Quella di un lockdown per tutti, vaccinati e non vaccinati, è un’ipotesi tutt’altro che remota, e per quanto si vorrebbe poterla escludere categoricamente viste le elevate percentuali di popolazione che ha ricevuto il vaccino, il governo di Mario Draghi ci sta già pensando.
A rivelarlo è un retroscena di Affari Italiani, secondo il quale ciò che sta accadendo in altri Paesi d’Europa, come l’Austria (dove c’è una delle più basse percentuali di popolazione interamente vaccinata) o l’Irlanda (dove la percentuale di persone vaccinate è la più alta d’Europa ma vi è anche il più elevato tasso di contagi) starebbe inducendo il nostro governo a valutare tutte le alternative, compreso un nuovo lockdown nazionale.
Si tratterebbe in questo caso di una chiusura generalizzata di tutte le attività non essenziali, come accaduto ormai quasi due anni fa, ma questa volta si collocherebbe nel contesto di una popolazione che per l’85% circa dovrebbe, e qui il condizionale è quanto mai d’obbligo, essere protetta quanto meno dalla forma grave della malattia grazie al vaccino.
A quanto pare questo non basta per escludere la possibilità che ci si ritrovi tutti di nuovo agli ‘arresti domiciliari’, vaccinati e non, protetti (o presunti tali) e non. Complice anche l’arrivo della variante sudafricana, che ha già trovato la sua collocazione nell’alfabeto greco alla lettera Omicron, il secondo lockdown nazionale non è affatto un’ipotesi irrealistica.
Che sarebbero potute venir fuori varianti resistenti, o meglio, ancor più resistenti ai vaccini attualmente in circolazione si sapeva già da tempo. Come si sapeva d’altro canto che vaccinare in piena pandemia avrebbe portato, specie con un vaccino che non dà un’immunità né dal contagio né dalla malattia, alla nascita di nuove varianti (cosa che tra l’altro lo stesso Galli aveva spiegato con chiarezza diversi mesi fa).
Ed eccoci qua alle prese con un nuovo rischio lockdown che, forse è il caso di evidenziarlo, difficilmente sarà scongiurato al raggiungimento del 90% di vaccinati su cui tanto spinge l’attuale esecutivo guidato da Mario Draghi.
Tutta Italia a rischio secondo lockdown?
Con il decreto Super Green Pass il governo ha tracciato la strada da seguire, e relative tappe, fino al dopo festività natalizie. La durata delle restrizioni per i non vaccinati infatti ha decorrenza a partire dal 6 dicembre fino al 15 gennaio 2022, dopodiché sarà tutto da vedere.
La prima cosa che scopriremo intorno a fine anno è quanto sarà prorogato lo stato di emergenza, sebbene il presidente del Consiglio abbia già anticipato l’intenzione di voler mantenere in piedi tanto la struttura commissariale del generale Francesco Paolo Figliuolo quanto il Comitato tecnico scientifico (Cts) anche una volta fuori dallo stato di emergenza.
In sostanza non sarà certo una sorpresa scoprire che dopo la fine dello stato di emergenza sulla carta resteremo a tempo indeterminato in uno stato di emergenza di fatto.
Ma torniamo all’ipotesi lockdown nazionale, su Libero Quotidiano leggiamo che “le preoccupazioni maggiori circolerebbero in Parlamento, tra i deputati della maggioranza” circa il fatto che se dopo la Befana la situazione dovesse risultare “nettamente peggiorata e simile a quella di Germania e Austria, l’esecutivo dovrà adeguarsi adottando misure pesanti”.
Ed è lo stesso quotidiano che ci conferma che tra queste misure pesanti non è previsto l’obbligo vaccinale per tutti. Si tratta, in questo caso, di un’ipotesi da escludere perché sarebbero fonti dello stesso governo a farlo. “Il risultato potrebbe essere solo un enorme caos, soprattutto per quel che riguarda la gestione delle sanzioni” confermano su Libero.
Torniamo così all’altra ‘misura pesante’ al vaglio dell’esecutivo, e cioè il lockdown generale. Se la situazione lo richiede, per quanto possa sembrare assurdo, il lockdown nazionale ci sarà, e per quel che riguarda la sua durata si parla di almeno tre o quattro settimane.
Questo se non altro è quanto prevede Alberto Maggi, retroscenista di Affari Italiani. Si tratterebbe di una zona rossa nazionale con una lunga serie di pesanti ripercussioni economiche per tutte le attività cosiddette ‘non essenziali’ che si troverebbero ancora una volta costrette ad abbassare la saracinesca.
E con il danno non manca la beffa, per le suddette attività, di aver accettato tutte le disposizioni calate dall’alto, da quelle meno insensate a quelle totalmente assurde, chinando la testa anche quando si trattava di discriminare i cittadini persino nella consapevolezza che a pagare il prezzo di questa discriminazione sarebbero state prima di tutto le stesse attività.
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