Da tempo ormai si parla dell’arrivo della cosiddetta terza ondata di Covid, e proprio un paio di giorni fa il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha ufficialmente dichiarato finita la stagione dei tagli alla sanità.

Ma quanto si intende investire in ambito sanitario nel prossimo futuro? E quanto è stato investito da un anno a questa parte per far fronte alla carenza di posti letto nelle terapie intensive? Le dichiarazioni del ministro Speranza contengono concetti chiari ma ben pochi numeri.

“Penso che mai come in queste settimane si sia capito quanto valga avere un Servizio sanitario nazionale di qualità e investire su di esso” ha detto il ministro Speranza, che ha poi commentato la clamorosa scoperta aggiungendo “la lezione del Covid ci dice che la stagione dei tagli alla sanità va chiusa definitivamente e che bisogna proseguire con una grande stagione di investimenti”.

Il ministro ha poi continuato dicendo: “le risorse che si mettono sulla salute sono le più importanti e le più decisive per migliorare la qualità di vita delle persone.

In occasione del suo intervento alla presentazione del Programma nazionale Esiti 2020 promosso dall’Agenas, il ministro ha quindi tratto una conclusione: “la stagione dei tagli dobbiamo definitivamente mettercela alle spalle, considerarla chiusa per sempre. È una stagione senza precedenti per numero di investimenti nuovi che sono arrivati al Ssn”.

I Paesi della NATO aumentano le spese militari

Se da una parte abbiamo il ministro Speranza che ha parlato di “investimenti ancora più cospicui e rilevanti” in ambito sanitario in epoca Covid, senza peraltro dare una misura di questi investimenti che, evidentemente, non hanno prodotto risultati particolarmente eclatanti ad esempio per quel che riguarda il numero dei posti letto nelle terapie intensive, qualche cifra è venuta fuori invece in questi giorni per quel che riguarda la spesa militare.

Il Paese sta attraversando la più drammatica crisi economica dal dopoguerra, e si continua a parlare di un’emergenza sanitaria in atto. Un’emergenza che mette talmente a rischio la salute pubblica da costringere il governo ad adottare misure di contenimento draconiane, limitando i diritti civili di milioni di cittadini ormai da un anno.

Sostenere con aiuti economici imprese, lavoratori e famiglie in ginocchio per la crisi dovuta alle misure restrittive imposte a suon di Dpcm è costato caro alle casse dello Stato, e ora si valutano gli interventi fiscali da mettere in campo per far tornare i conti pubblici.

Un’emergenza sanitaria quindi, ed una crisi economica senza precedenti, eppure sono le spese militari a subire un netto incremento in questi giorni, tanto quelle dell’Italia quanto quelle degli altri Paesi che appartengono alla NATO che, per inciso, nasce in chiave anti-sovietica, ma l’URSS ha cessato di esistere qualcosa come 30 anni fa.

Su NotizieFlash24 leggiamo che “le crescenti tensioni sui cambiamenti geopolitici hanno portato alcuni alleati come Germania, Francia, Gran Bretagna e Italia a salvaguardarsi da un futuro di probabili disordini su vasta scala, aumentando la propria potenza militare, principalmente con l’acquisto di armi ed equipaggiamenti in grado di affiancare esercito e forze di polizia“.

Gli investimenti quindi sembrano più che altro mirati verso obiettivi come il mantenimento dell’ordine pubblico in contesti particolarmente delicati, più che a difendere i Paesi da un’ipotetico attacco militare.

Quanto alle spese, il Regno Unito ha incrementato la spesa di 19 miliardi, raggiungendo la soglia dei 60,7 miliardi di spesa annua. La Germania ha raggiunto invece i 54,75 miliardi, la Francia i 50,7 miliardi, e l’Italia?

Per noi l’incremento della spesa è stato di 15,32 miliardi di euro, mentre per il 2021 in base all’accordo firmato dal ministro della Difesa Guerini il 19 febbraio l’incremento della spesa militare sarà di 17 miliardi che dovrebbe portare fino alla cifra complessiva di 36 miliardi annui.

Gli USA investono in aiuti militari in Ucraina contro la Russia

Se i Paesi Nato sembrano temere minacce che potrebbero arrivare dall’interno, per gli USA gli investimenti militari sono ancora indirizzati verso scenari bellici ben lontani dai confini americani, ma piuttosto vicini ai confini della Russia di Vladimir Putin.

In questi giorni è arrivato l’annuncio da parte del Pentagono dell’invio di un nuovo pacchetto di aiuti militari destinato all’Ucraina. Si parla di 125 milioni di dollari di forniture militari che dovrebbero arrivare in tempi brevi, che saranno seguiti poi da altri 150 milioni di dollari di aiuti che verranno erogati nel corso del 2021.

Gli aiuti destinati all’Ucraina sono però condizionati dall’introduzione di alcune riforme che Kiev dovrà mettere in atto. Si tratta di interventi che dovranno essere indirizzati alla difesa e ad “altre aree chiave in linea con i principi e gli standard della NATO” stando a quanto riportato direttamente sul sito dell’ambasciata Usa a Kiev.

Nel comunicato si legge anche che il pacchetto di forniture militari comprenderà “due motovedette Mark VI armate per migliorare la capacità dell’Ucraina di pattugliare e difendere le sue acque territoriali”. E viene poi specificato che il pacchetto “include anche capacità per migliorare la letalità, il comando, il controllo e la consapevolezza della situazione delle forze ucraine attraverso la fornitura di radar di contro-artiglieria aggiuntivi e attrezzature tattiche”.

Sul sito dell’ambasciata statunitense a Kiev si legge poi che “questa azione riafferma l’impegno degli Stati Uniti a fornire armi letali difensive per consentire all’Ucraina di difendersi più efficacemente dall’aggressione russa“.

Gli Usa quindi con il nuovo presidente democratico, Joe Biden, proseguono sulla strada della guerra fredda con la Russia di Putin con questa terza mossa nel giro di pochi giorni. Qualche giorno fa c’era stato infatti il dispiegamento di quattro bombardieri B1 della Us Air Force in Norvegia al confine con la Russia, e in seguito Washington aveva esercitato pressioni economiche su Berlino per indurre a porre fine all’accordo per la fornitura del gas russo all’Europa attraverso il gasdotto Nord Strem 2.

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