Non è ancora pronto per la firma il nuovo Dpcm che dovrebbe stabilire le misure di contenimento del contagio che resteranno in vigore fino al 24 novembre con l’obiettivo di abbattere l’impennata dei nuovi casi di Coronavirus e alleggerire il carico sulle strutture sanitarie.
Ieri il picco dei contagi ha sfiorato quota 20 mila nuovi casi in 24 ore, con 151 decessi in un giorno, e per quanto questi dati di per sé forniscano un quadro tutt’altro che completo della situazione, indicano chiaramente un livello crescente di pressione sulle strutture sanitarie.
Un problema che però vede il governo e le regioni divisi sulle possibili soluzioni, ed è proprio questa distanza ad aver fatto slittare la firma del premier Giuseppe Conte sulla bozza del nuovo Dpcm.
Nuovo Dpcm: ecco le divergenze tra governo e regioni
Non si è ancora deciso quali saranno i pilastri su cui poggerà il nuovo Dpcm. Si era parlato della possibilità di introdurre il coprifuoco in tutta Italia a partire dalle 21, e di chiudere bar e ristoranti già alle 18. Tra le ipotesi al vaglio dell’esecutivo c’era poi la chiusura di palestre e piscine, ma anche lo stop agli spostamenti tra regioni se non per le eccezioni previste sull’ormai noto modulo dell’autocertificazione.
Il governo quindi propone di chiudere bar e ristoranti alle 18 nei giorni feriali e l’intera giornata di domenica, ma le regioni propongono di far chiudere al massimo solo nei feriali e non alle 18 ma alle 23.
Diverse vedute anche per quel che riguarda la scuola, con l’esecutivo che spinge per continuare con la didattica a distanza, mentre dalle regioni, e nello specifico dal presidente della Campania, Vincenzo De Luca, arriva la proposta di puntare sulla didattica a distanza al 100% per alleggerire i trasporti e di lasciare invece i locali aperti fino alle 23.
C’è poi il nodo degli spostamenti tra regioni, con il governo che propone la chiusura dei confini regionali con le eccezioni del caso, vale a dire motivi di necessità quali lavoro e salute. Dalle regioni però sottolineano che controllare i confini tanto non è possibile e tanto vale quindi lasciarli aperti.
Inutile anche continuare ad inseguire gli asintomatici, fanno sapere dalle regioni, che propongono di concentrarsi solo sui sintomatici e di tracciare i relativi familiari, senza andare a cercare positivi ovunque, con un dispendio di personale e risorse che in questo momento possono tornare molto più utili se dirottati su altre criticità.
Cosa ci sarà nel nuovo Dpcm?
Il confronto con le regioni è andato avanti per tutto il pomeriggio di sabato ed alla fine non si è giunti ad alcuna decisione definitiva, da cui lo slittamento della firma di Conte al nuovo Dpcm.
La bozza su cui si è lavorato fino ad ora quindi potrebbe subire delle modifiche anche sostanziali nel corso della giornata di oggi. Per ora tra le poche certezze sembra esserci quella che non ci sarà un lockdown nazionale e che bisogna garantire scuola e lavoro.
Sicché sembra proprio che sarà confermata la chiusura per bar, ristoranti, cinema e teatri, indipendentemente dal numero di contagi legato a queste attività, così come potrebbero finire nella stretta anche i centri commerciali, mentre negli stadi si propende per tornare a zero spettatori.
Il presidente del Consiglio dovrà anche tener conto di quelli che sono i pareri interni alla maggioranza, e non potrà ignorare neppure la voce delle opposizioni, vista la gravità della situazione.
Giorgia Meloni ha accusato apertamente l’esecutivo che “massacra interi settori”, mentre Salvini invita il governo a “proteggere dal virus i più deboli, senza massacrare tutti gli Italiani”.
E se dall’opposizione le critiche giungono tutt’altro che velate, dalle forze di maggioranza comunque non vengono risparmiate. La capogruppo di Italia Viva, Maria Elena Boschi, sostiene che “il governo deve spiegare le ragioni tecniche per cui ritiene di dover chiudere senza cercare altre soluzioni e soprattutto dovrebbe quantificare le risorse che verrebbero messe a disposizioni per i ristori e in che tempi”.
Poi c’è la linea dura di Pd e LeU, che propongono soluzioni drastiche, con i ministri Franceschini e Speranza che continuano a spingere per il lockdown nazionale. Dal Movimento 5 Stelle invece si mantiene una posizione più cauta, e chiedono al premier di dare “tempi certi per i ristori” nonché un intervento energico sui trasporti.
La proposta delle regioni: basta fare tamponi ad asintomatici
Nel corso della Conferenza delle Regioni il premier ha dovuto fare i conti con una maggiroanza di rappresentanti del centrodestra, ed è dal governatore del Veneto, Luca Zaia, che arriva la proposta di smettere di fare tamponi a tutti gli asintomatici, che trova subito l’appoggio di tutti.
Nelle osservazioni inviate dalle Regioni a Palazzo Chigi si legge infatti: “al fine di rendere sostenibile il lavoro delle Asl/Regioni in tempo di emergenza riducendo il carico di lavoro dovuto alle difficoltà nel contact tracing si dovrebbe destinare i tamponi (molecolari e antigenici) solo ai sintomatici e ai contatti stretti (familiari e conviventi) su valutazione dei Dipartimenti di prevenzione e si dovrebbe riservare la telefonata giornaliera per i soggetti in isolamento o quarantena a specifici casi su valutazione dell’operatore di sanità pubblica”.
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