È arrivata in queste ore la conferma ufficiale del ritiro di una consistente parte delle truppe inviate dagli USA in Afghanistan e Iraq. A volere il ritorno a casa dei soldati americani il presidente Donald Trump, che già in ottobre aveva fatto sapere che per il periodo di Natale migliaia di loro sarebbero tornati negli Stati Uniti.
Poco fa è arrivata quindi la notizia ufficiale del ritiro delle truppe dagli scenari in Medioriente di Iraq e Afghanistan. L’annuncio è stato fatto dallo stesso segretario alla Difesa ad interim Christopher Miller, che ha reso noto che il ritorno delle truppe Usa in patria è previsto a partire dal 15 gennaio.
I soldati americani in Afghanistan si ridurranno quindi da 4.500 a 2.500 in tutto, mentre per quel che riguarda l’Iraq passeranno dagli attuali 3.000 a 2.500. Prima dell’annuncio del segretario alla Difesa è stato ricordato che “la decisione arriva ‘su raccomandazione’ del presidente Usa Donald Trump come comandante in Capo.
Dai vertici del Pentagono fanno sapere che il governo ha deciso di mettere fine ad una guerra che dura “da una generazione” dal momento che gli Usa sono presenti militarmente in Afghanistan dal 2001 e in Iraq dal 2003. Il Segretario di Stato ha anche rivelato di aver avuto un confronto sul tema con glli alleati della Nato e con il governo di Kabul.
Christopher Miller: “è ora di tornare a casa, tutte le guerre devono finire”
Christopher Miller sabato scorso aveva scritto nel suo primo messaggio alle forze armate “è ora di tornare a casa, tutte le guerre devono finire”. Nello stesso messaggio diceva anche: “gli uomini sono stanchi della guerra e io sono uno di loro. Questa è una fase critica nella quale dobbiamo spostare i nostri sforzu da un ruolo guida a un ruolo di sostegno. Finire le guerre richiede un compromesso e partnership. Siamo stati all’altezza della sfida: abbiamo dato tutto”.
Risale al 29 febbraio scorso l’accordo di pace raggiunto con i talebani che ha reso possibile la riduzione di due terzi del dispiegamento militare in Afghanistan, portato da Mark Esper a 4.500 effettivi. Lo stesso Esper è stato licenziato da Donald Trump lo scorso 9 novembre, sostituito quindi da Miller.
“Sono lieto di annunciare che Christopher C. Miller, l’autorevole direttore del Centro Nazionale Antiterrorismo (confermato all’unanimità dal Senato) sarà segretario ad interim della Difesa con effetto immediato” aveva annunciato il presidente degli Stati Uniti.
Donald Trump aveva in più occasioni mosso delle gravi accuse contro l’ex ministro della Difesa, accuse di “tradimento” per essersi opposto a dispiegare l’esercito contro i manifestanti del movimento Black Lives Matter secondo quanto riportato da La Repubblica.
Esper è così diventato il quarto capo del Pentagono ad essere stato licenziato dal presidente in quattro anni, infatti prima di lui è toccato al generale del Corpo dei Marines, James Mattis, nonché a Patrick Shanahan e a Richard Spencer.
Il presidente Trump aveva preannunciato il ritiro delle truppe dall’Afghanistan già nel mese di ottobre, quando in un post su Twitter aveva scritto: “dovremmo avere la piccola parte restante dei nostri CORAGGIOSI Uomini e Donne che servono in Afghanistan a casa per Natale”.
We should have the small remaining number of our BRAVE Men and Women serving in Afghanistan home by Christmas!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) October 7, 2020
Una decisione, quella presa dal Pentagono su richiesta di Donald Trump, che il capogruppo della maggioranza repubblicana al Senato, Mitch McConnel ha però criticato. Se da un lato ha infatti riconosciuto a Trump di aver ridimensionato la presenza militare in Afghanistan, dall’altro ha espresso preoccupazioni circa le possibili ripercussioni di un ritiro completo delle truppe.
McConnell ha parlato del rischio di una “vittoria propagandistica” per i nemici degli Stati Uniti. Il capogruppo dei Repubblicani al Senato ha spiegato che “un ritiro affrettato delle forze Usa dall’Afghanistan non danneggerebbe soltanto i nostri alleati e delizierebbe quanti ci vogliono fare del male. La conseguenza (…) sarebbe anche peggiore del ritiro del presidente Obama dall’Iraq nel 2011, che ha alimentato l’ascesa dell’Isis e un nuovo ciclo di terrorismo globale”.
“Lo spettacolo di militari statunitensi che abbandonano infrastrutture ed equipaggiamenti, lasciando il campo in Afghanistan ai talebani e all’Isis, sarebbe trasmesso in tutto il mondo come un simbolo di sconfitta e umiliazione e una vittoria dell’estremismo islamico” ha concluso McConnel.
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