Per il 2021 il Documento di Economia e Finanza (Def) arrivato sul tavolo del Cdm prevede un ulteriore scostamento di bilancio per 40 miliardi di euro. A questo si aggiunge il progetto di istituire un fondo aggiuntivo del valore di 30 miliardi per finanziare alcuni dei progetti previsti nell’ambito del Recovery Plan, che sarà finanziato in deficit per l’intera durata del piano 2021-2026.
Di sicuro per quel che riguarda cifre e dati vi è ancora ben poco, ma si stanno susseguendo in questi giorni le varie riunioni per mettere a punto quel pacchetto di finanza pubblica che si andrà a collocare in un contesto a dir poco spinoso.
Il governo guidato dall’ex presidente della Banca Centrale Europea si troverà infatti alle prese con il maxiscostamento di bilancio anticrisi da una parte e il Recovery Plan più il Documento di Economia e Finanza dall’altra. Nella giornata di oggi, 14 aprile, il Cdm fissato per le ore 11.30 si limita a dare l’ok allo scostamento di bilancio, mentre l’approvazione del Def dovrà attendere ancora un paio di giorni almeno.
Il decreto Sostegni bis sarà finanziato a deficit
Il nuovo decreto Sostegni cui il governo di Mario Draghi sta già lavorando dovrebbe puntare soprattutto su aiuti per la ripartenza delle imprese. Per finanziare le misure che saranno inserite nel testo di legge il ministero del Tesoro prevede un nuovo giro di deficit con uno scostamento di bilancio che si dovrebbe aggirare intorno ai 40 miliardi di euro per il 2021.
Tra l’altro non è da escludere che questa soglia venga ulteriormente superata per via dell’intervento della quota 2021 dello scostamento pluriennale da cui si intende attingere i 30 miliardi di euro per il finanziamento di alcuni progetti nell’ambito del Recovery Plan.
I 191,6 miliardi di euro che dovrebbero arrivare con il Recovery Fund dall’Ue sembra infatti che non siano sufficienti per finanziare l’intero piano, motivo per cui lo scostamento di bilancio rischia di essere ben più consistente di quanto inizialmente previsto.
Il governo intende potenziare il pacchetto di aiuti per far fronte ad una emergenza economica e sociale senza precedenti che sta alimentando disordini e manifestazioni sempre più partecipate di intere fasce di popolazione letteralmente ridotte alla fame.
Su Il Sole 24 Ore leggiamo a proposito delle misure che il governo intende mettere in campo per far fronte all’emergenza economica e sociale prodotta dalla politica di chiusure e restrizioni che “il fondo nazionale parallelo al Recovery Fund, alimentato in deficit spalmati su sei anni, per una media di 5 miliardi l’anno, servirà a finanziare i progetti eccedenti rispetto ai 191,6 miliardi (tra contributi a fondo perduto e prestiti) che saranno messi a disposizione dall’Unione europea”. Non si sa però se l’intervento partirà nel 2022 oppure già a da quest’anno.
I soldi del Recovery Fund non bastano per le misure inserite nel piano
il Ragionere generale Biagio Mazzotta, ha evidenziato nei giorni scorsi che vi sono delle proposte da parte dei ministeri da inserire nel Recovery Plan per le quali occorrono circa 30 miliardi di euro in più rispetto a quelli che dovrebbero arrivare dall’Ue.
Buona parte delle risorse che mancano servirebbero a finanziare le due principali missioni del piano, vale a dire la transizione ecologica e la transizione digitale, che sono anche quelle sulle quali pende il parere della Commissione Ue, che è uno dei motivi per cui il ministro dell’Economia ha in mente di non scartarli finanziandoli con risorse nazionali.
All’interno del Documento di Economia e Finanza verrà inserita una lista di quei progetti per i quali è previsto ricorrere a risorse provenienti da un ulteriore scostamento di bilancio. Nello specifico dovrebbe trattarsi di progetti che potrebbero non essere conclusi entro il 2026 oppure che potrebbero non essere approvati dall’esecutivo comunitario.
Una parte del finanziamento del Superbonus, che nel nuovo Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) prevede da una parte la proroga dell’agevolazione al 2023 e dall’altra l’estensione del bonus anche ad alberghi e ad altre strutture ricettive turistiche che finora non potevano beneficiarne, potrebbe arrivare proprio da queste risorse.
Il piano per la mobilità
Il fondo nazionale dovrebbe andare anche a finanziare una parte delle infrastrutture per la mobilità sostenibile, con particolare focus su ferrovie locali concesse.
Su Il sole 24 Ore leggiamo a tal proposito che “a fronte di investimenti per oltre 27 miliardi di euro in capo a Rfi, che sarà uno dei perni attuativi del Piano e per questo sarà potenziata con assunzioni, si ritiene che le ferrovie in concessione possano sforare sui tempi e si è preferito quindi mandarle sul binario secondario”.
Viceversa, per quel che riguarda il potenziamento delle strade provinciali interne, di collegamento con la rete Av, si dovrebbe riuscire a rientrare nel Pnrr, tant’è vero che il ministro Giovannini ha già ottenuto l’ok dall’Ue.
Insieme al Pnrr il governo guidato da Mario Draghi prevede di emanare anche due decreti legge, come si evince dallo stesso Def presentato oggi in Cdm. Uno dei due decreti riguarda la semplificazione delle procedure, mentre l’altro riguarda la governance del Piano.
In queste ultime ore si è anche parlato molto della possibilità che si decida di affidare al Cipe un compito di coordinamento nella programmazione, nel vaglio e nell’approvazione evitando di costituire l’ennesima cabina di regia interministeriale a Palazzo Chigi. All’interno del comitato, viene precisato sul noto quotidiano di economia e finanza, “siedono già tutti i ministeri interessati” nonché i presidenti di Regione nel caso di progetti locali.
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