Probabilmente rispondere al quesito: ‘al Regno Unito la Brexit conviene?’ non è facile, ma a giudicare da quanto emerso da un’analisi di Ernst & Young, il prezzo che il Paese sta già pagando per il processo di uscita dall’Ue è piuttosto caro.
Il motivo è legato alla decisione di grandi società di servizi finanziari di lasciare la Gran Bretagna per trasferire altrove la propria attività, e la situazione potrebbe peggiorare a partire dal 2021.
L’analisi di Ernst & Young evidenzia che alcune società finanziarie hanno già iniziato a spostare verso altri Paesi dell’Ue circa 7.500 dipendenti e attività per un valore complessivo che supera gli 1,2 trilioni di sterline, pari a circa 1,6 trilioni di dollari.
Dal giorno del referendum in cui il popolo britannico decise di lasciare l’Unione Europea, l’industria finanziaria ha aggiunto 2.850 posizioni nell’UE, con Dublino, Lussemburgo e Francoforte come principali destinazioni.
Il fatto è che questa fuga delle società che intendono restare nel mercato unico è tutt’altro che terminata, infatti secondo EY nel solo ultimo mese sono state annunciate altre 400 delocalizzazioni.
Se le società che hanno sede nel Regno Unito non decidono di delocalizzare infatti, perderanno con la Brexit il diritto di offrire servizi finanziari in tutta la Ue, e dovranno accontentarsi del mercato ristretto costituito dai Paesi del blocco che concede a Londra la cosiddetta equivalenza per fare affari con i clienti della regione, che però rappresenta solo il 25% delle entrate del Regno Unito.
Se però l’Unione Europea dovesse alla fine decidere di non concedere tale accesso, le imprese dovranno correre ai ripari rafforzando la loro presenza continentale.
Omar Ali, partener di Ernst & Young ha spiegato che “mentre ci avviciniamo rapidamente alla fine del periodo di transizione, alcune aziende sono entrate nelle fasi finali del loro piano Brexit, comprese le delocalizzazioni”.
“Le società finanziarie devono assicurare come minimo ai clienti di essere pienamente operative e in grado di servirli anche all’inizio del prossimo anno” dice ancora l’esperto di EY “questo nonostante la pandemia e le conseguenti restrizioni alla circolazione delle persone”. Inoltre “molte aziende sono tuttavia ancora in modalità ‘wait and see’ e presto potrebbero annunciare i loro piani di trasferimento” spiega Omari Ali.
Eppure gli spostamenti cui stiamo assistendo non hanno ancora raggiunto le stime che sono state fatte dopo il voto per la Brexit. Nel 2018 infatti il Think-tank Bruegel dichiarava che Londra alla fine potrebbe perdere qualcosa come 10 mila posti di lavoro nel solo settore bancario, e 20 mila ruoli nel settore dei servizi finanziari.
Nel frattempo arrivavano le previsioni, ancor più pessimistiche, di Xavier Rolet, ex capo del London Stock Exchange Group, secondo cui il Regno Unito potrebbe raggiungere i 232 mila posti di lavoro persi.
Tornando al rapporto steso da EY, sarebbero ben 24 le società di servizi finanziari che hanno dichiarato che trasferiranno l’attività fuori dalla Gran Bretagna per via della crescente incertezza che caratterizza l’accesso della City of London al blocco per via della Brexit.
Per il momento Londra gioca ancora un ruolo predominante nel patrimonio delle banche Usa in Europa. Infatti le cinque grandi aziende di Wall Street hanno sostenuto le loro unità nel Regno Unito con 136 miliardi di dollari di capitale di base alla fine del 2019, mentre la somma destinata all’Ue era di soli 45 miliardi di dollari, ma va detto che si attendono ulteriori trasferimenti nei prossimi mesi.
JP Morgan e Goldman Sachs lasciano il Regno Unito
L’annuncio dell’abbandono di JP Morgan con lo spostamento di asset per 200 miliardi di euro dal Regno Unito alla Germania è arrivato la settimana scorsa. In seguito la banca d’affari americana ha chiesto a 200 banker di lasciare Londra a favore di altre città dell’Ue e questo permetterebbe alla banca statunitense di diventare la sesta banca più grande del Paese se si prende in considerazione l’attività dei maggiori istituti di credito commerciale del 2019.
Per quel che riguarda JP Morgan le attività che vengono trasferite per via della Brexit rappresentano meno del 10% del bilancio totale della banca d’affari americana. Secondo le statistiche della Bundesbank però questa migrazione rappresenta poco meno del 50% delle attività detenute dalle filiali tedesche di banche estere alla fine di giugno 2020.
E Goldman Sachs ha imboccato la stessa strada di JP Morgan, chiedendo a un centinaio dei suoi banker di lasciare gli uffici di Londra per trasferirsi presso quelli di altre città europee prima che si completi il processo dell’uscita dall’Ue.
Goldman Sachs quindi provvederà a chiedere ai dipendenti che lavorano in aree come sales, trading e wealth management, di firmare nuovi contratti e di prepararsi al trasferimento in altre città europee entro il 1° gennaio 2021. Secondo Bloomberg le destinazioni del personale di Goldman Sachs potrebbero essere Parigi, Francoforte, Madrid e Milano.
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