Si tratta di una delle voci cui viene concesso maggiore spazio dai media nazionali, ma quella di Roberto Burioni sul pass verde italiano potrebbe restare una opinione isolata perché almeno fino a questo momento il Governo guidato dall’ex presidente della Bce sembra avere tutta l’intenzione di permettere il rilascio del pass vaccinale anche a chi ha fatto un tampone con esito negativo.

Il pass verde, che stando a quanto stabilito dall’ultimo decreto Covid può essere rilasciato a chi ha ricevuto entrambe le dosi del vaccino, a chi è guarito dal Covid-19 e a chi ha effettuato un tampone molecolare o antigenico con esito negativo nelle 48 precedenti, potrebbe diventare realtà in Italia già a partire da metà maggio.

Non tutti però sono d’accordo sull’idea che questo pass debba essere rilasciato anche a chi può esibire un tampone negativo fatto massimo 48 ore prima. È di questo parere infatti Roberto Burioni, il virologo dell’Università Vita-Salute San Raffele di Milano, che via social si è scagliato contro questa decisione che l’esecutivo guidato da Mario Draghi sembra aver ormai preso.

“Il tampone recente per avere il ‘green pass’ è un pericolosissimo controsenso” ha scritto su Twitter il noto virologo “dal punto di vista medico, gli unici che potrebbero muoversi con maggiore libertà sono i vaccinati e i guariti. Il resto è una sciocchezza”.

Un parere che non solo non è condiviso dagli altri virologi cui i media mainstream offrono spesso e volentieri la parola, ma nemmeno dall’esecutivo che per il momento sembra continuare a muoversi nella direzione indicata dall’ultimo decreto Covid.

Burioni peraltro non si mostra in grado di offrire soluzioni, ma si limita solo a dissentire. “Qualcuno giustamente chiede: ‘ma se mi voglio vaccinare e non mi vaccinano è giusto non darmi il pass?’ Domanda legittima” dice Burioni “ma posta alla persona sbagliata. Il tema è politico, non scientifico. Dal punto di vista medico chi non è immune può contrarre e diffondere il virus” spiega il virologo, tralasciando il particolare che anche chi ha ricevuto entrambe le dosi del vaccino può ancora contrarre e diffondere il virus.

Come funziona e chi può ottenere il pass verde

Il pass verde italiano dovrebbe essere rilasciato, come abbiamo visto, a quei cittadini che risultano in possesso di uno dei tre requisiti previsti, vale a dire vaccinazione contro il Covid, guarigione dal Covid oppure tampone negativo al Covid fatto 48 ore prima.

Quale dovrebbe essere la funzione del pass verde? Il governo ha spiegato che servirà per permettere spostamenti in sicurezza su tutto il territorio nazionale anche tra Regioni inserite in fasce di rischio diverse, quindi tra zona arancione e rossa, o tra zona gialla e arancione e coì via. In seguito il pass potrebbe essere utilizzato anche per consentire l’accesso a manifestazioni pubbliche come eventi sportivi o concerti, ma ancora nulla di certo.

Quel che sappiamo inoltre è che se il pass verde italiano potrebbe essere introdotto già a partire da metà maggio, per quello europeo si dovrà attendere almeno il mese di giugno. I due pass non dovrebbero presentare grosse differenze l’uno dall’altro, e in entrambi i casi dovrebbero consentire spostamenti in sicurezza dal punto di vista della trasmissione del Covid.

Non bisognerà necessariamente essere in possesso del pass, almeno per quel che riguarda gli spostamenti in Italia, laddove a motivare lo spostamento può intervenire l’autocertificazione. Possono quindi spostarsi anche tra Regioni di colore diverso coloro che lo fanno per comprovate esigenze lavorative, per motivi di salute o per assoluta necessità.

Quando arriva il pass europeo

Per quanto riguarda il pass europeo, sull’adnkronos leggiamo che “il sistema europeo che produrrà i ‘Certificati Verdi Digitali’ (green pass) validi in tutta l’Ue sarà ‘tecnicamente operativo’ il primo giugno prossimo“. La fonte sarebbe un alto funzionario dell’Ue, ma viene anche specificato che l’attuazione pratica è poi legata all’andamento dei negoziati tra Parlamento europeo e Consiglio.

L’obiettivo che è stato fissato in ogni caso è quello di partire con i pass entro la fine del mese di giugno e, come specificato dall’adnkronos “a quel punto, una volta adottato il regolamento, il Green Pass non sarà ‘un optional’ bensì ‘un diritto’ di ogni cittadino dell’Ue per legge”.

L’Europa è divisa sostanzialmente in due gruppi per quanto riguarda il cammino verso il green pass. Il primo comprende Francia, Malta, Olanda, Lussemburgo, Estonia, Svezia, Croazia, Bulgaria, Spagna, Italia, Lituania, Germania, Repubblica Ceca, Austria, Islanda e Grecia e darà il via alla fase test “verso il 10 maggio”.

Nel secondo gruppo troviamo invece: Lettonia, Romania, Cipro, Irlanda, Portogallo, Polonia, Danimarca e Slovenia. Questi Paesi avvieranno la fase di test alla fine del mese di maggio. Vi è poi un terzo gruppetto che comprende Ungheria, Belgio, Norvegia, Lichtenstein e Slovacchia che hanno deciso di non prendere parte alle fasi di test e di connettersi alla piattaforma direttamente nella fase di attuazione.

A cosa serve il green pass? Il progetto risale a 20 mesi prima del Covid

Il pass verde verrà utilizzato non solo per spostarsi da un Paese all’altro ma, stando a quanto emerso nelle ultime settimane, almeno in alcuni Paesi sarà necessario per entrare nei negozi, andare a ristorante, prenotare un albergo, andare al cinema, a teatro o iscriversi in piscina o alla palestra.

Ma tutto questo, almeno apparentemente, sembra essere una più o meno diretta conseguenza della pandemia di Coronavirus, per questo non può che suonare quantomeno strano che in realtà la pianificazione dei “passaporti vaccinali” sia iniziata almeno 20 mesi prima che iniziasse la pandemia di Covid-19.

Non sarebbe quindi l’attuale ’emergenza sanitaria’ ad aver ‘costretto’ i governi a correre ai ripari e ad adottare misure come il pass verde, ma si tratterebbe di un progetto di quasi due anni prima dell’arrivo del Covid.

Se ne parla in un articolo de L’Indipendente online, dove viene spiegato che “la Commissione europea, già il 26 aprile 2018, aveva prodotto un documento in cui si proponeva per la prima volta l’idea del ‘pass vaccinale’. L’anno successivo sono stati specificati i piani di proposta per l’attuazione di un documento elettronico utile per i viaggi transfrontalieri, prevedendo di poter legiferare in materia entro il 2022″.

È sempre sullo stesso giornale online che viene spiegato che uno dei punti chiave del documento di pianificazione del 2019 sembra essere quello di offrire supporto ai Paesi dell’Ue nel “contrastare l’esitazione dei vaccini” e si fa riferimento al sostegno per l’autorizzazione di “vaccini innovativi”. Tra gli obiettivi vengono fissati quelli di migliorare la capacità produttiva dell’Ue nonché lo stoccaggio dei vaccini.

Un mercato dei vaccini che non può che trarne rinnovato vigore, con la previsione che il suo valore totale raggiunga i 100 miliardi di dollari di vendite e i 40 miliardi di dollari di profitti netti. Numeri destinati inevitabilmente a crescere considerevolmente in considerazione del fatto che occorreranno vaccinazioni annuali su larga scala contro le varianti per non è dato sapere quanti anni ancora.

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