L’Italia ha ottenuto la somma più alta per quel che riguarda il Recovery Fund, un risultato salutato come una vittoria per il Paese e come un grande successo del premier Giuseppe Conte. Altri Paesi, tra cui l’Olanda, facente parte dei cosiddetti Paesi ‘frugali’, hanno invece preferito ottenere i ‘Rebates’ che sono in fin dei conti degli sconti su quanto dovuto come contributo al bilancio dell’Ue.
Quale delle due soluzioni fosse la più vantaggiosa per l’Italia, che è un contributore netto dell’Ue, ormai ci interessa fino ad un certo punto, quello che in realtà abbiamo bisogno di capire è in che modo verranno spesi i soldi del Recovery Fund, ed è per questo che iniziamo a dare un’occhiata a quel che stanno progettando di fare gli altri Paesi dell’Ue.
IlSole24Ore ha intervistato la ministra dell’Economia e della Digitalizzazione dell’Austria, Margarete Schramböck, alla quale è stato domandato in che modo Vienna conta di usare il Recovery Fund, e tra le priorità ne sono emerse due in particolare: il potenziamento della rete 5G e lo sviluppo del digitale.
L’obiettivo è quello di “rendere l’economia europea resiliente” vale a dire in grado di reagire in modo più efficace agli shock come quello appena subito in occasione della pandemia di coronavirus, ed in particolare come conseguenza delle misure restrittive imposte dai vari governi nel periodo di lockdown.
L’impatto del Covid-19 sull’economia austriaca
Nel corso dell’intervista, alla ministra austriaca è stato domandato quale sia stato l’impatto del coronavirus sull’economia del Paese e quali interventi sono stati messi in campo per spingere la ripresa.
La ministra ha parlato di un impatto sul Pil molto forte, con una flessione del 7%, e la previsione di un rimbalzo compreso tra il 4 e il 6% per il 2021. “È la crisi peggiore dalla Grande depressione” ha spiegato Margarete Schramböck “export e turismo registrano bilanci misti, a seconda dei mercati e delle destinazioni: i settori più colpiti sono quelli in cui abbiamo dovuto applicare nuove restrizioni, come la ristorazione, con orari anticipati di chiusura, o il commercio”.
Anche in Austria, stando a quanto illustrato dalla ministra, sono state messe in campo misure di sostegno alla liquidità, come esenzioni fiscali, sgravi dei costi fissi e via dicendo, nonché misure di sostegno agli investimenti, in particolare è stato introdotto un rimborso base del 7% sugli investimenti, che viene portato al 14% per gli investimenti in campo digitale, in cambo ambientale, sanitario e delle scienze della vita. Grazie a questa misura, spiega la ministra sono già stati mobilitati “11,5 miliardi di investimenti” misura che “è stata estesa fino a febbraio”.
La posizione dell’Austria rispetto al Recovery Fund
Alla domanda, se nella sua opinione la risposta europea, ed in particolare il Recovery Fund, sia da ritenersi adeguata, anche in considerazione del fatto che l’Austria era uno dei cosiddetti ‘Paesi frugali’ che si sono espressi contrari, la ministra ha risposto entrando nel merito delle critiche mosse dal governo di Vienna.
“Non è che fossimo contrari” ha detto infatti Margarete Schramböck “le nostre critiche erano piuttosto relative al modo in cui le risorse avrebbero dovuto essere spese e alle condizioni per gli esborsi”.
La ministra austriaca ha poi accennato al suo campo di competenza, essendo stata Ceo di A1 Telekom Austria, e ha quindi spiegato che nel mondo del business si sa che “il denaro non è mai completamente gratis, né si può usare per qualunque cosa” ed è proprio per questo motivo che prospetta un Recovery Plan utilizzato soprattutto per “ambiti di investimento che contribuiscono a rendere l’economia europea più resiliente e dinamica”.
“Quindi la digitalizzazione, soprattutto, ma anche la protezione dell’ambiente, per la quale spesso servono soluzioni tecnologiche avanzate” spiega la ministra “per questo ho accolto molto favorevolmente il target minimo del 20% del Recovery Plan da destinare alla digitalizzazione”.
L’Austria verso ambiente e progetti green
Margarete Schramböck, nel corso dell’intervista rilasciata a IlSole24Ore ha parlato anche delle opportunità offerte dalla svolta “verde” della Commissione europea, che secondo la ministra austriaca rappresentano “uno sviluppo importante per affrontare le sfide del Pianeta”.
“Al tempo stesso, quando sentiamo la Commissione fissare il target di riduzione minima del 55% delle emissioni di CO2, dobbiamo tenere a mente che ci serve anche preservare la competitività dell’Europa” per questo, spiega la ministra, bisogna mettere a punto un “piano chiaro e concreto per aiutare la trasformazione dell’industria”.
Può essere quindi il Recovery Plan a sostenere un progetto di questa portata? Secondo la ministra “può fornire un sostegno, ma c’è anche un altro importante strumento, denominato IPCEI, la cooperazione transfrontaliera su progetti di interesse comune europeo”.
“E qui abbiamo quattro aree in cui investire congiuntamente a livello europeo: i semiconduttori, che bisogna avere la capacità di produrre in Europa (come siamo riusciti a fare nel primo governo Kurz, con gli 1,6 miliardi investiti dalla tedesca Infineon in Carinzia, primo investimento in questo ambito in Europa in più di 15 anni)” dice ancora Margarete Schramböck che poi elenca le altre tre.
“Le batterie” che non devono essere lasciate solo a Cina, Giappone e Corea secondo la ministra, poi l’idrogeno, e infine scienze della vita e farmaceutica. Quanto a quest’ultima area “qui in Austria abbiamo l’ultimo impianto produttivo di penicillina del mondo occidentale, a Kundl” spiega “se non avessimo convinto Novartis a restare, con un investimento del governo e del Tirolo pari a 50 milioni, sarebbe andata in Cina, insieme al know-ho per produrre l’amoxicillina”.
L’Austria e la sfida della digitalizzazione
L’Austria risulta tredicesima nella digitalizzazione in base all’indice DESI misurato dalla Commissione Ue, ma al contempo se la cava egregiamente per quel che riguarda l’e-government, sempre in base agli indici della Commissione.
Alla ministra austriaca è stato quindi domandato quali siano i punti di forza e quali invece i gap da colmare. “Considerando tutti i criteri dell’indice DESI, abbiamo una posizione intermedia e questo, ovviamente, non è abbastanza” ha premesso Margarete Schramböck.
“Nell’e-government siamo saliti terzi, alle spalle solo di Malta ed Estonia” ha spiegato poi la ministra “grazie a una strategia che consente ai cittadini di effettuare qualunque operazione, dal cambio di residenza alla registrazione del nome di un figlio, fino al voto, in maniera digitale, puntando prima di tutto sull’accesso da dispositivi mobili e ideando l’intero procedimento in maniera digitale”.
Quanto ai punti deboli, Margarete Schramböck ha citato quello delle competenze digitali visto che solo il 60% degli ultrasessantenni è in grado di usare internet, un dato che evidenzia il divario se confrontato ad esempio con quello della Danimarca, dove si sale al 90%.
Per colmare il gap l’Austria ha messo a punto una piattaforma chiamata “fi4internet” che ha lo scopo di supportare diversi utenti “ma il vero impulso è arrivato dal coronavirus” ha precisato poi la ministra prima di enunciare il terzo ambito che è “l’economia digitale, con l’e-commerce, su cui stiamo lavorando”.
Il ruolo della tecnologia 5G nella digitalizzazione
Secondo Margarete Schramböck “il 5G è una svolta: cambierà il modo di fare business, creerà nuove forme di business. E aiuterà l’Austria a colmare alcuni gap dovuti alla geografia, nella tecnologia ‘fiber to the home’. Per questo l’abbiamo così sostenuto e siamo sulla strada giusta, c’è da poco stata un’asta”.
E per quel che riguarda ancora il 5G, la ministra non esclude il contributo di nessuna delle grandi realtà tecnologiche presenti nel mercato globale, e quindi nemmeno Huawei, citata espressamente.
“Quanto a Huawei” dice la ministra “è per noi una delle tecnologie disponibili. Ci sono misure di sicurezza da rispettare e regole chiare, ma non escludiamo nessuna tecnologia dalla nostra offerta. Naturalmente preferiamo tecnologie europee, che sono presenti e ampiamente utilizzate dai nostri operatori, come quelle di Nokia ed Ericsson. Ma c’è anche Huawei” conclude Margarete Schramböck.
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