Alle prime luci del giorno di oggi 21 luglio 2020, si conclude il vertice dei leader dei 27 Paesi membri con un accordo finalmente raggiunto. Il Recovery Fund sarà, come da proposta della Commissione Ue, da 750 miliardi di euro, ma cambiano le proporzioni tra sussidi a fondo perduto e somme concesse in prestito.

Il braccio di ferro coi cosiddetti Paesi ‘frugali’ è perdurato per tutta la notte, e alla fine gli aiuti a fondo perduto sono stati notevolmente ridotti, passando da 500 a 390 miliardi di euro. Per l’Italia però non si tratta di una sconfitta, in quanto l’importo che spettava a Roma, vale a dire gli 81 miliardi, non viene toccata, anzi viene incrementata quelle relativa alla somma concessa in prestito, che passa da 91 a 127 miliardi.

Il vertice più lungo nella storia dell’Ue

L’accordo con i leader dei Paesi membri arriva alle 5.32 di questa mattina, dopo un’altra nottata di trattative che ha portato finalmente al testo definitivo approvato dal vertice dei 27. Il confronto è stato molto serrato in particolar modo tra il premier Giuseppe Conte e l’omonimo olandese Mark Rutte, che ha portato avanti con decisione la linea dei Paesi frugali.

I 750 miliardi previsti dal Recovery Fund saranno reperiti da Bruxelles attraverso l’emissione degli Eurobond, il che rappresenta un passo storico per l’Unione Europea, dal momento che si tratta del primo episodio di mutualizzazione del debito tra i Paesi membri.

Cambiano quindi le politiche economiche dell’Ue al termine del vertice che per durata fa segnare un nuovo record, nel momento in cui ha superato la quarta notte di trattative entrando nel quinto giorno. In tal senso il record era fino ad oggi detenuto dal vertice di Nizza del 2000, che durò quattro giorni e quattro notti.

Charles Michel: “ce l’abbiamo fatta. L’Europa è forte e unita”

Soddisfazione è stata espressa subito dopo il raggiungimento dell’accordo da parte del presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, che ha scritto dapprima un tweet nel quale ha sancito il risultato. “Deal!” ha infatti twittato Michel alle 5.31 di stamattina, 21 luglio 2020, per poi scrivere dopo qualche minuto un breve commento sul risultato conseguito.

“Ce l’abbiamo fatta, l’Europa è forte e unita” ha scritto il presidente Michel “è un ottimo accordo, e un accordo giusto. Ed è un segno concreto che l’Europa è una forza in azione”.

Conte: “sono orgoglioso di questo risultato, orgoglioso di essere italiano”

Soddisfazione ancora più evidente l’ha espressa il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, reduce di un confronto che viene definito molto duro con il premier olandese, Mark Rutte.

“Abbiamo conseguito questo risultato tutelando la dignità del nostro Paese e l’autonomia delle istituzioni comunitarie” ha dichiarato Conte in conferenza stampa dopo la fine del vertice europeo, parlando dell’approvazione di “un piano di bilancio ambizioso che permetterà di affrontare questa crisi con forza ed efficacia”.

Si tratta di “un momento storico per l’Europa e di un momento storico per l’Italia” ha osservato Conte, fornendo poi informazioni più precise sull’accordo raggiunto dai 27 “il piano di rilancio che abbiamo approvato è davvero molto consistente. 750 miliardi, dei quali una buona parte andranno all’Italia: il 28 per cento, parliamo di 209 miliardi destinati all’Italia“.

Non solo quindi il Recovery Fund resta da 750 miliardi, pur con una proporzione diversa tra aiuti a fondo perduto e somme date in prestito, ma per l’Italia le somme previste inizialmente a fondo perduto non vengono toccate comunque, con un arricchimento invece di quelle concesse sotto forma di prestito.

“Abbiamo anche migliorato l’intervento a nostro favore” spiega infatti il premier “se consideriamo la proposta originaria della Commissione Ue. Abbiamo conservato gli 81 miliardi a titolo di sussidi e abbiamo incrementato notevolmente l’importo dei miliardi concessi in prestito che sono passati da 91 a 127 miliardi, registrando un incremento di 36 miliardi”.

“Il governo italiano è forte” ha poi aggiunto Conte in conferenza stampa “la verità è che l’approvazione di questo piano rafforza l’azione del governo italiano. Ora avremo una grande responsabilità: con 209 miliardi abbiamo la possibilità di far ripartire l’Italia con forza e cambiare volto al Paese. Ora dobbiamo correre“.

Un accenno è stato fatto da parte del premier anche alla possibilità di usare il Mes. “La mia posizione non è mai cambiata. Il Mes non è il nostro obiettivo” ha chiarito Conte “l’obiettivo è valutare il quadro di finanza pubblica e utilizzare tutti i piani che sono nell’interesse dell’Italia. Il piano che oggi approviamo ha assoluta priorità. Ci sono prestiti molto vantaggiosi”.

Poi l’annuncio: “partirà presto task force sul Piano di Rilancio” punto sul quale però serve un confronto in Parlamento, e quindi con le opposizioni, interne ed esterne alla maggioranza di governo. “Avremo il quadro chiaro dopo il confronto con le opposizioni” ha infatti precisato il premier Conte.

L’intervento del presidente del Consiglio in conferenza stampa termina con i ringraziamenti che hanno permesso il raggiungimento del risultato. “Permettetemi di ringraziare tutti gli Italiani: in questi giorni sono stato molto impegnato, non ho avuto il tempo di seguire il dibattito interno ma ho avvertito forte il sostegno di tutta la comunità nazionale: sono orgoglioso di questo risultato, orgoglioso di essere italiano”.

Macron: “un giorno storico per l’Europa”

Anche il presidente francese, Emmanuel Macron, ha scritto un post su Twitter per celebrare il raggiungimento dell’accordo. “È un giorno storico per l’Europa” ha scritto Macron, mentre la cancelliera tedesca, Angela Merkel, in conferenza stampa congiunta col suo omonimo francese ha dichiarato: “L’Europa ha dimostrato di essere in grado di aprire nuovi orizzonti in una situazione così speciale”.

La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha ricordato invece: “un pacchetto senza precedenti: il Recovery and Resilience Facility è stabilito in una maniera molto chiara: è volontario, ma chi vi accede deve allinearsi con i Semestre europeo e le raccomandazioni ai Paesi”.

Una cessione di sovranità in merito ad una serie di scelte che prima erano in capo al governo di ciascuno Stato membro, ma che, una volta accettati gli aiuti previsti dal Recovery Plan, sono sottoposte all’autorità dell’Ue.

Un concetto che la stessa von der Leyen ribadisce in maniera molto chiara: “finora dipendeva solo dai Paesi rispettarle o meno, ma ora le raccomandazioni sono legate a sussidi e potenziali prestiti”.

Cosa prevede l’accordo raggiunto sul Recovery Fund?

Al termine delle trattative di questi quattro giorni, i leader dei 27 Paesi membri sono finalmente giunti ad un accordo sul Recovery Fund, principale nodo da sciogliere nell’ambito del vertice di Bruxelles.

Alla fine della serata di ieri, il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, ha radunato i capi di Stato e di governo e ha messo sul tavolo la nuova bozza dell’accordo per la quale si attendeva da 48 ore.

In quella proposta i 750 miliardi del Recovery Fund non venivano ridotti, ma venivano cambiate le proporzioni tra la parte a fondo perduto e le somme date in prestito. Dei 500 miliardi a fondo perduto infatti, in seguito alle pressioni dei cosiddetti Paesi ‘frugali’ ne restano solo 390, ed i 110 restanti finiscono tra le somme date in prestito.

Inoltre i quattro Paesi frugali (Austria, Olanda, Svezia e Danimarca) che nel frattempo sono diventati cinque con l’arrivo della Finlandia, sono riusciti ad ottenere un aumento dei loro rebates, vale a dire degli sconti sui versamenti al Bilancio comune 2021-2027.

Il Recovery Fund insomma qualche modifica l’ha subita nel corso del vertice, con uno spostamento delle poste all’interno del “Next Generation Eu” che per l’Italia si traduce in 3,8 miliardi di euro in meno a fondo perduto, e al contempo 38 miliardi in più sotto forma di prestito.

Aumentano quindi le somme che l’Italia dovrà restituire all’Europa, e il nostro Paese risulta tra l’altro, con 209 miliardi di euro, il primo beneficiario dei fondi comuni davanti alla Spagna, ma le somme non arriveranno prima del secondo trimestre 2021.

In ogni caso è stato deciso che i Paesi che accederanno ai fondi del Recovery Fund potranno usarli anche retroattivamente per coprire i costi relativi alle misure che sono state prese a partire dall’inizio dell’emergenza coronavirus, vale a dire da febbraio 2020, a patto che risultino compatibili con quelli che sono gli obiettivi del Recovery Plan,

Gli occhi dell’Ue saranno puntati costantemente sull’Italia

Tanti soldi per la ripartenza dell’Italia con il Recovery Fund, ma anche un bel carico di responsabilità e vincoli non indifferenti. L’Italia si ritroverà da ora in avanti con gli occhi dell’Europa fissi addosso, e mentre nella prima proposta, quella della Commissione Ue, sarebbe stato questo stesso organo a decidere sui fondi, lasciando ai governi dei Paesi membri un ruolo marginale, ora molte cose sono cambiate.

La soluzione proposta da Ursula von der Leyen sin dall’inizio non piaceva al premier olandese, Mark Rutte, che ha fatto di tutto per ottenere un diritto di veto per costringere l’Italia ad adottare anche le riforme più impopolari per ottenere i fondi.

Un confronto molto duro quindi tra Rutte e Conte, che dopo giorni di dibattito, verso mezzanotte ha registrato un ennesimo duello che ha costretto il presidente della Commissione, Charles Michel, a interrompere di nuovo la seduta plenaria che avrebbe dovuto approvare il testo finale. A quel punto Rutte e Conte, scortati da Merkel e Macron, hanno proseguito le trattative in una stanza separata fino ad arrivare all’accordo.

Come si accede ai fondi del Recovery Fund: la procedura

Nel momento in cui un governo propone il suo Piano Nazionale di Riforme, che rappresenta la condizione necessaria per poter accedere al Recovery Fund, la Commissione Ue ha la possibilità di decidere entro due mesi se approvarlo oppure no, valutando aspetti come il tasso di rispetto di politiche in ottica green, politiche digitali, e delle raccomandazioni dell’Ue 2019-2020.

In quest’ultimo insieme si raggruppano interventi finalizzati ad esempio alla riforma delle pensioni, del mondo del lavoro, della giustizia, della pubblica amministrazione, dell’istruzione e naturalmente della sanità.

Il giudizio però non sarà espresso solo da Bruxelles, ma dipenderà anche dal parere espresso dai leader dei Paesi membri a maggioranza qualificata. Per bloccare il piano nazionale di riforme di un Paese ‘sovrano’ sarà sufficiente, in seguito alle pressioni di Rutte, un gruppo di Paesi che rappresenta il 35% della popolazione dell’Ue.

I Paesi frugali da soli non sarebbero quindi in grado di bloccare un Piano nazionale di riforma, ma se al loro giudizio negativo si andasse ad aggiungere quello di un Paese dell’Ue medio-grande, il loro peso potrebbe essere più che sufficiente.

Un altro obiettivo raggiunto dal premier olandese riguarda i futuri esborsi di soldi, per i quali è riuscito ad imporre una sorta di “super freno di emergenza”. Gli esborsi saranno infatti condizionati alla verifica degli obiettivi intermedi del Piano di riforme nazionale, il che vuol dire, secondo quanto leggiamo su La Repubblica, che “le singole decisioni sui pagamenti della Commissione dovranno essere confermate dagli sherpa dei ministeri delle Finanze della zona euro (Efc) ‘per consenso'”.

In questo modo Mark Rutte non ottiene un vero e proprio diritto di veto, ma ci va abbastanza vicino.

Poi c’è stato un punto sul quale lo scontro è stato ancora più vivace. “Se uno o più governi” dovessero vedere “serie deviazioni dai target” potranno chiedere che vengano svolti dei controlli accurati sul Paese in oggetto, e che la situazione venga discussa dai leader in sede di Consiglio europeo, con la Commissione che dovrà provvedere a bloccare l’elargizione dei fondi.

Il dibattito si è concentrato sulla formula da utilizzare nel testo, che inizialmente affermava che i leader dovranno affrontare il nodo riforme “in modo decisivo”. Era questa la dicitura che era stata utilizzata inizialmente, quella che si trovava nella bozza presentata ai leader dei 27 da Charles Michel.

La formula però appariva chiaramente ambigua, e se da un lato poteva essere interpretato, ad esempio dai Paesi frugali, come un veto mascherato, da un altro poteva essere un riferimento ad una semplice discussione per un Paese come l’Italia o la Spagna.

Il tema è divenuto di centrale importanza e ha richiesto un approccio serio e decisivo. Il premier Conte, da quanto leggiamo su La Repubblica, assistito dal ministro Amendola, dal consigliere diplomatico Piero Benassi, dal rappresentante permanente presso la Ue, Maurizio Massarim, e in collegamento con il Mef, è riuscito a far modificare il testo.

L’espressione “in modo decisivo” è stata quindi sostituita con “in modo esaustivo”. Niente unanimità quindi, e l’intero processo potrà avere una durata massima di 3 mesi, decorsi i quali spetterà comunque alla Commissione Ue decidere in che modo gestire il caso, e non saranno i governi dei vari Paesi ad avere l’ultima parola, come invece chiedeva l’Olanda.

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