I mercati se lo aspettavano e sta infatti accadendo: le borse si avvitano in un sell-off che arriva dopo un lungo rally, ma Goldman Sachs ha trovato almeno tre buone ragioni per investire sul Sistema Italia.
Nella mattinata di oggi infatti la banca d’affari statunitense ha dato il via a Roma alla due giorni di interviste incentrate sulla 24° European Financials Conference, con un focus sulle opportunità che si nascondono dietro la crisi economica più grave del secolo dal dopoguerra.
Nell’ambito della ricerca di queste opportunità, la banca d’affari americana ha voluto due personaggi che sono stati in prima linea sia in occasione dello shock del 2008 che di quello del 2011, vale a dire José Manuel Barroso e Mario Monti. Barroso come molti ricorderanno, è stato presidente della Commissione europea dal 2004 al 2014, nonché primo ministro del Portogallo. Inoltre dal 2016 è presidente non esecutivo e advisor della stessa Goldman Sachs.
Quanto a Mario Monti, dal 2011 è senatore a vita, mentre dal novembre 2011 fino all’aprile 2013 è stato presidente del Consiglio dei ministri, all’epoca del Governo di larghe intese che sorse sulle ceneri dell’ultimo esecutivo guidato da Silvio Berlusconi. Da presidente del Consiglio, Monti inizialmente conservò anche la carica di ministro dell’Economia.
Facendo invece un passo indietro, ricordiamo che Mario Monti è presidente dell’università Bocconi dal 1994, ed ha lavorato anche in Europa come commissario europeo per il mercato interno tra il 1995 e il 1999 nella Commissione Santer. Mentre sotto la Commissione Prodi era commissario europeo per la concorrenza, incarico che ebbe fine nel 2004.
Le crisi del 2008 e del 2011 a confronto con la crisi del coronavirus
Sia Monti che Barroso hanno concordato su una prima grande distinzione da fare tra le crisi del 2008 e del 2011 e quella che stiamo vivendo oggi. È bene sottolineare infatti che per quella attuale non si possono imputare colpe, essendo dovuta alla pandemia da Covid-19.
Un dato di fatto che secondo i due esperti è molto importante perché evita che all’interno dell’Ue ci siano Paesi che possono accusare altri di non aver preso le giuste decisioni dal punto di vista delle politiche fiscali. Ed è infatti solo per questo che i Paesi in maggiori difficoltà economiche possono oggi contare sul fondamentale appoggio della Germania.
Monti ha voluto ricordare quindi un aneddoto a tal proposito. All’epoca in cui assunse l’incarico di presidente del Consiglio italiano, si trovò a chidere l’intermediazione dell’allora presidente Usa, Barak Obama, per convincere Angela Merkel ad ammorbidire la sua linea, all’epoca molto dura con l’Italia, ed il risultato alla fine arrivò, ma con tempi decisamente più lunghi. Mario Draghi che a quei tempi era presidente della BCE, potè quindi mettere in campo la politica monetaria del Whatever it takes.
C’è poi un secondo motivo per cui, secondo Barroso, si può essere positivi in merito all’attuale crisi, e riguarda l’asse tra Francia e Germania che “porta sempre nella direzione che i due maggiori Paesi dell’Europa indicano”.
Si ritiene possa essere uno spunto interessante in vista della videoconferenza dei membri del Consiglio europeo fissata per la data del 19 giugno. In quell’occasione infatti si dovrà affrontare nuovamente l’argomento del Recovery Fund.
A tal proposito, Goldman Sachs ha cercato di scavare un po’ più a fondo per capire quante solide siano le basi su cui poggia questo accordo per l’utilizzo di un fondo da 750 miliardi di euro per far ripartire le economie dei Paesi membri.
Si tratta, ricordiamo, di un fondo la cui istituzione è stata proposta da Francia e Germania, e presentata dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. Il Recovery Fund prevede 500 miliardi di finanziamenti e 250 miliardi di prestiti a basso costo destinati ai Paesi dell’Ue che hanno subito i maggiori danni a seguito del lockdown, con in prima linea l’Italia.
Il progetto però, per poter partire, deve essere approvato da tutti e 27 i Paesi, e i mercati temono che il cosiddetti Paesi frugali, vale a dire Austria, Olanda, Svezia e Danimarca, possano decidere di opporsi. Secondo Barroso però giocherà un ruolo determinante l’asse franco tedesco, con l’appoggio chiaramente di Italia e Spagna.
Non dimentichiamo poi che l’Italia rappresenta il 18% del PIL dell’Eurozona, un dato che non può che avere il suo peso nella trattativa. Secondo Barroso alla fine “verrà versato del vino sul piano per renderlo più appetibile, si troverà senza dubbio un compromesso, ma si andrà avanti”.
Bisogna considerare poi che il semestre di presidenza della Ue andrà alla Germania a luglio, che avrà al contempo anche il presidente della Commissione, la von der Leyen. In più c’è la francese Christine Lagarde, presidente della Banca Centrale Europea, a sostegno.
“Un professionista molto sensibile sul fronte politico” secondo MilanoFinanza, e sarebbe proprio la BCE a rappresentare il terzo spunto interessante che è emerso dalla conference di Goldman Sachs.
Barroso ha sottolineato che “la BCE è un organo indipendente”, un chiaro riferimento alla recente sentenza della Corte Costituzionale tedesca, con la quale si chiedevano chiarimenti in merito alle politiche di Quantitative Easing adottate dalla Banca centrale europea. La Corte metteva di fatto con le spalle al muro la Bundesbank, che non avrebbe dovuto più fare acquisti di Bund se entro agosto non fossero arrivate le spiegazioni sul QE da parte di Francoforte.
Sulla BCE, sia Barroso che Monti hanno espresso un giudizio positivo, sottolineando che sta agendo bene e con tempestività, in parte per merito della passata esperienza di Mario Draghi, e deve essere messa nelle condizioni di operare in autonomia, ma senza farle mancare il sostegno di Bruxelles.
Si getterebbero così le basi per quel processo che il ministro delle Finanze tedesco, Olaf Scholz, ha definito ‘hamitoniano’, e che dovrebbe condurre i Paesi dell’Ue ad una maggiore unità sul fronte del debito comune.
E questo sarebbe “un fatto che dieci anni fa Merkel disse non sarebbe mai accaduto in vita sua” ha ricordato Mario Monti, evidenziando come le cose possano cambiare anche in maniera imprevedibile nel corso di pochi anni.
Quanto all’espressione usata dal ministro del Tesoro Scholz, si riferisce ad Alexander Hamilton, il primo segretario del Tesoro americano (1795) che fu l’uomo che creò il concetto di debito federale statunitense nel corso della guerra d’indipendenza.
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