La sua prima uscita pubblica nei panni del segretario del Pd, Enrico Letta l’ha fatta a Che Tempo che fa su Rai 3, e nel corso dell’intervista rilasciata a Fabio Fazio ha toccato diversi argomenti cardine, dalla nuova legge elettorale all’alleanza con il Movimento 5 Stelle, toccando anche il tema del cambio di casacca, un fenomeno ormai decisamente troppo diffuso tra i banchi del Parlamento.
Gli stessi temi il nuovo segretario dem li aveva già affrontati nel corso dell’Assemblea nazionale del Pd, e sono quelli che contraddistingueranno la sua linea politica. Letta ha poi esposto in breve quelle che dal suo punto di vista potranno essere le ricette per riportare il Partito Democratico a vincere le elezioni politiche, cosa che non accade ormai da circa un decennio ma che non ha certo impedito al Pd di governare comunque.
Parla quindi di un “nuovo centrosinistra” Enrico Letta, e della necessità di modificare l’attuale legge elettorale, cosa su cui in realtà sono d’accordo anche tutte le altre forze politiche. In particolare però il nuovo leader dem propone di tornare indietro invece che andare avanti, e cioè adottare nuovamente il sistema elettorale del Mattarellum.
Non quindi un proporzionale sul modello tedesco con soglia di sbarramento alta che impedisca un’eccessiva frammentazione del Parlamento, ma una legge elettorale già collaudata, che a suo dire funzionava bene.
“Avevamo una legge elettorale che si chiamava Mattarellum: ha funzionato bene e permetteva ai cittadini di scegliere” ha infatti dichiarato Letta durante l’intervista da Fazio “poi è stata cambiata prima con il Porcellum e poi con il Rosatellum, due errori clamorosi”.
Per Letta quindi è necessario ora “ripartire dal Mattarellum” vale a dire da un modello che per buona parte applica il sistema maggioritario favorendo le coalizioni tra i partiti. D’altra parte in questo modo il centrosinistra potrebbe avere almeno una speranza di portare a casa le prossime elezioni politiche che altrimenti, con il proporizionale sul modello tedesco, rischiano di essere vinte dal centrodestra.
Mattarellum e asse coi 5 Stelle per provare a vincere
Per Enrico Letta l’ideale sarebbe tornare ad un sistema maggioritario sul modello del Mattarellum, che favorisca appunto le alleanze, e stringere al contempo un’alleanza con il Movimento 5 Stelle a guida Conte. In questo modo una possibilità di vincere le prossime elezioni politiche che dovrebbero svolgersi nel 2023 ce l’avrebbero persino loro.
Quanto all’asse coi 5 Stelle però non si può dare per scontato, o almeno questo è il messaggio che cerca di far passare il nuovo segretario dem. Questa possibilità, spiega Letta, “dipende da cosa faremo nei prossimi due anni. Vedremo cosa sarà il Movimento guidato da Conte, se il confronto andrà bene faremo un pezzo di strada insieme”.
Che all’occorrenza le due formazioni siano in grado di convivere pacificamente in realtà vi sono ben pochi dubbi. Basta osservare quanto ampia sia ora la maggioranza e quanto il dissenso interno alla stessa, anche tra formazioni politiche che si collocano ai due estremi del Parlamento sia nullo, per capire che trovare un intesa, se serve, non è difficile e non lo sarà di certo se necessaria per vincere le elezioni.
Letta sulle elezioni: “sono convinto che le possiamo vincere”
Mancano ancora un paio d’anni abbondanti al ritorno alle urne, sempre che un’altra pandemia, o il protrarsi di questa, non imponga di sospendere l’esercizio democratico del voto, come ha sancito Sergio Mattarella prima di consegnare il Paese nelle mani dell’ex presidente della BCE, Mario Draghi.
Il tema delle elezioni però merita di essere toccato evidentemente, e Letta ha sottolineato l’importanza di arrivare all’appuntamento delle politiche del 2023 con un “nuovo Pd”. “Tornando ho trovato un partito più piccolo, più in difficoltà, sconfitto alle elezioni e molto diviso in correnti, indebolito dalle scissioni” ha raccontato il nuovo segretario dem.
Ha citato quindi alcuni nomi, come quello di Bersani, di Renzi e di Calenda. “Ho avuto l’impressione che si pensi che queste elezioni saranno perse: io sono convinto che le possiamo vincere” ha detto poi a Fabio Fazio. E quando si tratta di tirar fuori i temi, Letta parla naturalmente della questione delle alleanze, infatti stipulare quella con il M5S appare oggi come la conditio sine qua non per provare a vincere le prossime politiche.
Sugli altri temi non ci sono certo grandi novità, un trito e ritrito dei soliti slogan nei quali purtroppo non c’è molto delle vere priorità per un popolo che probabilmente mai come ora si è sentito così poco rappresentato dalle varie forze politiche. Letta ha infatti menzionato il tema dello ius soli, della parità di genere, del voto ai 16enni.
Per Letta è il momento di intervenire sul trasformismo parlamentare
Poco ma sicuro in questi ultimi mesi di trasformismo ce n’è stato anche troppo in Parlamento, al punto da divenire un fenomeno talmente diffuso che persino dal Pd arriva un segnale che indica un limite ormai ampiamente superato.
“In questa legislatura ci sono stati quasi 200 cambi di casacca” ha ricordato Letta “io prenderò un’iniziativa in questa settimana. Parlerò con i presidenti di Camera e Senato con i partiti perché è interesse di tutti limitare il trasformismo. Perché un conto è non avere vincoli di mandato, un altro è vivere questa situazione”.
Apprezzamenti da tutto il Pd al nuovo segretario
L’arrivo di Enrico Letta al vertice del Partito Democratico sembra aver messo un po’ tutti d’accordo, appianando le divergenze e avvicinando le varie correnti. Unanime sembra essere stato il parere positivo dall’intero variegato universo dem al nuovo segretario, con la sola eccezione di quell’Arturo Parisi che fu tra i fondatori dell’Ulivo.
“Diciamo che sono troppe le cose che non tornano” ha detto Parisi “è evidente che dietro l’eccessivo consenso palese ci sono troppi dissensi nascosti”, sicché si tratterebbe di “unanimismo” solo di facciata. Secondo Parisi il Pd vive la sindrome del “rifiuto della fatica del confronto tra posizioni diverse alla luce del sole, per poi cedere alla divisione nel buio del voto segreto”.
Ma a tal proposito è Andrea Orlando a proporre una prospettiva diversa in un’intervista rilasciata a La Stampa, in cui afferma che “le correnti saranno superate quando ci sarà un partito in grado di esercitare pienamente le sue funzioni” e spiega poi che “un forte indebolimento del partito nel corso del tempo ha prodotto la crescita di altri luoghi, talvolta impropri, in cui si svolge la selezione e la discussione dei gruppi dirigenti”.
“Noi organizzammo Dems in modo strutturato all’indomani della catastrofe del 2018, dopo la strage delle liste fatta da Renzi” ha quindi spiegato il capogruppo del Pd “fu un atto di resistenza, per evitare di veder cancellata una storia politica”.
Bonaccini: “i 5 Stelle ne hanno fatta di strada”
Non piace parlare di correnti invece a Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia Romagna. “Io ho ripetuto allo sfinimento che dobbiamo tornare alla realtà, chi discute di posti, correnti, congressi in mezzo ad una pandemia è un marziano” ha detto Bonaccini, confermando così di condividere la visione di Enrico Letta, e la necessità quindi di “cominciare una nuova storia”.
E per quel che riguarda il tema dell’alleanza con il Movimento 5 Stelle, anche Bonaccini si è accorto che qualcosa è cambiato. Non era difficile infatti rendersi conto di quanto quel movimento nato dal profondo malcontento popolare con l’intento di cambiare la politica sia divenuto alla fine esattamente quel tipo di forza politica contro cui si prometteva di combattere.
Ora infatti, dice Bonaccini “i 5 Stelle ne hanno fatta di strada, dal populismo alla democrazia, dal no-euro all’europeismo”. Ed è proprio così infatti, i 5 Stelle si sono resi protagonisti di quello che per restare in tema potremmo definire un ‘cambio di casacca collettivo’, andando di fatto nella direzione opposta a quella indicata dagli elettori.
Per Bonaccini, che è del Pd, questo cambio di casacca è “fare strada” quindi crescere, ma per il comune cittadino è quello che è, un clamoroso voltafaccia, e non può essere chiamato in modo molto diverso da così a meno di voler tentare una mistificazione della realtà dei fatti.
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