Non accenna a decrescere la tensione tra Stati Uniti e Cina, che dopo le ultime schermaglie nell’ambito della guerra social si trovano ad affrontare un altro capitolo del loro annoso confronto. Questa volta l’offensiva arriva dal governo di Pechino, che decide di passare al contrattacco minacciando di boicottare Apple.
La guerra social non si interrompe quindi dopo il ban di TikTok e WeChat stabilito con l’ordine esecutivo firmato dal presidente Usa, e motivato con ragioni di sicurezza nazionale. I dati raccolti dalle app incriminate sarebbero state, secondo la Casa Bianca, trasmesse a Pechino ed utilizzate a scopo di spionaggio. In tutta risposta dalla Cina arriva adesso la decisione di boicottare Apple.
Un portavoce del governo di Pechino ha infatti reso noto che qualora l’ordine esecutivo non venga ritirato, la Cina provvederà a boicottare i prodotti Apple. “Se WeChat verrà bandito dagli Stati Uniti, i Cinesi non avranno motivo di tenere i loro iPhone e prodotti Apple” ha scritto su Twitter il portavoce del ministero degli Esteri cinese.
La Apple peraltro, e con essa anche altre big a stelle e strisce, aveva già espresso preoccupazione in merito alle ripercussioni che il ban di WeChat avrebbe avuto sull’andamento delle multinazionali statunitensi, con grosse perdite di fatturato all’orizzonte.
Nello specifico, per il colosso della Silicon Valley, le conseguenze potrebbero essere importanti. Il fatto è che la Apple perderebbe tutti i clienti cinesi e non solo quelli che risiedono in Cina ma anche quelli che abitano in altri Paesi, e come è facile intuire non sono pochi.
Per i Cinesi in particolare WeChat è una app essenziale nella vita quotidiana per una serie di motivi, a cominciare dal fatto che permette di eseguire pagamenti di importi modesti in modo facile e veloce, permette di pagare i premi assicurativi, le bollette, e di recente si utiizza anche per i Qr code relativi al tracciamento Covid-19.
L’analista Ming-Chi Kuo ha spiegato che la mossa di bandire WeChat farebbe perdere ad Apple circa il 30% del suo mercato globale, anche perché bisogna tener conto di tutti gli accessori legati ad iPhone che uscirebbero dall’interesse di acquisto. Se invece il ban, come ipotizzato, si limitasse al territorio degli Stati Uniti, la perdita per Apple si ridurrebbe al 3-6%.
WeChat, la app di proprietà della Tencent, in Cina è conosciuta come Weixin, conta 1,2 miliardi di utenti attivi che sono per la stragrande maggioranza cinesi, ed è disponibile in venti lingue.
Guerra social e TikTok, ci sarà la vendita?
È dei giorni scorsi la notizia che l’americana Walmart sarebbe disposta ad acquistare TikTok. La società proprietaria della popolare app cinese dei video brevi ByteDance, sarebbe infatti pronta a vendere TikTok in tempi particolarmente brevi.
Walmart, che ha annunciato l’unione con Microsoft per l’acquisto di TikTok, si scontra però con il muro eretto dal governo di Pechino, che ha fatto sapere che ByteDance non potrà vendere le sue operazioni in Usa senza l’autorizzazione del governo cinese.
Ad imporlo sono alcune restrizioni varate dal Ministero del Commercio cinese, che, secondo quanto riportato da Repubblica, “ha aggiornato la lista di tecnologie sulla cui esportazione all’estero pende una autorizzazione in capo al governo”.
La ragione di fondo, anche in questo caso, è “motivi di sicurezza nazionale” ma ad invocarla è la Cina e non gli Usa questa volta. Su Repubblica leggiamo che la legge si riferisce in particolare “ad alcune funzionalità di intelligenza artificiale quali il riconoscimento di contenuti personalizzati” e per via del tipo di tecnologia utilizzata, il governo impone la condizione di chiedere il permesso prima di vendere le proprie attività.
La vendita sarebbe circoscritta non solo al territorio degli Stati Uniti, ma comprenderebbe anche il Canada, la Nuova Zelanda e l’Australia. Secondo l’agenzia Bloomberg “il provvedimento è motivato con la necessità della Cina di salvaguardare la propria sicurezza nazionale” infatti e si tratterebbe della prima volta, in 12 anni, in cui viene apportata una modifica all’elenco con l’aggiunta di 23 oggetti.
Una modifica che coinvolge, secondo gli addetti ai lavori, proprio l’aspetto dell’esportazione delle tecnologie. Sciogliere questo nodo necessiterà di tempo, probabilmente anche un mese, il che porterebbe la questione a ridosso delle elezioni presidenziali Usa.
Questo potrebbe significare che la soluzione alla questione finirà per essere rimandata a dopo l’elezione del nuovo presidente degli Stati Uniti.
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