Non sembra ci sia l’intenzione da parte di alcuna forza politica, almeno per il momento, di fare lo sgambetto ad un esecutivo che zoppica vistosamente da tempo. Eppure ciò non toglie che il rischio che il Conte bis finisca zampe all’aria non è affatto da escludere, vista la delicatezza degli appuntamenti in programma per le prossime settimane.

Si parla anzitutto di quali siano i numeri sui cui l’esecutivo guidato da Giuseppe Conte può contare a Palazzo Madama, perché se la maggioranza dovesse finire sotto nei prossimi giorni, le camere dovrebbero essere sciolte entro il 20 luglio, se si vuole votare all’election day del 20 settembre, con l’appuntamento delle regionali.

Il primo ostacolo da superare riguarda il voto previsto per la metà di luglio sul pacchetto di aiuti per la ripartenza, del quale fa parte naturalmente il Mes (Meccanismo Europeo di Stabilità). E ci sarà anche la votazione che riguarda il nuovo scostamento di bilancio da 20 miliardi di euro, proprio il 15 luglio, occasione in cui servirà il raggiungimento della maggioranza qualificata di 161 eletti a Palazzo Madama.

Un rischio da non sottovalutare, soprattutto se si tiene conto delle parole di Renato Brunetta, di Forza Italia, che di certo non sembra voler tranquillizzare l’esecutivo sul fatto che il centrodestra possa andare ancora in suo soccorso tappando i buchi sempre più grossi nella maggioranza. “Se il governo continua a tirare dritto senza ascoltarci non lo voteremo” ha detto Brunetta, alimentando i dubbi sulla tenuta dell’esecutivo.

La votazione sull’uso del Mes e sugli altri aiuti europei

La situazione più a rischio per il Governo è quella della votazione sul pacchetto di aiuti europei, tra i quali appunto il cosiddetto Fondo salva-Stati. La votazione si terrà alla vigilia del Consiglio europeo previsto per i giorni 17 e 18 luglio, in occasione del quale dovrebbe finalmente chiudersi la trattativa sul Recovery Fund.

E qui il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, non potrà limitarsi ad una informativa a Palazzo Madama, come ha fatto durante gli Stati Generali, ma dovrà consultare il parlamento, il che significa che si dovrà necessariamente votare.

Il Movimento 5 Stelle, che al momento non ha un leader, e non ha nemmeno una vaga idea di quando potrà averne uno visto che la proposta avanzata da Alessandro Di Battista di un convegno per riorganizzare il movimento è stata bollata da Beppe Grillo come un’assurdità, continua a perdere pezzi.

Un’altra senatrice, questa volta si tratta di Alessandra Riccardi, lascia il M5s per passare alla Lega. D’altra parte il Movimento 5 Stelle esiste solo sulla carta, ma di fatto è ridotto ad un serbatoio voti cui attingere nelle modalità più disparate, ad esempio mettendo in mano al senatore una bandierina di un colore diverso, come avvenuto in questo caso.

E c’è anche da dire che è lo stesso leader leghista, Matteo Salvini, a far sapere che la ‘campagna acquisti’ del Carroccio prevede altri nuovi arrivi dal M5s, e questo chiaramente non fa altro che minare la stabilità dell’esecutivo.

Il governo quindi sta valutando in che modo correre ai ripari, e visto che il tema del Mes è quello più spinoso, si sta addirittura pensando di provare a proporre una risoluzione di maggioranza sul solo Recovery Fund, rimandando invece la questione dell’uso del Mes a settembre.

Il Movimento 5 Stelle sul Mes

Il Partito Democratico stima che potrebbero essere almeno sette i senatori del Movimento 5 Stelle che non voterebbero il pacchetto Ue se al suo interno ci sarà anche il Mes. E dal momento che la maggioranza si regge in piedi su 6 voti di scarto, evidentemente per far passare la risoluzione occorreranno i voti di Forza Italia.

Si ripropone quindi l’asse Pd-Forza Italia, che ci mostra le due facce della stessa medaglia, ma non è detto che il supporto dei forzisti alla fine arrivi davvero. Serve qualcosa in cambio, d’altra parte gli alleati (Lega e Fratelli d’Italia) non aspettano altro che poter mandare a casa Giuseppe Conte, e come ha fatto notare Brunetta, “se il governo continua a tirare dritto senza ascoltarci, non lo voteremo”.

E dal momento che il supporto di Forza Italia inizia a diventare indispensabile, il capodelegazione Dario Franceschini e il capogruppo di Palazzo Madama Andrea Marcucci, hanno preso contatti informali con FI e M5s per capire se è possibile far entrare nella maggioranza anche il partito di Silvio Berlusconi.

Il che completerebbe l’opera di assimilazione del Movimento 5 Stelle, che dopo aver stretto alleanza con Renzi, scenderebbe a fare accordi anche con Silvio Berlusconi. Eppure i 5 Stelle accennano un qualche dissenso, per tentare di salvare almeno la faccia e qualche manciata di voti. La convivenza con il vecchio “nemico” è troppo, meglio continuare a contare sul suo appoggio ma senza dare troppo nell’occhio.

Da Forza Italia intanto arriva un invito alla cautela. Secondo quanto riportato su IlSole24Ore i forzisti non sono pronti, prima delle elezioni regionali di settembre, ad uno strappo così netto con gli alleati storici, Matteo Salvini e Giorgia Meloni.

I nodi insomma verranno al pettine al più tardi in autunno, e sarà in questa fase che il Governo Conte potrebbe dover fare i conti con i numeri che non ci sono più. Entro l’autunno poi si vedranno in maniera finalmente chiara quali sono i risultati sul piano economico delle misure restrittive adottate durante il lockdown.

Sarà infatti a partire da settembre che si potrebbero avere anche degli effetti dal punto di vista della rabbia sociale di cui in più occasioni ha parlato lo stesso segretario del Pd Nicola Zingaretti. Bisogna ancora una volta correggere la rotta del Governo, o meglio dargliene una, come sottolinea lo stesso Matteo Renzi, che nella maggioranza sembra sempre meno a disagio.

Un governo che vuole governare deve avere una rotta. Un governo che procede un po’ di qua e un po’ di là è un governo che una rotta non ce l’ha” ha infatti affermato il leader di Italia Viva “e quando manca la rotta le navigazioni diventano pericolose”.

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