Nell’interminabile fase di transizione che dovrebbe condurre Londra e Bruxelles verso un accordo commerciale nell’ambito del divorzio tra Regno Unito ed Unione Europea, queste settimane avranno una importanza determinante.
I negoziati sembrano essersi arenati, dopo l’approvazione da parte della Camera bassa del Parlamento britannico della nuova legge proposta da Boris Johnson con cui si andavano a rivedere alcuni dei termini dell’accordo raggiunto tra le due parti circa otto mesi addietro.
L’Internal Market Bill sembrava aver messo la pietra tombale sulla possibilità di raggiungere un compromesso, eppure secondo alcuni osservatori quello della Brexit no deal non è l’unico scenario possibile, anzi.
È vero, i negoziati sono in una situazioine di stallo, e le relazioni diplomatiche tra Londra e Bruxelles sembrano peggiorare invece di migliorare, ma non è detto che alla fine le trattative naufraghino davvero, con tutte le conseguenze che ciò comporterebbe, dal punto di vista economico, commerciale e diplomatico.
Johnson continua a perseverare in quello che potrebbe essere solo un bluff, per quanto convincente possa apparire, ma se alla fine l’accordo dovesse saltare quale sarebbe il prezzo che il Regno Unito si troverebbe a pagare? Mesi fa, prima della pandemia, Johnson dichiarò apertamente che un mancato accordo danneggerebbe più l’Ue che la Gran Bretagna, ma è davvero così?
Difficile dirlo con certezza, quello che possiamo affermare senza tema di smentita alcuna è però che i negoziatori dell’Ue sembrano decisamente più determinati a insistere perché si approdi ad un accordo commerciale con Londra. Secondo alcune indiscrezioni infatti da Bruxelles faranno di tutto per non far saltare i negoziati.
Brexit: cosa succederà nelle prossime settimane?
I negoziatori dell’Ue sembrano fermamente intenzionati ad insistere per evitare a tutti i costi una Brexit, nonostante la proposta di legge del primo ministro britannico, con la quale si va a ritoccare l’accordo raggiunto a gennaio 2020, e le minacce di procedere con la Brexit senza alcun accordo se l’Ue non si mostrerà disposta a rivedere le sue posizioni.
Dal canto suo l’Ue ha risposto minacciando azioni legali verso il Regno Unito, concedendo tempo fino alla fine del mese per fare marcia indietro.
Secondo quanto riportato da alcuni funzionari vicini alle discossioni tra le due parti, Londra e Bruxelles sarebbero riuscite a superare l’ostacolo. Il capo negoziatore per il Regno Unito, David Frost, nella giornata di mercoledì 23 settembre ha infatti tenuto a Londra colloqui formali con il suo omonimo dell’Ue, Michel Barnier, fissando un nuovo incontro a Bruxelles per la prossima settimana.
Questo non vuol dire che il pericolo di un’azione legale contro Londra si possa definitivamente escludere, ma, stando a quanto riportato da un funzionario, l’Ue “si tapperà il naso” e proseguirà sulla strada del dialogo.
Il piano è quello di continuare a fare pressioni su Boris Johnson affinché ritiri le parti più controverse dell’Internal Market Bill. L’Ue è anche consapevole del fatto che il premier britannico ha bisogno di recuperare terreno nel cambpo della sua reputazione per via di una gestione dell’emergenza sanitaria coronavirus non proprio impeccabile.
Nel frattempo però da Londra non sembrano intenzionati a cedere su alcuni temi ritenuti non negoziabili, come la difesa dell’integrità nazionale, anzi ritengono che l’Ue sia ancora pronta a fare ulteriori concessioni pur di evitare la Brexit no deal.
Un accordo commerciale a tutti i costi
È evidente che un accordo commerciale tra le due parti gioverebbe tanto all’una quanto all’altra, per quanto ovviamente dipende da quali sono i termini concordati. Ma mentre Boris Johnson ha più volte mostrato di essere disposto anche ad un no deal, l’Ue continua a fare pressioni per evitare questo scenario, e preme per arrivare ad una intesa a garanzia dei suoi commerci e della sua legislazione.
Se non si riuscisse a trovare un accordo ci sarebbe il rischio che le imprese si trovino a dover interrompere il proprio business nel momento in cui il Regno Unito lascerà il mercato unico e l’unione doganale dell’Ue, cosa che dovrebbe avvenire entro la fine dell’anno.
I negoziati però procedono estremamente a rilento, ed un punto d’incontro sui temi più spinosi, come l’accordo sulla pesca e quello sui confini irlandesi, sembra ancora molto distante.
Il ministro degli Esteri della Repubblica d’Irlanda, Simon Coveney, ha spiegato che i governi dell’Ue “hanno convenuto che il nostro obiettivo collettivo dovrebbe continuare a essere il raggiungimento di una conclusione positiva dei futuri negoziati sulle relazioni”.
Difficile che la situazione si sblocchi nel breve termine, d’altra parte le probabilità che Boris Johnson accetti di annullare parti del Protocollo dell’Irlanda del Nord sono decisamente basse, da cui le difficoltà nel riavvio dei negoziati.
La prossima tappa sarà l’incontro a Bruxelles fissato per lunedì 28 settembre tra il ministro del Gabinetto britannico, Micheal Gove, con il vicepresidente della Commissione europea, Maros Sefcovic. Il termine concesso dall’Ue per ritirare le parti più controverse dell’Internal Market Bill ed evitare un’azione legale intanto si avvicina pericolosamente, e secondo alcuni funzionari l’inizio della prossima settimana non sarà piacevole.
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