Una crisi economica senza precedenti, lo abbiamo già detto, specie per l’Italia ma non solo, visto che anche altri Paesi soprattutto quelli dell’Ue, sono in condizioni simili per via delle stesse ragioni, basta guardare la Francia, la Spagna o la Grecia.

Una crisi economica prodotta non dalla pandemia di Covid-19 di per sé, è doveroso sottolinearlo e anche questo lo abbiamo già detto più e più volte, ma dalla sua gestione. Non tutti i Paesi, a torto o a ragione, hanno gestito la diffusione del Covid-19 imponendo lockdown e severe limitazioni delle libertà individuali, e quei Paesi che non lo hanno fatto non si trovano ad affrontare nessuna crisi economica.

Insomma la decisione di ‘chiudere tutto’ in Italia ha prodotto, e anche questo lo abbiamo già detto e ripetuto, ben scarsi risultati dal punto di vista del contenimento del contagio, e risultati deflagranti per quel che riguarda l’impatto economico. Il rapporto tra debito pubblico e Pil per l’Italia si avvia a ritmi sostenuti verso il 160% e per ora nessuno ci chiede di invertire la rotta, ma qualche avvertimento inizia ad arrivare.

Dall’Ue avvertono: “la questione del debito andrà affrontata”

Ed eccoci qui, alle prese con la crisi economica più grave dal dopoguerra, e nel bel mezzo di un’emergenza sanitaria che da un anno a questa parte continua ad essere gestita ostinatamente nello stesso identico modo.

Se un anno fa non sapevamo nulla del Sars-nCoV-2 ed ora abbiamo appreso moltissime informazioni sulla sua diffusione, nonché sulla terapia da adottare, poco cambia dal punto di vista delle restrizioni perché si continua a seguire la stessa fallimentare strategia.

Nel frattempo il popolo resta in trepidante attesa che i lauti aiuti previsti arrivino finalmente dall’Europa, cosa che, al momento, non è ancora avvenuta. Quel che avviene però è che Bruxelles inizia ad inviare dei segnali tutt’altro che rassicuranti perché a quanto pare sta già ricordando ai Paesi membri che ci sono dei debiti che dovranno essere ripagati.

E se qualche economista ipotizza la percorribilità della strada della cancellazione del debito pubblico detenuto dalle banche centrali, che si potrebbe seguire anche attraverso un semplice continuo rinnovo dei titoli ogniqualvolta questi giungono a scadenza, dall’Ue sembrano mostrare intenzioni completamente diverse e la cosa non stupisce più che tanto.

L’Italia ha quasi 100 mila euro di debito per famiglia

Ma proviamo a fare un po’ di conti. Il debito pubblico dell’Italia ha raggiunto nel mese di gennaio 2021 il record storico di 2.602 miliardi di euro, cioè 33,9 miliardi in più rispetto alla fine del 2020. La cifra di cui sopra corrisponde in pratica a 43.646 euro per singolo abitante, nessuno escluso, nemmeno i bambini ancora in fasce.

Se spalmiamo il debito per famiglia, arriviamo a “quasi 100 mila euro” come evidenziano dall’Unione nazionale dei Consumatori. Paolo Baroni, su La Stampa ci dice che “è l’effetto del Covid che fa volare il deficit e affonda le entrate, anche per effetto dei molti pagamenti che sono stati ridotti o fatti slittare. È evidente che alla fine dell’emergenza – come ci ha ricordato di nuovo ieri l’Eurogruppo – la questione del debito andrà affrontata”.

Non bisogna essere dotati di molta immaginazione per capire in che modo questa faccenda dovrà essere affrontata nei piani di Bruxelles. In pochi escluderebbero che in un futuro nemmeno tanto lontano ci verrà chiesto di fare qualche ‘piccolo’ sacrificio perché a chiedercelo è l’Europa.

Qualsiasi taglio alla spesa pubblica, qualsiasi aumento dell’età pensionabile, qualsiasi nuova tassa, qualsiasi patrimoniale, avrà sempre una ragione valida perché servirà per riportare sotto controllo il debito pubblico. La colpa non sarà di nessuno, né dell’Ue, né del governo, né dei cittadini, anche se saranno loro a pagare, sarà del virus.

Già, perché come spiega lo stesso Baroni “a causa delle restrizioni decise dal governo per far fronte all’emergenza sanitaria il gettito fiscale è calato del 6%, passando da 460 a 432 miliardi; mentre le uscite sono passate da 552 a 626 miliardi (+13,3%). Rispetto al 2019 lo sbilancio dei conti è praticamente raddoppiato passando da 92 a 193 miliardi”.

“Lo stock complessivo è salito di 159,3 miliardi (+6,61%) rispetto ai 2.409,9 miliardi del 2019, quando il debito era cresciuto di ‘soli’ 29,5 miliardi (+1,24%) rispetto ai 2.380,3 miliardi del 2018, anno in cui lo stock era cresciuto di ‘appena’ 51,6 miliardi (+2,22%)” spiega ancora Baroni.

Il patto di stabilità resta sospeso fino a fine 2022, e poi?

La buona notizia è che fino alla fine del 2022 non ci sarà nessun patto di stabilità a richiedere misure lacrime e sangue per ridurre il debito pubblico, ed in questo periodo la BCE continuerà ad acquistare titoli di Stato portando avanti la politica espansiva come fatto finora dall’inizio della crisi.

La cattiva notizia è che dopo il 2022 difficilmente la Banca Centrale Europea sarà disposta a continuare così, e Baroni ci fa notare che è evidente che “l’Italia farà sempre più fatica a gestire un debito che viaggia attorno al 160% del Pil”.

Quindi se da una parte è lo stesso Eurogruppo a confermare che si continuerà a “sostenere l’economia fino a fine emergenza” suggerendo di “prendere nota dell’orientamento della Commissione sulla sospensione delle clausole di salvaguardia”, dall’altra avverte “che una volta che la ripresa economica sarà saldamente in corso, i Paesi dell’area euro dovranno affrontare gli accresciuti livelli di debito attuando strategie di bilancio sostenibili di medio termine, migliorando la qualità dei conti e aumentando gli investimenti”.

Molto più facile a dirsi che a farsi, specie se si considera che già da prima dell’arrivo del Covid, e quindi prima di lockdown e restrizioni che hanno determinato la chiusura di migliaia di aziende con la perdita di milioni di posti di lavoro, far fronte alle richieste dell’Ue non era facile.

All’epoca avevamo un rapporto debito/Pil che non superava il 135%, ora siamo oltre il 155%, e con interi comparti economici in ginocchio, un tasso di disoccupazione alle stelle che impone di adottare misure a sostegno del reddito quali ammortizzatori sociali, reddito di cittadinanza e via dicendo che naturalmente andranno a pesare sulla spesa pubblica.

Difficile immaginare in che modo l’Italia nei prossimi anni possa essere in grado di far fronte alle richieste dell’Ue se verrà imposto di ‘ripagare il debito’. Quel che è certo è che a farne le spese saranno ancora una volta le generazioni future le quali avranno tutto il diritto di domandarsi se imporre lockdown e restrizioni di dubbia efficacia fosse davvero la scelta giusta, soprattutto considerato che altri Paesi hanno agito in tutt’altro modo e hanno salvato capra e cavoli.

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