Le elezioni presidenziali negli USA si svolgeranno il 3 novembre, una data che potrebbe segnare un grande cambiamento non solo politico ma anche per quanto riguarda i mercati, che attendono questa fatidica data con un nervosismo sempre più evidente.
Sembra quasi che la competizione elettorale che vede coinvolti il presidente uscente Donald Trump, ed il candidato democratico Joe Biden, che ha ottenuto l’appoggio anche del suo ex rivale alle primarie, Micheal Bloomberg, stia scatenando il panico nei mercati.
La competizione elettorale assumerà un valore tanto maggiore quanto più sono in difficoltà i mercati che in buona parte dipendono da quell’esito, e questo non fa che gettare ulteriore incertezza nel calderone.
Eppure il grande dilemma non è rappresentato dal dualismo politico, dal quesito Trump bis o amministrazione Biden, repubblicani oppure democratici alla guida del Paese. Le preoccupazioni dei mercati sono principalmente legate al fatto che i risultati delle elezioni non saranno decisi il 3 novembre, e ad un altro fattore non meno importante.
Il secondo fattore è legato al fatto che una volta che avremo un vincitore della sfida tra Trump e Biden, il passaggio delle consegne non sarà così facile, anzi la transizione potrebbe presentare non pochi ostacoli, e questo appunto spaventa i mercati.
Quel che si teme che accada è che il risultato delle elezioni presidenziali Usa sia oggetto di contestazioni, potrebbero quindi scaturirne interruzioni nella guida politica del Paese e forse persino momenti di scontri e tensioni, con conseguenze che si ripercuoterebbero inevitabilmente sui mercati.
La domanda che si pongono quindi gli investitore americani è: in che modo il risultato delle elezioni potrebbe influenzare il mercato e l’economia a stelle e strisce?
Perché i mercati temono l’esito delle elezioni presidenziali?
Ci sono diversi aspetti da considerare, a cominciare dal fatto che per la prima volta il voto per corrispondenza sarà esteso, per via della pandemia di coronavirus, ad un numero di cittadini americani ampiamente più esteso.
Questo naturalmente, come lo stesso Trump aveva evidenziato mesi orsono, non può che destare preoccupazioni in merito alla regolarità delle operazioni di voto. Quando il tycoon espresse questa sua perplessità fu duramente attaccato, e si ritrovò persino a dover fare i conti con la ‘censura’ di Twitter che lo ha invitato a verificare le fonti a fondamento delle sue esternazioni.
I voti per corrispondenza insomma saranno molto meno controllabili dei regolari voti nei seggi. Ed una volta che il verdetto sarà stato pronunciato dai cittadini americani attraverso il voto, cosa farà il presidente Trump se avrà decretato la vittoria di Joe Biden?
L’attuale inquilino della Casa Bianca ha già avvertito che qualora dovesse vincere Biden, lui potrebbe non cedere pacificamente il potere al suo sfidante. “Bene, dovremo vedere cosa succederà” ha dichiarato Trump ai giornalisti la settimana scorsa nel corso di una conferenza stampa alla Casa Bianca, quando gli avevano chiesto se si sarebbe impegnato per una transizione pacifica del potere.
Dichiarazioni che di certo non hanno tranquillizzato i mercati. Trump ha anche spiegato che il voto per posta non è sicuro, affermando “le schede per corrispondenza sono fuori controllo”, motivo per cui l’esito del voto potrebbe essere falsato.
Come stanno andando i mercati?
Il mese peggiore per le azioni generalmente è quello di settembre, e per il momento sembra che questa regola sia stata rispettata. Il secondo mese peggiore invece dovrebbe essere quello di ottobre, che ormai è alle porte.
Ma quali sono gli elementi che vanno ad incidere sui mercati, rendendoli così nervosi e instabili? Possiamo individarne almeno tre, che elenchiamo brevemente qui di seguito.
- Assenza di stimoli aggiuntivi per quei cittadini americani che hanno perso il lavoro e che sono stati colpiti in modo più pesante dalle conseguenze economiche delle misure restrittive adottate durante il lockdown
- Assenza di chiarezza circa le scelte che la Federal Reserve opererà per aiutare a calmare il nervosismo degli investitori
- La percezione di un mercato che potrebbe aver goduto di una forte spunta che potrebbe aver prodotto una ripresa troppo repentina
Vediamo ora cosa sta succedendo a pochi giorni dall’inizio del mese di ottobre. L’indice S&P 500 SPX ha recuperato fino al 45% quasi da quando era sceso a picco toccando il minimo del mercato verso la fine di marzo. In questo momento sta tentando di evitare di finire nel territorio che viene definito di correzione, caratterizzato da un caldo di almeno il 10% e da un picco recente.
Il Nasdaq Composit invece nel territorio di correzione ci è già finito, dopo essere salito del 55% rispetto ai minimi toccati a fine marzo. Il Dow Jones Industrial invece è salito del 44% dal mese di marzo.
Quello che possiamo aspettarci per il prossimo futuro è che l’elegata volatilità implicita delle opzioni contribuisca a spingere i mercati verso una elevata volatilità sia prima che dopo le presidenziali USA del novembre 2020.
Alcuni parlano di un possibile ‘Cigno nero’ della finanza
Tra gli osservatori si inizia a parlare di questo possibile scenario, ma di cosa si tratta effettivamente? Si tratta di una situazione che presenta diverse caratteristiche tutte legate all’esito delle elezioni presidenziali di novembre 2020.
- Comunicazione dell’esito delle elezioni presidenziali con ritardi che potrebbero andare dalle 48 alle 72 ore
- Dichiarazioni del presidente USA riguardanti presunte irregolarità nelle operazioni di voto per posta, con accuse di brogli e risultati truccati a tavolino
- Gruppi di democratici e repubblicani che si riversano negli uffici elettorali con la polizia che cerca di tenere sotto controllo la situazione
- Scontri tra gruppi di democratici e di repubblicani per le strade di Washington
- Intervento dell’esercito dietro ordine di Donald Trump per ripristinare l’ordine pubblico e proteggere la Casa Bianca
- L’opinione pubblica considera l’intervento dell’esercito uno schieramento a difesa di Trump, quindi i militari vengono visti come politicizzati
Quelli sopra descritti vengono considerati come “fattori di rischio primari”, e ricordano gli eventi che hanno accompagnato l’esito delle elezioni presidenziali USA 2000, quando a sfidarsi c’erano Al Gore e George W. Bush, che restarono impegnati in battaglie legali per settimane, con l’intento di far luce sull’esito del voto nello Stato della Florida.
L’esito fu chiaro solo a metà dicembre, con un ritardo non indifferente quindi, e questo comportò un crollo di oltre otto punti percentuale per l’S&P. Tra l’altro si giunse al risultato prima di quel che sarebbe potuto accadere, e solo perché Al Gore fece un passo indietro per il bene dell’America.
Difficile aspettarsi che il presidente Donald Trump decida di fare altrettanto qualora si presentassero circostanze simili. Al momento comunque i sondaggi ci aiutano troppo poco, e resta difficile sapere quale sarà l’esito delle presidenziali o quale sarà la combinazione di Congresso e Casa Bianca.
Secondo alcuni esperti però qualcosa ha già iniziato a muoversi nei mercati, con parte del peso degli investimenti degli americani che lascia i Big Tech che hanno già elargito lauti guadagni e si riposizionerà o in liquidità o su settori ciclici o ancora sui bancari.
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