La decisione del governo ormai è chiara, nel dichiarato intento di contenere la quarta ondata di Covid-19 si punta tutto sui vaccini e pertanto si va verso il cosiddetto Super Green Pass, o green pass ‘rafforzato’, e verso l’obbligo della terza dose per i sanitari. Inoltre ila durata del green pass verrà ridotta da 12 a 9 mesi per tutti in modo da spinegere i cittadini ad accettare la somministrazione della terza dose.

Il numero dei nuovi casi giornalieri continua ad aumentare, e si tratta di un trend che, seppur con enormi differenze, interessa l’intero territorio nazionale.

Non si riesce tuttavia a trovare una correlazione, ad esempio osservando i dati dei vari Paesi Ue, tra percentuale di popolazione completamente vaccinata e andamento del contagi (in Irlanda con la più alta percentuale di cittadini vaccinati d’Europa si ha anche il più grande picco dei contagi).

In Italia alcune Regioni si trovano a fare i conti con numeri molto meno rassicuranti di altre, e ve ne sono in particolare due che sono praticamente già in zona gialla a partire da lunedì 29 novembre, mentre almeno altre tre Regioni corrono lo stesso rischio ma potrebbero anche resistere una settimana o due in più.

Due Regioni in zona gialla dal 29 novembre, ecco quali

L’Italia ad oggi è ancora tutta in zona bianca, ma la cosa non durerà. Le prime Regioni a passare in zona gialla, ed ormai è quasi matematicamente certo, sono il Friuli Venezia Giulia e l’Alto Adige e ciò avverrà lunedì 29 novembre.

In realtà, e questo non può che offrire spunti di riflessione, le soglie per il passaggio dalla zona bianca alla zona gialla, in Friuli sono già state superate il 19 novembre, eppure le ulteriori restrizioni previste dal passaggio alla nuova fascia di rischio scatteranno solo dal 29 novembre.

Questo indicherebbe una certa inadeguatezza del sistema a fasce di rischio nel caso di rapida evoluzione della situazione epidemiologica. C’è anche da dire che vi sono ben poche differenze tra le restrizioni valide in zona bianca e quelle per la zona gialla, senza contare che con oltre l’80% della popolazione vaccinata ci si aspetta di avere quanto meno dei margini molto più ampi.

L’efficacia della strategia con cui si è deciso di affrontare la diffusione del Covid, e peggio ancora l’efficacia del vaccino e del modo in cui la campagna vaccinale è stata portata avanti, non possono essere messe in discussione.

A fare alcune critiche costruttive ci ha provato proprio in questi giorni lo stesso Andrea Crisanti, intervistato in trasmissione da Mirta Merlino, il quale ha cercato di sottolineare come il problema non siano i cosiddetti ‘no vax’, suggerendo di modificare radicalmente l’approccio. Parole che cadono nel vuoto e che non innescano alcun dibattito politico volto ad individurare strade diverse e auspicabilmente più efficaci per affrontare la quarta ondata.

Quanto alle Regioni che rischiano il passaggio in zona gialla, oltre al Friuli e alla provincia autonoma di Bolzano, troviamo la Liguria, le Marche e la Calabria, ma per sapere se il passaggio sarà anche per loro già lunedì 29, si dovranno attendere i dati di giovedì.

La Calabria ha un’incidenza di nuovi casi a 64,5, con 11,6% di occupazione posti letto in area medica e un 6,5% nelle terapie intensive. Le Marche hanno invece incidenza 132,9, occupazione area medica 7%, e terapie intensive 9,1%. La Liguria infine ha un 129,5% di incidenza nuovi casi settimanali, 6,6% di occupazione reparti area medica e 8,4% nelle terapie intensive.

Ad avere una incidenza di nuovi casi settimanali per 100 mila abitanti sotto la soglia prevista per il passaggio in zona gialla, che è fissata a 50, sono solo tre Regioni: Puglia, Basilicata e Sardegna.

Quali novità con il prossimo decreto Covid

Intanto il governo sta valutando in che modo intervenire, ed è per stabilire una linea d’azione che ci sarà prima di tutto l’incontro con le Regioni nella giornata di domani, martedì 23 novembre, e poi il Consiglio dei Ministri nel corso del quale si valuterà l’emanazione di un nuovo decreto con il quale si introdurranno diverse novità che riguardano soprattutto il Green Pass.

Nello stesso decreto ci sarà anche l’obbligo di terza dose per chi lavora in ambito sanitario e per gli operatori delle Rsa, ma non solo. Il testo dovrebbe contenere anche l’anticipo della somministrazione della terza dose invece che dopo 6 mesi, dopo 5 mesi dal completamento del primo ciclo vaccinale.

Infine, sempre con questo decreto cui il governo sta lavorando in questi giorni, si andrà a ridurre la durata del Green Pass per chi lo ottiene attraverso la vaccinazione da 12 a 9 mesi, con la possibilità quindi di ottenere la proroga della sua validità per ulteriori 9 mesi ricevendo la terza dose. 

Ma soprattutto il nuovo decreto Covid dovrebbe introdurre il Super Green Pass, un green pass rafforzato che verrebbe rilasciato a tutti, compresi coloro che presentano un tampone con esito negativo, per andare al lavoro, per utilizzare i mezzi pubblici a lunga percorrenza e i servizi essenziali ma che verrebbe rilasciato solo a vaccinati e guariti dal Covid per l’accesso ad altri servizi ‘non essenziali’.

Un Green Pass a due velocità, che impedirebbe a chi non ha ricevuto il vaccino di accedere a palestre, ristoranti al chiuso, stadi, cinema, teatri, in una moderna forma di apartheid sempre più difficile da giustificare sulla base di evidenze scientifiche, che non trova sostegno peraltro neppure nei più eloquenti dati statistici.

Proroga stato di emergenza solo fino al 30 gennaio

Secondo quanto leggiamo su Il Corriere della Sera, il nuovo decreto Covid dovrebbe essere pronto “entro pochi giorni”, ed è lo stesso quotidiano a preannunciare la proroga dello stato di emergenza probabilmente solo fino al 30 gennaio 2022, con la previsione però di intervenire nei giorni immediatamente prima di Natale per modificare la legge in modo da poter spostare la scadenza anche ben oltre questa data.

Le intenzioni del governo guidato da Mario Draghi infatti sono quelle di portare avanti lo stato di emergenza probabilmente anche fino alla prossima estate, senza escludere naturalmente che si possa andare anche oltre.

Ma la legge che introduce la possibilità di dichiarare lo stato di emergenza, che è il dlgs 1/2008, prevede una durata massima di 24 mesi, e l’idea di superare questo limite non è poi di così immediata attuazione pratica.

Si tratta infatti di una forzatura che può avvenire in tre modi: il governo può decidere infatti di modificare il decreto del 2008 del Codice della Protezione Civile, portando il limite a 27 mesi ad esempio, o anche più. In alternativa potrebbe optare per una proroga dello stato di emergenza in deroga al dlgs 1/2018 senza intervenire con alcuna modifica dello stesso.

L’ultima opzione sarebbe quella di dichiarare un nuovo stato di emergenza, in altre parole cambiare la forma ma lasciare invariata la sostanza. Se lo stato di emergenza attuale, legato alla pandemia di Covid-19 può durare al massimo fino al 30 gennaio, allora, quanto meno secondo alcuni giuristi che si sono espressi nei mesi scorsi, si potrebbe decidere di proclamarne uno nuovo fondato su una crisi “inedita”. Qui poi non resta che lasciare libero sfogo alla fantasia.

C’è da dire anche che lo stato di emergenza nasce per tutt’altre circostanze, ed in passato è stato decretato per far fronte a situazioni territoriali nel caso di alluvioni, terremoti e altri disastri di questo tipo.

Quello che è stato fatto fin qui della norma sullo stato di emergenza in un certo qual modo è un uso improprio, ma sarebbe ancor più inappropriato ricorrervi per portare avanti la campagna vaccinale.

Su Today.it viene fatto notare a tal proposito che “uno stato di emergenza, preso ‘in prestito’ da un decreto nato per altri fini, dopo quasi 2 anni appare a molti una forzatura visto che una emergenza in senso stretto è qualcosa di immediato. Il Parlamento ha avuto 20 mesi di pandemia di tempo per pensare ad altri strumenti con cui emanare decreti e leggi, non in emergenza, con l’obiettivo di tutelare la salute di tutti”.

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