Le banche centrali creano moneta dal nulla. Non si tratta certo di uno scoop, eppure per molti è difficile comprendere i meccanismi che regolano alcuni aspetti dell’economia, come la creazione di moneta da parte delle banche centrali appunto, quindi il problema del debito pubblico, o la questione dello spread che vincola i Paesi ad adottare politiche economiche che devono necessariamente trovare l’approvazione delle banche centrali.

Con il tempo, chi più chi meno, abbiamo tutti preso dimestichezza con problematiche ormai entrate a forza nel bagaglio di informazioni in nostro possesso. Sappiamo bene, perché ce lo hanno ripetuto fino alla noia, che si pone l’esigenza di tagliare le spese per il welfare, che si deve ricorrere ad una stretta sulle pensioni aumentando l’età pensionabile, che non c’erano i soldi per misure a sostegno della povertà, per creare nuovi posti di lavoro, per aiutare le imprese.

Insomma lo Stato si trovava sempre impotente davanti ad un muro insormontabile rappresentato dalla mancanza di risorse. Insomma non c’erano i soldi, come tutti noi abbiamo imparato.

E visto che nel più recente passato molti di noi hanno seguito da vicino il braccio di ferro tra l’esecutivo giallo-rosso e Bruxelles, con il quale si tentava di spingere l’asticella del deficit fino al 2,4%, sarà difficile aver dimenticato di quanta resistenza si opponeva. 

Ad alcuni Paesi dell’Eurozona, come la Francia, si concedeva un margine più ampio ma con l’Italia era diverso, per via dell’altissimo debito pubblico che nel corso degli anni aveva raggiunto il 134,8% del Pil. E alla fine per le misure contenute nella manovra economica 2020 il governo Conte è riuscito a strappare all’Europa un 2,04%.

Che l’economia non fosse una ‘scienza esatta’ lo sapevano tutti anche prima, ma a pochi veniva in mente che forse proprio per questa ragione non avesse senso fissare soglie così rigide che per anni e anni hanno frenato lo sviluppo di interi Paesi come l’Italia, con tutto ciò che ne deriva in termini di occupazione, e con tutte le conseguenze che ciò produce in ambito sociale, tra famiglie povere e indigenti.

L’odioso termine “austerità” è entrato nelle nostre case ricordandoci fin dove ci si può spingere per sostenere le categorie in difficoltà, e quali sarebbero stati i sacrifici da fare per abbattere “il macigno del debito pubblico”, che sempre più rapidamente rischiava di diventare “insostenibile” conducendoci sull’orlo del baratro chiamato “default”.

Sapevamo cosa rischiavamo, e molti di noi lo accettavano, magari non di buon grado ma in fin dei conti ci si diceva “funziona così” e andavamo avanti. Eppure adesso tutti quei limiti sono stati superati, ogni linea tracciata come soglia invalicabile è stata abbondantemente superata, ed eccoci qua, a scoprire cosa rischiavamo esattamente.

Il rapporto debito Pil è passato in un anno dal 134,8% al 158% secondo le stime contenute nella Nadef, che diventa poi un 161% se si tiene conto di quelle contenute nel rapporto del World Economic Outlook del FMI. Un bel salto di oltre 25 punti percentuale di rapporto debito/Pil, e cosa è successo? Assolutamente niente.

La BCE ha provveduto a immettere liquidità acquistando titoli di Stato, il Patto di Stabilità di cui tanto si parlava è stato sospeso con un colpo di spugna con il proposito di reintrodurlo quando lo si riterrà opportuno, e lo spread ha continuato ad avere le sue oscillazioni non particolarmente significative.

Appena qualche giorno fa, a proposito della politica monetaria della Banca Centrale Europea, durante l’audizione sulla nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (Nadef) davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, il capo del dipartimento di economia e statistica della Banca d’Italia (Bankitalia s.p.a.), Eugenio Gaiotti, ha candidamente ammesso che nei moderni regimi monetari le banche centrali, tra cui chiaramente la BCE, possono creare ‘dal nulla’ la moneta.

Gaiotti per l’esattezza ha dichiarato in quell’occasione: “come qualsiasi banca centrale la BCE acquista titoli e crea moneta, crea proprie passività per sostenere l’economia. Tutto qua”.

Ma se è così allora tutte quelle riforme cui il Paese ha dovuto rinunciare in nome dell’austerità, tutte quelle misure che non potevano essere adottate perché “mancano i soldi”, non dovevano necessariamente essere messe da parte e rimandate a tempi migliori.

Alcuni governi hanno fatto ricorso a tagli alla sanità, pur di rispettare determinati paletti, tagli che oggi paghiamo in termini di posti letto in terapia intensiva negli ospedali, in assenza dei quali ai cittadini viene chiesto o imposto di restare a casa, quando invece si sarebbe potuto evitare tutto quanto se la BCE avesse deciso di “creare moneta per sostenere l’economia” invece di agitare lo spauracchio dello spread.

E proprio con lo spread ora l’Italia non sembra avere alcun problema nonostante un rapporto debito/PIL che è cresciuto di 25 punti. I tassi di interesse italiani infatti si sono notevolmente abbassati, e pensare che tra tutti i Paesi dell’Ue, l’Italia è quello che si riprenderà per ultimo dalla crisi economica scaturita dal Coronavirus, almeno stando alle stime del Fondo Monetario Internazionale.

Per tutti questi anni, invece di arrabattarsi per ottenere decimali di deficit per finanziare le misure economiche che servivano al Paese, si poteva potenziare la sanità invece di tagliare posti letto e chiudere strutture, si poteva abbassare l’età pensionabile immettendo forza lavoro giovane, si potevano aiutare le imprese in difficoltà e ridurre la disoccupazione spingendo i consumi.

Si poteva fare tutto quanto ciò che era necessario perché tanto, finché “il debito pubblico di uno Stato è garantito dalla banca centrale che emette la valuta in cui è denominato il debito, non si pone nessun problema di sostenibilità” come spiega Thomas Fazi su IlParagone “tanto più se una banca centrale si impegna a comprare tutti o una buona parte dei titoli di nuova emissione, come sta facendo la BCE da mesi”.

Eppure fino a pochi mesi fa tutte quelle regole ferre erano dogmi e come tali indiscutibili verità poste a fondamento della nostra società. Adesso però non valgono più, il debito pubblico italiano non corre più il rischio di essere insostgenibile e di spingere il Paese verso il default economico.

Di più, sempre in occasione dell’audizione presso le commissioni di bilancio di Camera e Senato, un altro tecnico della Banca d’Italia, Fabrizio Balassone, ha spiegato che non solo in Italia non c’è alcun rischio di insostenibilità del debito pubblico, ma che addirittura “noi non abbiamo mai sostenuto come Banca d’Italia che ci fosse un problema di sostenibilità del debito”.

Insomma a sentir lui avevamo capito male noi, forse ci ha tratti in inganno una dichiarazione di Ignazio Visco di appena un anno fa, quando affermò: “abbiamo un debito pubblico elevato in rapporto al PIL e abbiamo dei dubbi che riusciamo a sostenerlo”.

In un’altra occasione sempre Ignazio Visco, che ricordiamo, è il direttore della Banca d’Italia, aveva dichiarato: “il rapporto tra debito pubblico e PIL potrebbe rapidamente portarsi su una traiettoria insostenibile. Vanno tenuti in considerazione i vincoli che derivano dall’elevato livello del debito, in quanto un aumento improduttivo del disavanzo finirebbe col peggiorare le prospettive delle finanze pubbliche, alimentando i dubbi degli investitori e spingendo più in alto il premio per il rischio sui titoli di Stato”.

Tutto questo però accadeva prima, fino a qualche mese fa insomma, ora le regole sono cambiate rispetto a questa narrazione, e la domanda che sorge spontanea é: non potevamo cambiarle prima?

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