Il presidente degli Stati Uniti ancora una volta lancia il suo monito attraverso i social. Sceglie il suo canale Twitter per avvertire di aver dato disposizioni alla marina (United States Navy) di colpire e distruggere le navi militari iraniane che dovessero infastidire le navi USA.
Il risultato della dichiarazione di Donald Trump, quantomeno nell’immediato, si è riscontrato sull’andamento della quotazione del petrolio WTI (West Texas Intermediate), che in apertura di contrattazioni negli USA ha superato i 14 dollari al barile. Un’impennata del 40% circa, dai soli 10 dollari su cui si attestavano fino a poche ore prima.
Va bene anche Wall Street, che in apertura viene trascinata dal rialzo delle quotazioni del petrolio WTI. L’indice principale della Borsa a stelle e strisce, l’S&P 500 cresce del 2% circa nei primi minuti di seduta.
Ma a cosa è dovuta l’improvvisa dichiarazione di Trump? La tensione nelle acque del Golfo Persico era salita rapidamente nelle ultime ore per via di un teso confronto tra una nave da guerra della Marina statunitense, ed una imbarcazione iraniana delle Guardie della Rivoluzione.
Quando si parla del Golfo Persico, non dobbiamo dimenticarlo, parliamo del canale di passaggio per il 40% circa del greggio mondiale, da cui la risposta decisa del tycoon, specie in un contesto economico delicato come quello in cui si trova ora la superpotenza, alle prese con il crollo del prezzo del petrolio e tutte le pericolose ripercussioni.
I have instructed the United States Navy to shoot down and destroy any and all Iranian gunboats if they harass our ships at sea.
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) April 22, 2020
“Ho ordinato alla Marina degli Stati Uniti di affondare e distruggere qualunque nave da guerra iraniana che infastidisca le nostre navi in mare” ha scritto su Twitter Donald Trump.
Intanto risultano leggermente in rialzo anche i contratti per i future legati al petrolio WTI di giugno, mentre quelli di maggio, sia per le scorte eccedenti che per motivi strettamente tecnici erano finiti in area negativa. Recupera quindi qualcosa sul Brent, che cresce a ritmi più blandi, con il prezzo del barile che ha raggiunto i 22 dollari.
Ma come mai il prezzo del petrolio sale in concomitanza con le dichiarazioni di Donald Trump? Gli analisti si sono posti questa domanda, e hanno formulato una ipotesi. Può darsi, secondo alcuni osservatori, che la prospettiva di nuove tensioni in Medio Oriente abbia spinto verso l’alto le quotazioni del greggio, compensando i timori di un crollo della domanda globale a causa dell’emergenza coronavirus.
Un effetto che però cesserà di produrre i suoi effetti molto presto. La quotazione del WTI che aveva preso un po’ di distacco da quella del Brent non continuerà a salire, perché nonostante le tensioni sullo scacchiere internazionale i fondamentali rimarranno comunque deboli.
Il mercato, così come si presenta ora, è decisamente troppo sbilanciato tra domanda e offerta. Secondo i dati pubblicati dall’EIA, nella settimana terminata il 17 aprile, le scorte di greggio sono aumentate di 15 milioni di barili, e questo significa che per riequilibrare almeno in parte domanda e offerta ci vorrà molto più tempo, oppure un forte aggravarsi delle tensioni.
“Visto l’eccesso che abbiamo sul petrolifero è difficile che questo (le tensioni in Medio Oriente ndr) offrirà supporto al mercato, a meno che la situazione non peggiorerà” ha osservato Warren Patterson, head of commodities strategy di ING.
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