Il Sì al taglio dei parlamentari è passato con l’approvazione di una larga maggioranza della popolazione italiana, che per il 69,64% ha votato sì alla riforma costituzionale che dovrebbe ridurre i costi del Parlamento riducendo il numero dei rappresentanti dei cittadini.
Ad opporsi dicendo No solo il restante 30,36%, vale a dire circa 7 milioni di persone contro il circa 17 milioni che hanno votato Sì. Ed ora cosa succederà esattamente? In cosa consiste la riforma costituzionale lo sappiamo: si riduce il numero dei deputati, che dagli attuali 630 passano a 400, ed il numero dei senatori, che dagli attuali 315 diventano 200.
Quando entra in vigore il taglio dei parlamentari?
Ma cosa comporta tutto ciò all’atto pratico? Per capire quali saranno gli effetti di questa modifica della Costituzione italiana, che interviene invero su un’altra modifica apportata nel lontano 1963, con la quale il numero dei parlamentari veniva invece incrementato, bisogna scendere nel dettaglio delle realtà territoriali e osservare in che modo muta la rappresentanza dei cittadini delle singole regioni.
Iniziamo col dire che la legge, approvata attraverso il referendum confermativo, che come spiegato non necessita di alcun quorum, è già in vigore ma produrrà i suoi effetti a partire da 60 giorni dalla sua entrata in vigore appunto.
Ciò significa che se per ipotesi si andasse a votare per eleggere il nuovo governo domattina, i cittadini sarebbero chiamati ad eleggere i soliti 945 parlamentari. Ma prima che agli Italiani sia concesso di tornare ad esprimersi si dovrà anche attendere che venga approvata la nuova legge elettorale, che dovrà a questo punto essere strutturata in modo che sia compatibile con il taglio dei parlamentari.
Riforma costituzionale e nuova legge elettorale
Per quel che riguarda la nuova legge elettorale, che stando agli ultimi accordi raggiunti dalle forze politiche dovrebbe essere ispirata ad un proporzionale sul modello tedesco con soglia di sbarramento al 5%, l’esecutivo dovrebbe giungere al varo in tempo relativamente brevi.
I collegi dovranno essere ridisegnati con la riforma costituzionale, e ciò potrebbe avvenire dopo l’approvazione della nuova legge elettorale, che è un passaggio chiaramente di fondamentale importanza.
Il direttore de Il Corriere della Sera, Luciano Fontana, ha detto a tal proposito che “da una buona legge elettorale dipende la rappresentanza dei cittadini, la selezione e la qualità della classe politica e la capacità del governo”.
È chiaro che gli effetti della vittoria del Sì, e quindi del taglio dei parlamentari non andranno a modificare alcunché sull’assetto attuale del parlamento. Gli oltre 300 parlamentari giudicati ‘di troppo’ dalla maggioranza dei votanti, non perderanno certo il proprio posto di lavoro domattina, infatti i risultati si vedranno solo dopo le prossime elezioni poltiche.
Non cambia nemmeno, e questo né prima né dopo le prossime elezioni politiche, il ruolo dei due rami del parlamento. La struttura di Camera e Senato resta quindi la stessa di prima, vale a dire il bicameralismo “perfetto”, a meno che nel frattempo non intervengano ulteriori riforme costituzionali che al momento di certo non risultano affacciarsi all’orizzonte.
Il confronto tra Italia e resto d’Europa
Una volta che i collegi saranno stati ridisegnati, con la riduzione del numero dei parlamentari, Camera e Senato saranno ridimensionate del 36,5%, un po’ più di un terzo in parole povere. Se oggi abbiamo un deputato ogni 96 mila abitanti, dopo il taglio sarà uno ogni 151 mila. Quanto ai senatori, se oggi ne abbiamo uno per ogni 188 mila abitanti, in seguito sarà solo uno per ogni 302 mila.
L’ufficio studi di Montecitorio ha preparato un grafico che illustra in modo chiaro qual è la differenza tra l’Italia e gli altri Paesi europei dal punto di vista del numero di rappresentanti in rapporto alla popolazione.
Emerge che l’Italia all’indomani del taglio dei Parlamentari sarà il Paese d’Europa con la più bassa rappresentanza. Il grafico riguarda in particolare la Camera dei Deputati, dove, come accennato, abbiamo 151 mila abitanti per un deputato, per l’esattezza sono in realtà 151.210, contro i 133.312 della Spagna, i 116.855 della Germania, i 116.503 della Francia, i 101.905 del Regno Unito e via dicendo.
Se guardiamo il dato da un’altra angolazione, ad esempio andiamo a controllare qual è il numero di deputati per 100 mila abitanti, vediamo ancora l’Italia all’ultimo posto, con 0,7 deputati per 100 mila abitanti, seguono nell’ordine: Spagna (0,8), Francia, Germania, Paesi Bassi (0,9), Regno Unito (1, come l’Italia prima del taglio), Polonia (1,2), Belgio (1,3) e così via fino a Malta che ha 14,2 deputati per 100 mila abitanti.
Quanto si risparmia con il taglio dei parlamentari?
È proprio questo il motivo per cui si è deciso che era giunto il momento di tagliare il numero dei parlamentari in fin dei conti: il risparmio per le casse dello Stato, che dovrebbe tradursi in più soldi per le riforme ecc… Ma quanto si va a risparmiare quindi rinunciando a circa un terzo dei nostri rappresentanti?
Fare il calcolo non è semplicissimo, ma un’idea seppur non precisissima riusciamo a farcela. Abbiamo detto che il numero dei parlamentari si riduce di 315, il che singifica che si elimina altrettante volte la diaria, le indennità di carica e altre voci.
Mediamente si calcola una spesa di 19 mila euro al mese, inclusi i rimborsi, per ciascun deputato, e tra i 20 e i 21 mila euro al mese per ciascun senatore. Quindi si arriverebbe ad un risparmio di circa 53 milioni di euro alla Camera e di 29 milioni di euro al Senato, almeno in teoria, ma in pratica c’è da tener conto di un altro dettaglio.
L’Osservatorio sui conti pubblici diretto da Carlo Cottarelli fa notare che bisogna considerare anche le cifre nette, visto che parte dei compensi torna allo Stato sotto forma di tasse. Il risparmio che si ottiene quindi con il taglio del numero dei parlamentari si riduce a 37 milioni per la Camera e 27 milioni per il Senato, cioè circa 64 milioni di euro l’anno.
Insomma il taglio dei parlamentari produce un risparmio di poco più di un euro per singolo cittadino italiano. E se aggiungiamo a queste cifre le spese ‘generali’ come gestione degli uffici, dalla cancelleria ai telefoni ecc, che però sono ancor più difficili da quantificare, possiamo aggiungere alla somma altri 30 milioni, che porterebbero il risparmio a 1 euro e 50 per cittadino.
Per alcune regioni molti meno rappresentanti
Il taglio dei Parlamentari si ripercuote chiaramente su base regionale, il che significa che per alcune regioni, come la Basilicata, il Molise e l’Umbria il numero dei rappresentanti in parlamento si riduce del 33% circa, mentre per altre si arriva persino al 39%.
Prendiamo l’esempio dell’Abruzzo, che con il taglio dei parlamentari avrà un deputato per ogni 145 mila abitanti, mentre in Liguria sarà uno ogni 157 mila. Questo per quel che riguarda la Camera dei deputati, mentre per il Senato le differenze si fanno ancor più evidenti, con il Veneto che perde ad esempio il 33% degli eletti e la Basilicata che perde il 57%.
Sempre per quel che riguarda Palazzo Madama, i senatori sono eletti su base regionale e la Costituzione prevede un numero minimo di seggi per regione appunto, tranne il Molise che ha diritto a due senatori e la Valle d’Aosta cui ne spetta in ogni caso 1.
Fino ad oggi il numero minimo era di 7 senatori per regione, ma adesso questo numero scende a 3. Saranno 3 infatti i senatori previsti per la Basilicata e per l’Umbria, 4 andranno a Friuli Venezia Giulia e Abruzzo, 5 alla Liguria, Marche e Sardegna, 6 per Calabria e Trentino Alto Adige. Troviamo poi Toscana (12), Puglia (13), Emilia Romagna e Piemonte (14), Veneto e Sicilia (16), Lazio e Campania (18) e Lombardia (31).
Se guardiamo il numero dei senatori, notiamo che qui le differenze tra una regione a l’altra si fanno ancor più evidenti, con la Basilicata che avrà un senatore per ogni 193 mila abitanti, l’Abruzzo e la Sardegna che ne avranno uno rispettivamente ogni 327 e 328 mila.
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