Sono passati solo pochi giorni da quando gli Usa hanno rinnovato i propri sospetti nei confronti di Pechino quanto a responsabilità circa la diffusione nel mondo del coronavirus. Secondo quanto dichiarato infatti dal Segretario di Stato Mike Pompeo, gli Stati Uniti dispongono di “enormi prove” che dimostrerebbero che la Cina ha nascosto la verità sul virus.

Ora il presidente USA Donald Trump rincara la dose, e definisce la pandemia di Covid-19 “il peggiore attacco di sempre contro gli Stati Uniti, peggio di Pearl Harbour e 11 settembre”. A rischio non ci sono solo gli accordi commerciali Usa-Cina ormai, ma si teme che le due superpotenze possano finire per confrontarsi in un conflitto dagli esiti e dalle conseguenze impossibili da prevedere.

Washington ormai sembra un disco rotto, e sull’origine dell’epidemia continua a ricalcare la stessa linea più e più volte. Il virus non ha compiuto uno spillover naturale, passando dall’animale all’uomo, ma è il risultato della manipolazione umana, ed è venuto fuori dai laboratori di Wuhan.

I media italiani dipingono un quadro tutt’altro che rassicurante, nel quale Usa e Cina sembrano in procinto di scatenare la terza guerra mondiale. Libero riporta la notizia che “le navi USA sono già nel Pacifico” e si interroga: “guerra vicina?”, secondo l’autore il conflitto armato tra i due Paesi sarebbe anzi vicinissimo.

A confermarlo sarebbe anche Il Giornale, che parla di uno scenario preoccupante in cui il teatro delle operazioni militari potrebbe essere il Mar Cinese Meridionale, dove le flotte di Cina e Usa si fronteggiano da ormai 5 anni. Di pochi giorni fa la notizia che il segretario alla Difesa USA, Mark Esper, avrebbe confessato che il cacciatorpediniere Us Navy Barry sarebbe stato intercettato ed “espulso” mentre navigava nelle acque intorno alle isole Paracelso, che sono oggetto di contesa tra i Governi di Cina e Vietnam.

Ma probabilmente è persino più preoccupante la notizia trapelata anch’essa in questi giorni, che esisterebbe un rapporto dell’intelligence cinese secondo il quale uno scontro tra le due potenze sarebbe un rischio concreto.

Le tensioni nell’Oceano Pacifico hanno vecchia data, con la Cina che da decenni rivendica il controllo degli arcipelaghi delle Pratas, delle Paracelso e delle Spratney, e mira ad espandere la propria egemonia militare e commerciale su tutto il Pacifico Meridionale, spingendo nel frattempo le forze dell’Us Navy ai margini di quest’area.

Il dossier divulgato da Reuters

Il rischio che Stati Uniti e Cina arrivino ad un conflitto armato sembra ancora più concreto se teniamo conto del dossier elaborato dal Cicir, un think tank cinese molto vicino al Governo di Pechino, che è stato divulgato dall’agenzia Reuters.

Secondo questo documento, stando a quanto riportato da Il Corriere della Sera, “ci sarà un sentimento globale di condanna simile a quello provocato dalla repressione della Tienanmen, nell’89. E se lo stato di tensione dovesse proseguire la Cina deve prepararsi ad uno scontro armato. Ma quest’ultima annotazione non è diretta a Xi Jinping, bensì agli avversari”.

Infatti contrariamente a quanto si potrebbe dare per scontato, a fare la ‘prima mossa’ potrebbe essere proprio la Cina, in risposta alla situazione di altissima tensione innescata dalla campagna diffamatoria che vede Trump in prima linea. Il presidente Usa infatti accusa Pechino di essere responsabile della pandemia di Coronavirus, con conseguenti incalcolabili danni d’immagine per la Cina.

Le ‘teorie complottiste’ secondo le quali il virus sarebbe nato in un laboratorio di Wuhan hanno vecchia data, e risalgono addirittura alle prime fasi dell’epidemia. Una tesi che trova supporto nel fatto che la diffusione del coronavirus ha effettivamente avuto a Wuhan il suo epicentro, ed è proprio qui che ha sede un laboratorio di massima sicurezza per la ricerca dei virus animali, la cui inaugurazione è avvenuta nel 2017.

Tra i finanziatori del laboratorio di Wuhan nelle prime fasi c’era persino la Francia, ma poi sono subentrati gli USA che hanno finanziato diversi progetti sui virus attraverso la Niaid (National Institutes of Allergy and Infectous Disease) a capo della quale fin dal 1984 c’è Anthony Fauci, l’immunologo noto alle cronache di questi giorni anche per i suoi diverbi con lo stesso Donald Trump.

Secondo quanto ipotizzato da Il Manifesto, prima la Francia e poi gli USA, hanno finanziato alcuni “esperimenti sui virus che a casa loro non potevano fare” e che invece potevano portare avanti indisturbati a Wuhan, sebbene la Cina abbia continuato a tenere gli scienziati francesi e statunitensi lontani dal centro.

La recente dichiarazione di Emmanuel Macron potrebbe rappresentare una conferma. “In Cina sono accadute cose che non sappiamo” ha detto il 22 aprile, mentre Mike Pompeo, Segretario di Stato Usa, il 3 maggio ha parlato di “enormi prove che il virus provenga dal laboratorio di Wuhan”.

La Cina ha più volte risposto a queste accuse esortando gli USA a mostrare queste “enormi prove” se esistono. Il Governo cinese ha infatti chiesto alla Casa Bianca di “fornire le prove al mondo intero, soprattutto agli Americani continuamente presi in giro dall’amministrazione”.

E pare proprio che Donald Trump abbia deciso di raccogliere la sfida, affermando che a breve gli Stati Uniti provvederanno a pubblicare un rapporto che proverebbe le accuse lanciate dal Segretario di Stato Pompeo.

Restano però dei dubbi, secondo alcuni, che tali prove schiaccianti esistano realmente, mentra le dichiarazioni del tycoon potrebbero essere semplicemente parte di una strategia il cui scopo ultimo è quello di dirottare l’opinione pubblica che sarebbe altrimenti rivolta alle responsabilità dello stesso Donald Trump nella gestione della pandemia che negli USA ha causato oltre 70 mila morti.

Responsabilità che potrebbero pregiudicare la corsa di Trump per la rielezione in occasione delle presidenziali USA che si svolgeranno a fine 2020, avvantaggiando notevolmente il suo sfidante Joe Biden.

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