Era molto attesa dai mercati la sentenza della Corte costituzionale tedesca che si è pronunciata sul Quantitative Easing adottato dalla Banca Centrale Europea.

“Il programma di acquisti” messo in campo dalla BCE “è una decisione della BCE ‘ultra vires’, ovvero ‘al di là dei poteri’ della banca centrale” spiegano i Tedeschi, tuttavia “visto che i trattati assegnano alla Corte europea il mandato di interpretare l’applicazione delle misure, va rispettata la decisione di legittimità adottata a suo tempo da quest’ultima”.

Il motivo è presto detto: “se ogni Stato invocasse l’autorità di decidere della validità di atti dell’Ue, questo minerebbe la applicazione uniforme”. Poi i giudici della Corte costituzionale tedesca aggiungono che “in linea di principio alcune tensioni sono inerenti al progetto dell’Unione europea” e pertanto “devono essere risolte in modo cooperativo, in linea con lo spirito dell’integrazione europea e mitigati attraverso il rispetto e la comprensione reciproci. Ciò riflette la natura dell’Unione europea” spiegano da Karsruhe “che si basa sulla cooperazione multilivello di Stati sovrani, costituzioni, amministrazioni e tribunali”.

Quindi tutto regolare? Tutt’altro secondo la Corte tedesca che attacca: “la valutazione della Corte Europea di Giustizia non soddisfa i criteri di una revisione comprensibile” circa l’effettivo rispetto da parte della Banca Centrale Europea dei limiti del suo mandato. Secondo i giudici tedeschi invece “contraddice l’approccio metodologico adottato dalla CGUE praticamente in tutti gli altri settori del diritto dell’UE”.

In questo caso peraltro si tratta di un programma di acquisti di titoli di Stato, il PSPP appunto “che ha significativi effetti di politica economica” e che quindi “richiede che gli obiettivi di politica monetaria del programma e gli effetti di politica economica siano identificati, ponderati ed equilibrati l’uno rispetto all’altro”.

Ma non è questo ciò che ha fatto la BCE secondo i giudici della Corte costituzionale tedesca. “Perseguendo incondizionatamente l’obiettivo di politica monetaria del Programma – raggiungere tassi di inflazione inferiori, ma prossimi al 2% – e ignorando i suoi effetti di politica economica, la BCE ignora palesemente il principio di proporzionalità” ed ecco che le sue “decisioni controverse eccedono il mandato di politica monetaria”.

Tuttavia la Corte ammette che “non è possibile determinare se il PSPP violi” la Costituzione tedesca o intacchi la responsabilità di bilancio di Berlino, anche per via del fatto che “non prevede un regime di condivisione dei rischi” tra la Banca centrale europea e quelle dei singoli Paesi membri “che sarebbe anche inammissibile”.

La Germania però correrà ai ripari in qualche modo, ed è sempre la sentenza della Corte che annuncia questa prospettiva, affermando: “sulla base della loro responsabilità, il Governo federale e il Bundestag tedesco hanno il dovere di adottare misure attive contro il PSPP nella sua forma attuale”.

Una sentenza che arriva in un momento delicato per la cancelliera tedesca, Angela Merkel, che ha l’arduo compito di chiamare il Paese ad uno sforzo di solidarietà nei confronti di quegli Stati membri che si trovano in maggiori difficoltà economiche per via dell’emergenza coronavirus.

Sempre nella sentenza si legge ancora: “la Bundesbank potrebbe non partecipare più all’attuazione e all’esecuzione delle decisioni della BCE”, “dopo un periodo transitorio non superiore a tre mesi che consentirà il necessario coordinamento con l’Eurosistema”.

La Corte costituzionale tedesca invita quindi il Consiglio Direttivo della BCE a tornare sui suoi passi, spiegando che potrà adottare “una nuova decisione per dimostrare in modo comprensibile e comprovato che gli obiettivi di politica monetaria perseguiti dal PSPP non sono sproporzionati rispetto agli effetti di politica economica e fiscale risultanti dal programma”.

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