 247 mila barili di marzo e gli 0 barili di febbraio.
A segnalare il dato è S&P Commodities, che evidenzia come in passato il petrolio russo arrivasse a coprire a stenti il 3% dei consumi del Paese. D’altra parte il greggio russo parte dai porti che si affacciano sul mar Baltico, il che significa che il viaggio per raggiungere l’India è piuttosto lungo e questo fa lievitare i costi.
Ma dal momento che i Paesi occidentali hanno deciso di interrompere l’import di prodotti energetici l’India è improvvisamente diventato un valido partener commerciale, mentre prima riceveva petrolio prevalentemente dall’Iran e altri Paesi vicini al golfo Persico.
Il petrolio russo venduto all’India a prezzo scontato
L’export russo si concentra quindi sulle alternative ad est, a cominciare dall’India a quanto vediamo, ma per rendere appetibile il prodotto Mosca si trova costretta ad abbassare il prezzo.
Stando a quanto emerge dalle rilevazioni di aprile, il costo medio di un barile di qualità Ural si aggira intorno ai 69 dollari, cioè 30-40 dollari in meno rispetto al prezzo medio degli altri petroli.
Per l’India si tratta di un vero affare. Tenendo conto che dall’inizio dell’operazione speciale russa in Ucraina l’India ha acquistato in tutto circa 40 milioni di barili di petrolio russo, superando le quantità che aveva acquistato nell’intero anno 2021, il risparmio si aggira approssimativamente intorno agli 1,5 miliardi di dollari.
Inoltre l’inflazione si fa sentire anche in India, con la banca centrale che ha già annunciato proprio in questi giorni un inatteso aumento di 40 punti base dei suoi tassi di interesse che raggiungono così il 4,4%. Questo è il primo rialzo deciso dalla banca centrale da agosto 2018, ed arriva dopo che l’inflazione ha sfiorato il 7% a marzo, toccando per l’esattezza il 6,95%, che è il livello più alto degli ultimi 17 mesi.
In questo contesto avere la possibilità di acquistare petrolio a prezzo scontato è doppiamente un affare, permettendo di tenere basso il costo dei carburanti. Non c’è da stupirsi quindi se gli avvertimenti di Washington, circa possibili ripercussioni nel lungo termine di una politica di vicinanza con la Russia, sono stati completamente ignorati.
La Casa Bianca sperava infatti di dissuadere il governo indiano dall’acquistare grandi quantità di petrolio russo, ma il governo di Narendra Modi evidentemente non ha nessuna intenzione di rinunciare all’affare. Anzi, pare che Nuova Dehli stia valutando di far leva su queste pressioni politiche per ottenere sconti ancor più vantaggiosi.
Ricordiamo che la Russia è uno dei tre principali Paesi produttori di petrolio al mondo insieme a Stati Uniti e Arabia Saudita, e produce circa 10 milioni di barili al giorno che per la maggior parte sono destinati all’export.
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