Potrebbero servire fino a 170 miliardi di euro per mettere in atto il Piano Colao nella sua integrità, vale a dire tutte le proposte contenute nelle 121 pagine di schede di cui si compone. Ed è proprio di 170 miliardi, la somma che l’Europa dovrebbe mettere a disposizione dell’Italia attraverso il Recovery Plan, ammesso che la sua versione definitiva non subisca troppe modifiche.
L’iter per l’approvazione del Recovery Plan è infatti ancora lungo, e considerata l’opposizione evidente dei cosiddetti Paesi frugali (Austria, Olanda, Svezia, Danimarca e ora anche Finlandia), il rischio che le somme destinate vengano alla fine ritoccate, è effettivamente tutt’altro che da escludere. Per saperne di più in tal senso però si dovrà attendere almeno il prossimo Consiglio europeo, che è già fissato per metà luglio.
E per quel che riguarda ancora il modo in cui è strutturato il Piano Colao, non solo la somma necessaria per attuarlo coincide con quella prevista dal Recovery Plan per l’Italia, ma c’è un’altra coincidenza fortunata. Infatti per la maggior parte dei suggerimenti esposti nel Piano, sarà necessario partire da un lavoro di preparazione di durata variabile a seconda dei casi.
Questo significa che mettere in campo la maggioranza delle misure suggerite dal gruppo di esperti guidato da Vittorio Colao non comporterà una spesa immediata. Si prevede invece che quest’anno per avviare il lavoro di preparazione occorreranno circa 4,5 miliardi di euro, una somma tutt’altro che impossibile da raggiungere, in attesa che i 27 Paesi membri dell’Ue giungano ad un accordo sul Recovery Plan.
C’è però un aspetto da considerare, quello della natura della spesa. Qui il Piano Colao mostra una compatibilità decisamente più bassa rispetto all’utilizzo dei fondi previsti dal Recovery Plan. Infatti i fondi europei dovrebbero essere destinati prevalentemente agli investimenti, mentre la task force dell’ex ad di Vodafone ha previsto una parte maggioritaria, pari al 56%, da destinare alle uscite correnti.
Queste dovranno infatti trovare copertura nazionali, anche per via del fatto che in molti casi finirebbero per finanziare misure permanenti, mentre i fondi che arrivano dall’Europa per la ripartenza hanno una natura temporanea.
Alcune imprecisioni nel Piano Colao: numeri e coperture
Il Piano Colao, messo a punto dalla task force guidata appunto dall’ex ad di Vodafone, Vittorio Colao, è stato messo sul tavolo degli Stati generali, ed è poi passato anche sotto la lente d’ingrandimento dell’Osservatorio dei conti pubblici dell’Università Cattolica diretto da Carlo Cottarelli.
Sono state evidenziate alcune pecche, a cominciare proprio dall’aspetto dei numeri, con alcune coperture che non sono state calcolate con particolare attenzione. Sia i critici, che alcuni componenti dell’esecutivo, hanno evidenziato infatti l’assenza di numeri ed una scarsa attenzione dedicata al problema delle coperture, come uno dei maggiori difetti del Piano Colao.
Nel Piano si prospetta ad esempio il rinvio generalizzato dei saldi 2019, e dei primi acconti 2020 delle imposte, ma senza che nessuno si sia preso la briga di scendere nel dettaglio dei numeri. Così quella di misurare l’impatto sui conti è divenuta inevitabilmente la sfuda dei tecnici dell’Osservatorio.
Per valutare la reale attuabilità del Piano Colao nei suoi numerosi punti, gli esperti dell’Università Cattolica hanno dovuto elaborare più di una ipotesi su estensione, platea e intensità delle proposte, tenendo come punto di riferimento, in alcuni casi, misure simili già messe in campo in passato.
Si è giunti così ad un risultato apprezzabile, ma non particolarmente preciso, sebbene indubbiamente utile per avere un quadro complessivo più dettagiato di quali siano le dimensioni della discussione e l’impostazione complessiva della strategia proposta dalla task force di Colao. La quale altrimenti sarebbe rimasta relegata al dibattito politico, inevitabilmente incentrato su concetti teorici, incapace di entrare nel merito dell’attuazione pratica dei suggerimenti.
Le priorità del Piano Colao
Grazie ai numeri diventa possibile iniziare a capire quali sono gli aspetti che assumono maggior rilievo nell’ambito del Piano Colao, individuando le priorità. Tra le voci di spesa troviamo anzitutto interventi dedicati direttamente a individui e famiglie, con un investimento iniziale di 1,2 miliardi nel primo anno, per poi arrivare a 56,8 miliardi nel quinquennio di riferimento del Piano, che rappresenta il 34% dell’intero costo.
Come si arriva a questa cifra? Prima di tutto si devono considerare le proposte sull’estensione della copertura di asili nido al 60% dei bambini, con una spesa che si fa importante nella misura in cui lo stato del welfare locale è carente. Mediamente in Italia la copertura degli asili nido arriva a coprire un 13% della platea potenziale, con un ulteriore 11% che arriva invece dall’offerta privata.
Molti fondi occorreranno poi per mettere in pratica l’idea del riordino degli aiuti alla genitorialità attraverso l’introduzione di un assegno unico, che però, come riportato da IlSole24Ore, “ha in sé anche la copertura perché in linea con i progetti governativi convoglierebbe nel nuovo strumento gli incentivi sparsi tra il meccanismo dell’Irpef e gli aiuti spot già previsti dall’ordinamento”.
Turismo e Infrastrutture nel Piano Colao
Un altro tema su cui il progetto messo a punto dalla task force di Colao scommette molto, letteralmente, è quello del rilancio del Turismo e del potenziamento delle Infrastrutture, anche attraverso la realizzazione di Poli turistici, la riqualificazione dei porti e le linee ad alta velocità Bologna-Taranto e Salerno-Palermo.
Nel loro insieme queste due ‘scommesse’ avrebbero bisogno del 55% circa delle risorse mosse dal piano, il che significa che alle misure specifiche per “imprese e lavoro” non resterebbe che un misero 7% del totale. In questo 7% dovrebbero rientrare il rafforzamento dell’Ace, il sostegno all’export ed il potenziamento di Industria 4.0.
Il lavoro svolto dagli esperti dell’Osservatorio di Carlo Cottarelli però ha raggiunto i suoi limiti, fermandosi davanti all’impossibilità di valutare le compensazioni generalizzate per le imprese, tra imposte e crediti fiscali e commerciali. Le incognite sui numeri rappresentano un ostacolo insormontabile in questo caso, e sono le stesse che suscitano le maggiori perplessità nel ministero dell’Economia.
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