La fragile fiducia che il presidente del Consiglio aveva ottenuto nella giornata di martedì al Senato doveva essere solo la base su cui andare poi a costruire una maggioranza più solida. Serviva l’aiuto dei cosiddetti “costruttori” altrimenti detti voltagabbana a seconda dei punti di vista naturalmente.

Purtroppo, per Conte se non altro, la ricerca di questi senatori non ha ancora prodotto i risultati sperati, e così il governo giallo rosso potrebbe finire in minoranza già in occasione della relazione del ministro della Giustizia di giovedì a Palazzo Madama.

Il premier continua a lavorare alacremente per racimolare qualche altro consenso, ma con scarsi risultati. Di più, in queste ultime ore sono giunte invece delle dichiarazioni che di certo Giuseppe Conte non può trovare rassicuranti, per quel che riguarda l’appuntamento dell’esecutivo di giovedì 28 gennaio.

Pare proprio che una parte di quelli che si erano mostrati inclini a sostenere l’esecutivo si stiano tirando indietro sul tema della giustizia. La relazione del ministro Alfonso Bonafede insomma sta rendendo tutto più difficile, ed il rischio che il governo arrivi al capolinea a metà della prossima settimana è ormai più che tangibile.

Il problema dei numeri al Senato si ripresenta giovedì

Vediamo allora qual è la situazione che rischia di profilarsi giovedì al Senato in occasione della votazione sulla relazione del Guardasigilli, a cominciare da Sandra Lonardo, moglie di Clemente Mastella che, non essendo più parlamentare, non ha voce in capitolo. Salvo per il fatto che la posizione dell’una tende ad essere perfettamente sovrapponibile a quella dell’altro.

Quindi se la Lonardo non si è ancora pronunciata in modo netto in merito alla relazione del ministro della Giustizia, si è pronunciato invece Mastella, che su Il Giornale viene definito come una sorta di “padre spirituale” dei costruttori.

“Non possiamo sostenere un governo che sulla giustizia continua sull’onda del grillismo e dell’anti-garantismo” ha detto Mastella “abbiamo visioni completamente diverse da Bonafede. Meno uno insomma, e dal momento che la maggioranza ha un margine estremamente sottile, anche un solo voto può fare la differenza.

Ma soprattutto non si tratta di un solo voto a svanire dal pallottoliere di Conte, sembra invece ve ne siano degli altri. Prendiamo ad esempio Riccardo Nencini, presidente del Psi, che ha ‘prestato’ il simbolo a Renzi per la formazione del gruppo parlamentare di Italia Viva.

Nencini ha definito quello della giustizia “un tema dirimente” e ha poi spiegato: “pensate che io il 28 gennaio parteciperò all’importante convegno della Treccani su Leonardo Sciascia, e le sue visioni del diritto che sono anche le mie e non prevedono cedimenti rispetto alla cultura delle garanzie, e non mi sembra un inizio per la nuova stagione governativa quello all’insegna delle posizioni di Bonafede”.

La questione giustizia tra l’altro non solo può rappresentare un concreto rischio nell’immediato con la votazione di giovedì al Senato, ma potrebbe anche far naufragare definitivamente il tentativo di trovare l’appoggio dell’Udc, i cui tre esponenti a Palazzo Madama potrebbero decidere di non passare dalla parte di Conte.

Il rischio insomma è che al di là dell’esito della votazione di giovedì, nessun senatore dell’Udc decida di divenire uno dei cosiddetti “responsabili”. In particolare all’Udc difficilmente potranno andare a genio norme come quella dei processi che non andranno mai in prescrizione.

La stessa Paola Binetti, che sembrava incline ad appoggiare Conte, in cambio magari del ministero della Famiglia secondo quanto riportato da Il Giornale, ora sembrerebbe in procinto di fare marcia indietro.

Nel frattempo arrivano i no secchi di altri senatori ritenuti in bilico, quindi potenzialmente pronti ad appoggiare Conte, come Vitali che ha assicurato: “la relazione Bonafede non la voterò mai”, e allo stesso modo anche Saccone, che ha detto chiaro e tondo: “Bonafede? Not in my name”. Un netto no sarebbe arrivato poi anche da Paolo Romani di Cambiamo!.

Alla lista si aggiunge anche l’ex 5 Stelle Giarrusso, che ha preso anche lui una posizione molto chiara sul tema giustizia. “Se prima potevo avere qualche piccolo dubbio ora non ce l’ho più” ha dichiarato il senatore “voto contro la relazione Bonafede nella maniera più assoluta”.

Quali saranno quindi i numeri su cui potrà contare il presidente del Consiglio giovedì a palazzo Madama? Il rischio è che si concretizzi ciò che ha rischiato di concretizzarsi già martedì, vale a dire un pareggio 156 contro 156. Un risultato che anzitutto comprende già i senatori a vita, e che potrebbe vedere persino il governo in minoranza se Lonardo e Nencini, che martedì avevano votato a favore, voteranno contro la relazione di Bonafede.

Conte dovrà trovare qualche altro senatore disposto ad appoggiare l’esecutivo, il che non è facile, ed è per questo che si ritiene possibile che in occasione della conferenza dei capigruppo di lunedì qualcuno chieda lo slittamento del voto. Questo permetterebbe a Conte di guadagnare tempo, ma la domanda è: sarà sufficiente per trovare i numeri che servono a questo esecutivo?

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