La proposta arriva dal Partito Democratico, che per dare il sostegno economico necessario alle famiglie più in difficoltà a causa della pandemia di coronavirus, ha pensato ad una tassa per chi ha redditi superiori agli 80 mila euro.
Ne hanno parlato Graziano Delrio e Fabio Melilli. “La somma versata sarà deducibile e andrà da alcune centinaia di euro fino a decine di migliaia per redditi superiori al milione” spiegano i capigruppo del Pd. “La crisi economica, determinata dalla pandemia, ha fatto emergere e accentuato situazioni di povertà” scrivono in una nota.
La situazione in cui molti Italiani hanno finito per trovarsi a causa dell’emergenza coronavirus, si presenta effettivamente drammatica, ed urgono soluzioni concrete per ristabilire un seppur minimo equilibrio. “Ci sono famiglie che in questi giorni non hanno risorse sufficienti per provvedere all’acquisto nemmeno dei beni di prima necessità: c’è un rischio povertà per un ulteriore milione di bambini” si legge ancora nella nota pubblicata dal Pd.
“Un primo intervento è stato messo in campo dal Governo che ha stanziato 400 milioni di euro perché i Comuni possano cominciare a dare risposte. Tutti i sindaci, di ogni appartenenza politica, segnalano la grande quantità di richieste che vengono presentate da famiglie in difficoltà”.
Ma come funzionerà esattamente questa Covid-tassa? Il Pd propone “l’istituzione di un contributo di solidarietà per gli anni 2020 e 2021, che dovranno versare i cittadini con redditi superiori ad 80 mila euro e che inciderà sulla parte eccedente tale soglia. La somma versata” spiegano i capigruppo nella nota “rispettando i criteri di progressività sanciti dalla nostra Costituzione, sarà deducibile e partirà da alcune centinaia di euro per le soglie più basse, fino ad arrivare ad alcune decine di migliaia di euro per i redditi superiori al milione”.
Da questa nuova tassa, che quindi non dovrà preoccupare minimamente tutti coloro che non raggiungono gli 80 mila euro di reddito, ci si aspetta un gettito fiscale di circa 1,3 miliardi di euro.
Verrà introdotta una tassa patrimoniale?
La proposta di Delrio e Melilli però non viene esattamente fuori dal nulla, perché della possibilità di introdurre una tassa patrimoniale per far fronte all’emergenza coronavirus, e in particolare alle sue conseguenze sull’economia del Paese, se ne era già sentito parlare a inizio aprile.
Dapprima vi ha fatto un cenno il direttore di Bankitalia, Ignazio Visco, parlando del “risparmio degli Italiani” e alla sua voce si è prontamente unita quella del direttore dell’Agenzia delle Entrate. Si aggiunge al coro poi quella di Antonio Misiani, viceministro dell’Economia del Partito Democratico, che intervistato da Radio 24 ha parlato in modo abbastanza chiaro.
“Dobbiamo fare uno sforzo importante per mobilitare tante risorse ferme nel sistema produttivo per rilanciare le nostre imprese” ha detto Misiani “gli Italiani hanno 1.400 miliardi di euro fermi sui conto correnti o in liquidità, noi dobbiamo inventare strumenti che permettano di convogliare queste risorse verso l’economia reale, per farglieli investire”.
Non pago di quanto fin qui detto, il viceministro ha poi continuato spiegando: “dobbiamo rompere questo meccanismo e trovare tutti i canali possibili immaginabili per garantire liquidità ora, nell’emergenza, e poi per rafforzare il nostro sistema produttivo”. Bisogna insomma tentare tutte le strade, e sembra che una di questa, nello specifico quella cui fa riferimento Misiani, sia proprio quella della tassa patrimoniale.
Perché la tassa patrimoniale non è una soluzione
L’annuncio di Misiani è stato poi commentato dall’ex Amministratore Delegato di Unipol, Giovanni Consorte. “Non mi sono mai impegnato in politica perché penso ci voglia una gran professionalità per poterla fare. Come si fa anche solo a parlare di patrimoniale con un’economia ferma? Non si capisce neanche quando e come riprenderà. E si pensa di andare a togliere delle risorse alle persone che le hanno guadagnate nel tempo e che non hanno neanche la possibilità di recuperarle? È una follia!”.
Un parere tutt’altro che in linea con quello del senatore del Pd, quello espresso da Giovanni Consorte nell’intervista rilasciata ad Affari Italiani. E sulla stessa testata online leggiamo alcuni dati interessanti, snocciolati dal ministro dell’Economia del 2017.
“I dati Istat dicono che l’Italia ha di media intorno ai 20 milioni e mezzo di nuclei familiari (16 milioni e mezzo sono nuclei familiari estesi, 2,6 milioni con mono-genitore e 1,1 milioni sono nuclei con almeno uno straniero residente). Il reddito medio italiano è di media 20.670 euro. Circa il 45% dei contribuenti, cioè 18.622.308 persone, guadagna meno di 15.000 euro l’anno. Intorno al 50% degli Italiani ha un reddito tra i 15.000 e i 50.000 euro. Il 5,3% ha un reddito superiore ai 50.000 euro. E lo 0,09% della popolazione ha un reddito superiore ai 300.000 euro. Una patrimoniale significa letteralmente colpire i patrimoni, esentando certe soglie di povertà che sono al limite del sostentamento. Quindi il prelievo avverrebbe sulla classe media (o cosa ne resta)”.
E danneggiare la classe media, che è quella che spinge maggiormente i consumi, non è esattamente la migliore delle strategie per rilanciare l’economia. Secondo molti economisti, se si decidesse di prelevare attraverso una tassa patrimoniale una percentuale ad esempio del 4% dai conti correnti, lo Stato incasserebbe una somma che si aggirerebbe intorno ai 50-60 miliardi di euro. Una somma nemmeno lontanamente in grado di compensare l’effetto disastroso che la tassa produrrebbe sui consumi.
Non solo, la tassa patrimoniale non sarebbe comunque sufficiente per “garantire gli introiti e la liquidità che servono” e produrrebbe anche altri effetti negativi perché “con la devastazione dell’economia italiana si favorirebbero gli interessi di alcuni Paesi industrializzati con liquidità disponibile come la Germania e quelli del nord Europa”.
Tassa patrimoniale in arrivo? Per Zanichelli (M5s) meglio un Btp Italia
A proporre la tassa patrimoniale, tra le forze di Governo, per ora sembra essere solo il Partito Democratico, con l’idea della sua Covid-tassa per redditi superiori agli 80 mila euro. Il M5s invece prende una posizione diversa nel merito, con Davide Zanichelli, membro della commissione Finanze della Camera, che preferirebbe un Btp Italia ben collocato dalle banche.
Sono quindi due le soluzioni viste da questa maggioranza, una è quella della patrimoniale, e l’altra quella dell’emissione di debito riservato ai cittadini italiani. In tutti e due i casi lo scopo è chiaramente quello di trovare fondi che permettano allo Stato di sostenere tutte le spese necessarie nell’ambito dell’emergenza coronavirus.
Zanichelli ha quindi parlato dell’ipotesi “di emissione di Btp Italia destinati al mercato retail” che secondo il deputato grillino va colta positivamente. “Mobilitare almeno una parte dei 1.400 miliardi di risparmi fermi sui conti correnti e depositi delle famiglie italiane può darci una grande mano” aggiunge ancora Zanichelli.
“Servono strumenti innovativi per fronteggiare la crisi economica legata al coronavirus. È importante tuttavia che, per rendere attrattivi questi titoli, le questioni meramente fiscali siano affiancate da una proposta inerente alla trasparenza sugli investimenti da effettuare nel Paese”.
Bisogna insomma accrescere il livello di fiducia del cittadino, e per farlo “è fondamentale che ci siano specifiche emissioni di Btp Italia legate a doppio filo e in trasparenza agli investimenti che verranno realizzati con le risorse raccolte, per permettere ai risparmiatori italiani di conoscere e scegliere consapevolmente su quali specifici titoli investire”.
Le emissioni di debito sarebbero quindi finalizzate a degli obiettivi ben definiti, e rappresenterebbero un cambiamento nel modo di intendere gli investimenti nel debito pubblico. In questo caso, anche per merito delle nuove tecnologie, il cittadino avrebbe la possibilità di sapere in che modo quel denaro viene utilizzato.
“Si pensi a settori quali l’energia pulita, la manutenzione infrastrutturale, l’agroalimentare italiano, le biotecnologie, e così via” spiega ancora Zanichelli, “conoscere le destinazioni degli investimenti ne favorisce la trasparenza e la selettività, accrescendo la fiducia dei risparmiatori e di conseguenza l’attrattività dello strumento di raccolta senza mettere le mani nelle tasche degli Italiani con la patrimoniale”.
Per far sì che tutto ciò sia possibile, serve però la collaborazione degli istituti di credito, ed è lo stesso deputato pentastellato a rivolgersi alle banche per chiedere il loro supporto specie nelle fasi di promozione e collocazione dei titoli.
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