A mettere in difficoltà il governo di Mario Draghi non sono state le infinite proroghe dello stato di emergenza, né l’imposizione dell’obbligo vaccinale per gli over 50, oppure la misura discriminatoria del Super Green pass, bensì la riforma del catasto.
Pare infatti che la maggioranza si sia trovata a dover affrontare un acceso dibattito sul tema della delega fiscale, un documento che si compone di 10 articoli attraverso il quale si traccia la linea che il governo intende seguire per raggiungere gli obiettivi che si è prefissato.
La riforma del catasto che in questi giorni ha spaccato la maggioranza è contenuta in uno solo di quei 10 articoli, nel numero 6 per l’esattezza. Il governo di Mario Draghi, dopo aver attuato il primo passo che è stato il taglio dell’Irpef e la modifica degli scaglioni con la loro riduzione da 5 agli attuali 4, rischia di impantanarsi sul passo della riforma del catasto.
Il presidente del Consiglio Mario Draghi ha più volte tentato di rassicurare gli interlocutori sul fatto che l’obiettivo che si prefigge di raggiungere con la riforma del catasto, non è quello di cambiare le aliquote di imposizione, bensì intervenire per una maggior trasparenza attraverso una revisione delle rendite catastali.
Perché la riforma del catasto rischia di innescare una crisi di governo
È chiaro che nel momento in cui si va a toccare il delicato tema del patrimonio, in questo caso di quello immobiliare, il rischio di alimentare determinati timori è piuttosto alto, timori che, peraltro, potrebbero anche essere del tutto fondati.
Insomma quello della riforma del catasto è sicuramente un progetto ambizioso che in qualche modo è stato accuratamente evitato dagli ultimi governi. Quello di Mario Draghi ha però deciso di intervenire anche sul mattone e questo ha subito innescato i meccanismi che ci si aspettava, facendo nascere dissidi e prese di posizione.
Ma cosa sta succedendo esattamente e per quale motivo la riforma del catasto cui sta lavorando il governo dell’ex presidente della BCE preoccupa così tanto alcuni esponenti politici? Come abbiamo accennato in apertura la legge delega sulla riforma fiscale si compone di 10 articoli, e solo il sesto riguarda il catasto.
Per spiegare la legge delega in poche parole possiamo dire che si tratta di un documento nel quale vengono tracciate le linee d’azione del governo ed i principi generali della riforma. Poi, attraverso l’emanazione dei vari decreti attuativi, il governo provvederà a definire tutti i dettagli operativi, restando però all’interno dei confini tracciati con la legge delega appunto.
La legge delega in sostanza getta le basi e indica la direzione in cui il governo ha indenzione di andare, ed in particolare nell’articolo 6 indica a grandi linee come sarà strutturata la riforma del catasto.
Il governo è tornato a lavorare per mettere a punto la riforma fiscale dopo uno stop di diversi mesi, e sull’articolo 6, quello che riguarda la riforma del catasto, la sottosegretaria al ministero dell’Economia e delle Finanze, Maria Cecilia Guerra, ha dato una sorta di ultimatum nel suo recente intervento alla commissione Finanze della Camera.
“Se l’articolo 6 non è approvato si ritiene conclusa l’esperienza di governo” ha infatti affermato la Guerra provocando immediate reazioni da parte di alcune forze politiche a cominciare dalla Lega di Matteo Salvini. La seduta è stata immediatamente sospesa ed è stato convocato l’ufficio di presidenza.
Le operazioni di voto sono state quindi rimandate alla giornata di oggi, giovedì 3 marzo, anche grazie alla mediazione di Forza Italia, che ha chiesto più tempo per valutare il da farsi.
Cosa prevede la riforma del catasto del governo Draghi
Il presidente del Consiglio ha tenuto a precisare più volte che alla base della riforma del catasto cui sta lavorando il governo vi è una operazione di trasparenza. In tal senso l’esecutivo si impegna a far accatastare tutti quegli immobili che oggi non lo sono, qualsiasi terreno o fabbricato presente sull’intero territorio nazionale.
Al tempo stesso si provvederà anche alla revisione delle rendite catastali adeguandole alle rendite di mercato. Un’operazione questa in particolare che, secondo le stime dell’esecutivo, dovrebbe richiedere 5 anni.
Dovrebbero però rimanere invariate le rendite della tassazione di oggi, in quanto l’obiettivo non sarebbe quello di modificare l’imposizione patrimoniale. Il primo passo sarà quello di investire sulla predisposizione di strumenti necessari ad effettuare l’accatastamento degli immobili non censiti o mal censiti, anche per mezzo degli incentivi destinati allle attività di accertamento dei Comuni.
Entro il 2026 a ciascuna unità immobiliare (fabbricati e terreni) dovranno essere attribuiti:
- rendita catastale
- valore patrimoniale e una rendita attualizzata sulla base dei valori di mercato
Deve inoltre essere definito un meccanismo di adeguamento periodico, ma tutte queste informazioni, assicura il governo, non saranno utilizzate per determinare la base imponibile dei tributi.
Le informazioni raccolte dovranno in ogni caso essere disponibili a partire dal 1° gennaio 2026, ma non dovrebbero comunque avere alcun impatto fiscale. In altre parole non dovrebbero determinare alcuna variazione sulla base imponibile dei tributi, quanto meno questo è quanto un comma dell’articolo 6 sembra stabilire.
Cosa chiedono i partiti politici contrari a questa riforma del catasto
Stando a quanto riferisce Il Corriere, il governo di Mario Draghi non ha alcuna intenzione di cedere di fronte alle richieste dei partiti che non approvano la riforma del catasto così come viene definita a sommi capi dall’articolo 6 della legge delega.
D’altra parte abbiamo già ampiamente avuto modo di constatare la scarsa propensione al dialogo dell’attuale esecutivo, che continua a fare ampio ricorso alla questione di fiducia per approvare in blocco i vari decreti, saltando l’intero dibattito parlamentare.
Sul tema della riforma del catasto a ricoprire il ruolo di intermediario tra il governo e le forze politiche in disaccordo è il deputato di Italia Viva, Luigi Marattin. Ma quali sono esattamente le richieste dei partiti che si stanno opponendo a questa riforma del catasto?
Forza Italia ritiene che il governo di Mario Draghi stia mettendo in atto un “braccio di ferro incomprensibile” mentre secondo la Lega approvare la riforma del catasto così come si presenta sarebbe da irresponsabili.
Su Il Sole 24 Ore abbiamo modo di leggere le recenti dichiarazioni sulla questione riforma del catasto dei capigruppo della Lega nelle commissioni Bilancio e Finanze, Massimo Bitonci e Giulio Centemero, secondo i quali “il Parlamento ha tutto il diritto di discutere e presentare emendamenti laddove non ci sia convergenza sul provvedimento”.
“Mentre c’è un conflitto in pieno corso in Ucraina e il costo dell’energia è alle stelle, non ci sembra questo il momento di ricorrere alle maniere forti e di portare il dibattito allo scontro istituzionale” osservano dal Carroccio.
Pperaltro, lo stesso governo e diversi gruppi di maggioranza hanno già riconosciuto l’inutilità di un intervento di riforma del catasto se la finalità è solo quella di una mera indagine statistica per scovare gli immobili-fantasma” ragionano i deputati leghisti, che formulano quindi un’ipotesi “il ricatto conferma il dubbio che ci siano dietro altre logiche, come quella di tassare la casa”.
Il presidente di Noi con l’Italia, Maurizio Lupi, ha intanto ritirato la firma dall’emendamento che era stato sottoscritto da tutto il centrodestra per lo stralcio, ed ha invece chiesto che si offra una mediazione in grado di giungere ad una soluzione che “tenga insieme le diverse esigenze, una revisione del catasto senza alcuna conseguenza sulle imposte sulla casa”.
La riforma invece sembra piacere abbastanza a Liberi e Uguali, che non solo ritiene che vada bene così com’è, ma spinge perché il governo accorci i tempi, e anticipi la riforma del catasto di tre anni rispetto alla tabella di marcia indicata dall’esecutivo, quindi al 2023 invece che al 2026.
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