Negli ultimi giorni erano giunte alcune notizie confortanti per quanto riguarda le possibilità di giungere ad un accordo tra Regno Unito ed Unione Europea, eppure anche quel timido ottimismo sembra essere stato alla fine ridimensionato dalle ultime notizie che giungono da Londra e Bruxelles.
Le settimane precedenti erano state caratterizzate dal consolidarsi di posizioni distanti tra le due parti, situazione che sembrava aver visto sviluppi in una direzione diversa invece nei giorni scorsi, ma ora stando a quanto riferito dal capo negoziatore per l’Ue, Michel Barnier, il tono è tornato ad essere quello da “uno contro l’altro” e non è certo un buon segnale.
Il negoziatore europeo ha spiegato che alcuni progressi nelle trattative sono stati effettivamente compiuti nei giorni scorsi, riferendosi in particolare al nodo degli aiuti di Stato e della concorrenza, ma non nel settore della pesca su cui le posizioni restano molto distanti. Tuttavia è sempre Barnier a ricordare che si tratta di un “percorso stretto”.
Il penultimo appuntamento coi negoziati si terrà proprio questa settimana, ma è molto improbabile che vengano sbrogliati di colpo tutti i nodi più intricati a cominciare appunto da quello della pesca. La situazione è quanto mai complessa e incerta, ma cosa sta accadendo esattamente, e cosa succederà dal 1° gennaio se la Gran Bretagna uscirà dall’Ue senza un accordo commerciale?
Brexit no deal: ecco cosa succederà se non si trova un accordo
A spiegarci quali sono i possibili sviluppi delle trattative che si stanno tenendo in questi giorni è stato lo stesso Michel Barnier, il quale ha tracciato tre scenari.
- Nel primo scenario si ipotizza che nei prossimi giorni Londra e Bruxelles riescano a trovare un accordo commerciale, e che ci sia quindi il tempo necessario per la ratifica delle condizioni dell’accordo da parte dei parlamenti di Regno Unito ed Unione Europea. Si tratta chiaramente dello scenario più ottimistico, ed al contempo di quello meno probabile.
- Nel secondo scenario descritto da Michel Barnier l’accordo si trova ma verso la fine dell’anno, quindi troppo a ridosso della scadenza del periodo di transizione che è fissata al 31 dicembre 2020. In questo caso non ci sarebbero i tempi tecnici necessari per l’entrata in vigore dell’accordo, pertanto si trovrebbero cercare delle formule in grado di stabilire delle ‘regole temporanee’.
- Il terzo scenario è ad oggi quello che appare più probabile, ed è quello in cui il Regno Unito e l’Unione Europea non riescono a trovare un accordo entro il 31 dicembre. In questo caso sarà necessario mettere in atto dei piani di emergenza che evitino il caos nel trasporto aereo e stradale, e che stabiliscano le varie tariffe sui prodotti che attraversano il confine.
Dal 1° gennaio caos import-export per il Regno Unito
E dal momento che lo scenario più probabile sembra essere proprio quello di una Brexit no deal, vediamo cosa succederà a partire dal 1° gennaio quando la Gran Bretagna sarà definitivamente fuori dall’Ue senza alcun accordo commerciale.
Si parla in questo caso di Brexit ‘caotica’ o meglio di Hard Brexit. Secondo alcuni osservatori quello che dobbiamo aspettarci sono grossi disagi per il trasporto delle merci da e per il Regno Unito, code di centinaia di camion bloccati a Dover, carenza di merci deperibili nei supermercati britannici, tariffe sulle esportazioni. Sulle esportazioni di automobili dal Regno Unito all’Ue verrebbe applicata una tassa del 10%.
Perché raggiungere un accordo è così difficile?
Sono in particolare due i punti su cui Londra e Bruxelles non riescono a raggiungere un accordo. Il primo è il cosiddetto level playing field, nell’ambito del quale l’Ue vuole garantire che i prodotti che arriverebbero dal Regno Unito nell’Ue non sfruttino i vantaggi derivanti dagli aiuti di Stato o dalle norme sul lavoro e sull’ambiente.
Per Londra d’altra parte è fondamentale che l’Ue rispetti la sua ritrovata sovranità, cosa che, stando alle recenti dichiarazioni di Ursula von der Leyen, non sembra affatto disposta a fare.
Il secondo punto riguarda l’accordo sulla pesca, che non ha solo un valore meramente economico, ma riguarda il rispetto del lavoro dei pescatori britannici, e Boris Johnson intende tutelarne i diritti nelle acque territoriali britanniche appunto.
È stata la ministra degli Esteri della Spagna, Arancha Gonzalez Laya a chiarire qual è il problema per quanto riguarda l’accordo sulla pesca affermando che non è legato al suo peso economico, ma “sono le 6.000 barche che danno lavoro a 12.000 persone. Questa è la portata del problema”.
Quand’è che il Regno Unito cessa del tutto di far parte dell’Ue?
La Brexit si completerà non appena sarà scaduto il periodo di transizione, il che significa che a partire dal 1° gennaio 2021 il Regno Unito non farà più parte dell’Unione Europea. Già a partire dal 1° febbraio 2020 Londra non prende più parte alle istituzioni comunitarie o al processo decisionale, ma è ancora nel mercato unico, è soggetto alla legislazione europea e partecipa ai bilanci.
Mancano solo 15 giorni quindi allo scadere del periodo di transizione, e Boris Johnson ha detto e ribadito più volte che non vi saranno ulteriori proroghe. Per l’Unione Europea invece concedere una ulteriore proroga non sarebbe probabilmente un problema, ma evidentemente le probabilità che ciò accada sono piuttosto basse.
Il periodo di transizione scade il 31 dicembre ed è iniziato di fatto il 1° febbraio 2020, proprio perché il Regno Unito ad oggi fa ancora parte del mercato unico, per uscire dal quale occorre stabilire nuove norme che disciplineranno i rapporti commerciali tra Londra ed i 27 Paesi dell’Ue.
Il carattere delle trattative per la Brexit
Abbiamo detto che il periodo di transizione serve per stabilire nuove norme che andranno a sostituire quelle in vigore fino al 31 dicembre.
Ma in che chiave devono essere lette le posizioni assunte dal Regno Unito nell’ambito di questa trattativa con Bruxelles? Secondo la ministra spagnola Arancha Gonzalez Laya “gli accordi commerciali non servono a consolidare l’indipendenza ma a gestire l’interdipendenza”.
Dopo che il popolo britannico ha espresso la volontà di uscire dall’Ue con il referendum sono trascorsi diversi anni prima che alle promesse seguissero i fatti, poi ad ottobre 2019 finalmente si è giunti ad un accordo per avviare il processo di uscita dall’Ue che è entrato in vigore nel febbraio 2020.
In base ai termini dell’accordo si è stabilito che il Regno Unito sarebbe uscito dall’Unione Europea in modo ordinato, e nel rispetto dei diritti dei circa 3 milioni di cittadini dell’Ue che risiedono e lavorano nel Regno Unito e del milione di cittadini del Regno Unito che risiedono e lavorano nell’Ue.
Con quel primo accordo è stata stabilita la procedura di liquidazione finanziaria e si è concordato che non verrà ripristinato il confine tra Irlanda del Nord e Repubblica d’Irlanda.
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