Si parla di uno “shock senza precedenti” nelle previsioni che l’Istat delinea nello studio “prospettive per l’economia italiana”, in cui si prevede una “marcata contrazione del Pil nel 2020” con un calo che si dovrebbe attestare intorno all’8,3%. Per una ripresa, seppur parziale, si dovrà attendere invece il nuovo anno, con una crescita del prodotto interno lordo del 4,6% nel 2021.
Rispetto alle precedenti stime sul 2020, l’Istat rivede al ribasso l’andamento del Pil per “circa 9 punti percentuale”. I dati dell’Istituto “confermano le previsioni del Governo” e prospettano “una possibile ripresa nel terzo trimestre“, motivo per cui lo stesso ministro dell’Economia Roberto Gualtieri afferma essere “giusto lavorare intensamente per cogliere la sfida”.
Per il primo trimestre l’Istat aveva inizialmente rilevato una contrazione del Pil del 5,3%, ma ora evidenzia che “il dilagare dell’epidemia di Covid-19 e i conseguenti provvedimenti di contenimento decisi dal Governo” hanno di fatto “determinato un impatto profondo” ed è qui che viene fuori l’espressione: “uno shock senza precedenti” la cui quantificazione risulta permeata peraltro da “ampi livelli di incertezza”.
Tutto questo viene riportato nel documento redatto dall’Istat, in cui si spiega che “quantificare l’impatto dello shock senza precedenti che sta investendo l’economia italiana è un esercizio connotato da ampi livelli di incertezza rispetto al passato, quando la persistenza e la regolarità dei fenomeni rappresentava una solida basa per il calcolo delle previsioni”.
Secondo l’Istat il “quadro previsivo presentato va quindi interpretato come una prima sintesi dei risultati delle attività di utilizzo e interpretazione del complesso delle fonti informative disponibili e di adeguamento dei modelli previsivi, e come tale destinato a possibili revisioni nei prossimi mesi, congiuntamente all’arricchimento dell’informazione congiunturale disponibile”.
Gli effetti delle misure restrittive adottate durante la fase di lockdown si tradurranno per il 2020 in un crollo dei consumi delle famiglie dell’8,7%, accompagnato da un ancora più deciso calo per gli investimenti, che si attesterà intorno al -12,5%, mentre ci sarà “una crescita dell’1,6% della spesa” delle amministrazioni pubbliche.
Quanto all’occupazione in Italia, questa “è prevista evolversi in linea con il Pil, con una brusca riduzione nel 2020 (-9,3%) ed una ripresa nel 2020 (+4,1%)”. I primi segnali di ripresa, sempre secondo l’analisi dell’Istat, sono relativi al mese di maggio e si mostrano in linea con il processo di riapertura delle attività.
Si nota anche una “inversione di tendenza” nei consumi di energia elettrica, che nel corso del mese di aprile erano calati “in misura marcata”. “La ripresa delle attività di produzione e consumo è attesa sostenere un miglioramento del clima economico con un effetto positivo sul Pil che, dopo una flessione ulteriore nel secondo trimestre, è previsto in aumento nel secondo semestre dell’anno”.
Sempre secondo l’Istat, l’emergenza sanitaria del Covid-19, ha raggiunto l’Italia mentre si trovava in un ciclo economico caratterizzato da segnali di debolezza (-0,2% la variazione congiunturale del Pil nel quarto trimestre 2019). Gli indici di fiducia delle imprese, all’inizio del 2020, evidenziavano una certa stabilità mentre vi era una lieve flessione in quelli delle famiglie. C’era poi nella produzione industriale un deciso rimbalzo congiunturale registrato nel mese di gennaio.
L’inflazione intanto, stando all’analisi dell’Istituto di statistica, è tornata a decelerare dopo “l’episodica ripresa tra dicembre 2019 e gennaio 2020”. “Il tasso di incremento tendenziale dell’indice per l’intera collettività si è attestato a +0,3% nel primo trimestre, si è annullato ad aprile, e a maggio è risultato appena negativo (-0,1%), per la prima volta dall’ottobre 2016″ spiega il documento dell’Istat.
Una evoluzione influenzata secondo gli esperti dal “contributo fortemente negativo delle voci energetiche (-12,7% a maggio da -2,1% di gennaio); robusti rincari si sono invece registrati per i beni alimentari, a fronte di una domanda più sostenuta e dell’emergere di maggiori costi di produzione soprattutto per alcune voci della componente non trasformata (+3,7% a maggio, +0,1% a febbraio)”.
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