Proprio nel momento in cui il Regno Unito sta per avviare l’ottavo round di negoziati con l’Ue per giungere ad un accordo commerciale che possa essere accettato da entrambe le parti, arriva una dichiarazione che di certo non passa inosservata, quella del segretario di Stato britannico per l’Irlanda del Nord, Brenton Lewis.

“Sì, violiamo il diritto internazionale” ammette il segretario Lewis “ma in modo molto specifico e limitato” si premura di sottolineare poi. Una dichiarazione che getta ancor più ombre su una trattativa che sono sempre meno quelli che credono possa portare effettivamente ad un accordo con Bruxelles.

Si avvicina ancora quindi lo spettro della Brexit No Deal di cui tanto si è parlato e di cui probabilmente ci si troverà ancora tanto a parlare visti i recenti sviluppi nelle trattative tra Uk e Ue.

Una dichiarazione, quella rilasciata da Brenton Lewis, che è stata accolta perfino con incredulità da Bruxelles, ed ora la strada verso un accordo non può che partire in salita. Tra l’altro vi erano già tutte le peggiori premesse visto l’ultimatum dato all’Ue dal primo ministro britannico, Boris Johnson, che ha minacciato una Brexit No Deal in caso di mancato accordo entro il 15 ottobre.

Non si può neppure dire, quindi, che sia ‘tutta colpa di Lewis’ se l’ottavo round di trattative non parte con le migliori premesse. Sembra anzi esserci uno schema ben preciso dietro le mosse di Londra, volto a destabilizzare la controparte.

Prima si è parlato dell’Internal Market Bill, la nuova legge che sarà presentata a Westmister l’11 settembre 2020, e che a quanto annunciato nei giorni scorsi introdurrà alcune modifiche non indifferenti, sull’accordo raggiunto a suo tempo con l’Ue, che finirà per essere ridimensionato notevolmente nella sua sostanza.

L’Internal Market Bill va ad intervenire infatti sul frutto delle trattative con Bruxelles in seguito alle quali erano state gettate le basi di partenza per il raggiungimento di un accordo commerciale tra le due parti. Un accordo che era stato lo stesso Boris Johnson a sottoscrivere l’anno scorso dopo una lunga serie di estenuanti trattative. 

Nel frattempo, secondo quanto rivelato dal Financial Times, il capo del dipartimento legale del governo britannico, Jonatan Jones, ha lasciato la sua carica in aperta polemica con le posizioni assunte dal governo britannico rispetto alla trattativa con l’Ue per il raggiungimento dell’accordo economico post-Brexit.

Jones avrebbe lasciato il posto proprio per via del disegno di legge riguardante l’Internal Market Bill, a proposito del quale si è detto “molto infelice”. Altrettanto scontenta è subito apparsa anche la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, così come non è piaciuta al capo negoziatore dell’Ue, Michel Barnier che ha dichiarato: “tutto quel che viene firmato deve essere rispettato”.

David Sassoli: “il Regno Unito rispetti pienamente gli impegni”

Le probabilità che si riesca a giungere ad un accordo commerciale a questo punto sono minime, e secondo il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, ci saranno “gravi conseguenze” se Londra e Bruxelles non riescono a trovare un compromesso.

Il presidente del Parlamento Ue ha sintetizzato la linea dell’Ue in tre parole “pacta sunt servanda”. “Ci aspettiamo che il Regno Unito rispetti pienamente gli impegni che ha negoziato e sottoscritto l’anno scorso” ha detto ancora David Sassoli “soprattutto per quanto riguarda i diritti dei cittadini e l’Irlanda del Nord”.

Manfred Weber: “l’Europa non si farà ricattare”

A sostenere la linea dell’Ue si erge anche il capogruppo Ppe, Manfred Weber, che ha dichiarato: “l’Europa non si farà ricattare” e ha poi aggiunto che “se vinceranno gli ideologi, tutti perderanno”.

Si unisce quindi al coro, Manfred Weber, affermando che gli accordi sulla Brexit “devono essere rispettati, senza discussioni o ulteriori negoziati da parte britannica. Si tratta della domanda fondamentale se ci si possa fidare delle intese internazionali”.

La Brexit No Deal ormai sembra essere l’unico scenario possibile, vista la piega che hanno preso le trattative. Le difficoltà che l’Ue sembra riscontrare nei negoziati con Londra non le aveva incontrate invece quando dall’altra parte c’era la Grecia con la sua Grexit mai riuscita. All’epoca furono rispettati gli accordi, ciò che non fu rispettato fu il volere del popolo espresso con il referendum ma poi calpestato.

Martin Schirdewan: “l’Ue dovrebbe interrompere i colloqui con Londra”

In risposta alla decisione di Londra di andare a introdurre l’Internal Market Bill, alcuni eurodeputati hanno iniziato a sostenere che Bruxelles dovrebbe interrompere i negoziati a meno che l’ipotetica legge britannica sul mercato interno non sarà tolta dal tavolo.

Ne ha parlato tra gli altri il capo della commissione per il Commercio al Palramento europeo, Bernd Lange, in una intervista rilasciata allo Spiegel online, e lo ha confermato il capogruppo della Linke all’Europarlamento, Martin Schirdewan, che ha dichiarato: “l’Unione europea dovrebbe interrompere i colloqui con Londra, finché Johnson non torna alla ragione”.

Vi è un problema di mancanza di fiducia reciproca che mina alle fondamenta qualsiasi progetto di raggiungere un accordo commerciale potenzialmente equo tra le due parti. Bisogna compiere importanti passi avanti e bisogna compierli subito, se si vuole sperare nel raggiungimento di un accordo, altrimenti l’unica strada che resta aperta è quella della Brexit No Deal di cui si sente sempre più parlare.

Lo stesso capo negoziatore per il Regno Unito, David Frost, prima di sedere al tavolo dei negoziati con Bruxelles ha affermato che Londra chiede “maggiore realismo” all’Unione europea nell’ambito della trattativa per il post Brexit, e ha poi spiegato: “se vogliamo un’intesa prima della fine dell’anno, è necessario che ci siano progressi già questa settimana”.

È stato ancora Frost a far intendere chiaramente che quel che gli preme maggiormente è lo status del Regno Unito come “Stato indipendente”. Ergo, se l’Europa “non ce la fa, nei tempi molto limitati che ancora ci rimangono, allora tratteremo per ottenere condizioni come quelle che l’Ue ha con l’Australia”, e a giudicare dalla situazione sembra proprio che sia questa la prospettiva più realistica.

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